Views: 77
di Angelo Petrungaro
Organizzata dalla Prefettura di Messina, Prefetto S.E. Cosima Di Stani, si è celebrata a Messina con un giorno di anticipo la ricorrenza della Giornata del ricordo (10 Febbraio) alla presenza di autorità civili, militari e religiose della citta della Stretto fra cui il Gr. Uff. Dr. Angelo Petrungaro Presidente della Sezione provinciale di Messina dell’Associazione Nazionale della Sanità Militare Italiana (ANSMI), il Gen. B. Giuseppe Briguglio Presidente della locale UNUCI, la Professoressa Maria Cacciola Briguglio Presidente dell’Associazione Nazionale Congiunti delle vittime delle Foibe.
È stata deposta una Corona d’alloro alla Colonna Votiva Crocifera che si trova in Piazza “Martiri delle Foibe”.
A seguire, nel Palazzo del Governo si è svolta la cerimonia di consegna della Medaglia d’onore ad un familiare di una vittima delle Foibe residente nel Comune di Messina.
Presente una numerosa rappresentanza di studenti delle scuole Superiori ai quali è necessario far conoscere la Storia per avere poi il ricordo. Per comprendere a pieno la Storia delle Foibe bisogna risalire all’oblio dei fatti accaduti dopo l’8 Settembre 1943 nella Venezia Giulia e in Dalmazia, oblio che ha riguardato non solo le vittime delle Foibe, ma anche l’esodo di 350.000 Italiani dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia a causa delle inenarrabili atrocità compiute dai comunisti di Tito su quelle terre.
Un bell’esempio di amore verso la propria terra, l’Italia è la risposta che l’attrice Alida Valle diede ai “nuovi padroni” quando le offrirono la cittadinanza onoraria di Pola come artista croata: “Sono nata italiana e voglio morire italiana. Scrivetelo sulla mia tomba”
Alla costituzione della R.S.I., il 14° Battaglione italiano costiero da fortezza, formato da veterani legionari della Confinaria da anni in guerra nell’infida Balcania da cui avevano ripiegato al momento dell’armistizio, subì una ristrutturazione e il Comandante della Xa Flottiglia MAS, C.V. Junio Valerio BORGHESE, con comportamento conforme alle regole dell’Onore e pregno di alto spirito patriottico dimostrato ulteriormente nella battaglia di Tarnova e nell’ultima difesa di Cherso, Veglia e Lussino, al fine di rafforzare le difese del confine orientale minacciato dai partigiani titini, tentò il coinvolgimento del cosiddetto Governo del Sud rifugiato a Brindisi, ottenendone però un netto rifiuto.
L’uso criminale delle Foibe, nel biennio 1945-1947, raggiunse il culmine, portando in quel popolo italiano il martirio come quello subìto dal Ten. G.N.R. Luigi LORENZI crocefisso da partigiani comunisti in località Carbonera (TV) presso la cartiera Burgo o quello, horresco referens, della studentessa universitaria Norma COSSETTO crocefissa anche lei, recisi i seni e gettata in una foiba. Nelle voragini naturali del Carso che i geologi chiamano foibe, vennero precipitati migliaia di Italiani, uomini, donne, bambini, militari, civili, giovani, vecchi, colpevoli solo di essere Italiani e perciò latini. Tutto in conseguenza dello sciagurato accordo del 6 Febbraio 1945 stipulato a Yalta fra Inglesi, Americani e Sovietici. Quando le bande comuniste di Tito scesero nella Venezia Giulia fu ammainato il Tricolore. Era il 10 Febbraio 1947, data in cui l’Italia firmava a Parigi il Trattato di Pace le cui condizioni, imposte dagli Alleati, sul piano territoriale per essa erano molto dure e costarono la vita al Comandante delle truppe alleate a Pola ad opera della patriota Maria PASQUINELLI.
L’invasione dell’Istria portò il terrore, le torture, gli infoibamenti; ma non solo di essi si macchiarono i comunisti di Tito, anche degli annegamenti di tanti soldati d’Italia nell’”amarissimo mare”, l’Adriatico, in cui vennero buttati vivi con una pietra al collo e fatti annegare il Col. di Cavalleria Nicolò LUXARDO e la moglie. Egli era nato in Dalmazia e nella Grande Guerra aveva combattuto come soldato volontario irredento nel Rgt “Cavalleggeri di Roma”, meritando ben due medaglie d’argento al V.M. e nel 1920 era stato Capitano dei “Lancieri di Firenze”. Dopo che la Dalmazia fu occupata dagli Slavi, il Tribunale penale di Zara condannò l’annegato Nicolò LUXARDO alla pena di morte tramite impiccagione. Fra i capi d’accusa c’era proprio quello di essere “Colonnello di Cavalleria italiana decorato di due medaglie d’argento al V.M. italiano”.
L’uso delle foibe è stato frutto di una lucida strategia: seminare il terrore per costringere gli Italiani a lasciare quelle terre che il Nazionalismo slavo voleva come proprie. Nelle voragini carsiche gli Italiani venivano buttati vivi, legati ai polsi gli uni gli altri con fil di ferro e una volta sparato al primo egli si trascinava tutti gli altri i quali venivano fatti morire o lentamente o per lo scoppio di bombe.
I profughi giuliani e dalmati che viaggiavano in vagoni merci con bambini e vecchi, quando giunsero alla stazione di Bologna, vennero presi a sassate perché ritenuti fascisti e non Italiani che fuggivano dall’incalzante orda bolscevica. Non poterono scendere nemmeno per prendere un bicchier d’acqua. Nel ricordare le vittime delle Foibe, per il fatto che ancora oggi in Italia si continui a parlare poco, anzi pochissimo, di Foibe, al contrario di quanto molto si parli di altri fatti. Ma la Storia è per omnia ad perpetuam rei memoriam. Infatti oggi la verità sulle Foibe, finora taciuta, vuoi per governativa imposizione, vuoi per ideologica viltà, si sta facendo strada. Il tempo è galantuomo, dice la saggezza popolare:
“… d’antichi fatti / certo udisti suonar dell’Ellesponto / i liti e la marea mugghiar portando / alle prode retee l’armi d’Achille / sovra l’ossa d’Aiace”
dice il poeta all’amico Pindemonte.