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Su iniziativa della Sezione di Messina dell’Associazione Nazionale della Sanità Militare Italiana, si è celebrata a Messina la “Giornata del Ricordo delle vittime delle Foibe” con una S. Messa officiata dal parroco don Gianfranco CENTORRINO nella Basilica S. Maria del Carmine. Hanno condiviso l’iniziativa: l’Ammiraglio Mauro BARBIERATO, Capo della Sanità della Marina Militare; il Magg. Gen. Gabriele LUPINI, Ispettore Nazionale del Corpo Militare CRI; il Prof. Salvatore NASCE’, Presidente dell’U.N.C.R.S.I.; l’On. Prof. Giuseppe SCALISI; il Dott. Giacomo CAUDO, Presidente dell’Ordine dei Medici di Messina; l’Avv. Rosario LUPO MIGLIACCIO di San Felice, Segretario Generale O.A.R.; il Dott. Salvatore BOCCHERI, Direttore della Rivista “Intervento”.
Presenti autorità militari, civili fra cui l’Assessore alla Protezione Civile, Massimiliano MINUTOLI e numerosi Soci delle Ass. Combattentistiche e d’Arma locali, fra cui il Gen. Giuseppe BRIGUGLIO, Presidente dell’U.N.U.C.I.; Ufficiali, militi e Sorelle rispettivamente del Corpo Militare e del Corpo delle II.VV. della CRI.
Il Gr. Uff. Dr. Angelo PETRUNGARO, Presidente della Sezione di Messina dell’A.N.S.M.I., nel proprio intervento di saluto e ringraziamento ha ricordato l’oblìo dei fatti accaduti dopo l’8 Settembre 1943 nella Venezia Giulia e in Dalmazia, oblìo che ha riguardato non solo le vittime delle Foibe, ma anche l’esodo di 350.000 Italiani dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia a causa delle inenarrabili atrocità compiute dai comunisti di Tito su quelle terre.
Alla costituzione della R.S.I., il 14° Battaglione italiano costiero da fortezza, formato da veterani legionari della Confinaria da anni in guerra nell’infida Balcania da cui avevano ripiegato al momento dell’armistizio, subì una ristrutturazione e il Comandante della Xa Flottiglia MAS, C.V. Junio Valerio BORGHESE, con comportamento conforme alle regole dell’Onore e pregno di alto spirito patriottico dimostrato ulteriormente nella battaglia di Tarnova e nell’ultima difesa di Cherso, Veglia e Lussino, al fine di rafforzare le difese del confine orientale minacciato dai partigiani titini, tentò il coinvolgimento del cosiddetto Governo del Sud rifugiato a Brindisi, ottenendone però un netto rifiuto.
L’uso criminale delle Foibe, nel biennio 1945-1947, raggiunse il culmine, portando in quel popolo italiano il martirio come quello subìto dal Ten. G.N.R. Luigi LORENZI crocefisso da partigiani comunisti in località Carbonera (TV) presso la cartiera Burgo o quello, horresco referens, della studentessa universitaria Norma COSSETTO crocefissa anche lei, recisi i seni e gettata in una foiba. Nelle voragini naturali del Carso che i geologi chiamano foibe, vennero precipitati migliaia di Italiani, uomini, donne, bambini, militari, civili, giovani, vecchi, colpevoli solo di essere Italiani e perciò latini. Tutto in conseguenza dello sciagurato accordo del 6 Febbraio 1945 stipulato a Yalta fra Inglesi, Americani e Sovietici. Quando le bande comuniste di Tito scesero nella Venezia Giulia fu ammainato il Tricolore. Era il 10 Febbraio 1947, data in cui l’Italia firmava a Parigi il Trattato di Pace le cui condizioni, imposte dagli Alleati, sul piano territoriale per essa erano molto dure e costarono la vita al Comandante delle truppe alleate a Pola ad opera della patriota Maria PASQUINELLI.
L’invasione dell’Istria portò il terrore, le torture, gli infoibamenti; ma non solo di essi si macchiarono i comunisti di Tito, anche degli annegamenti di tanti soldati d’Italia nell’”amarissimo mare”, l’Adriatico, in cui vennero buttati vivi con una pietra al collo e fatti annegare il Col. di Cavalleria Nicolò LUXARDO e la moglie. Egli era nato in Dalmazia e nella Grande Guerra aveva combattuto come soldato volontario irredento nel Rgt “Cavalleggeri di Roma”, meritando ben due medaglie d’argento al V.M. e nel 1920 era stato Capitano dei “Lancieri di Firenze”. Dopo che la Dalmazia fu occupata dagli Slavi, il Tribunale penale di Zara condannò l’annegato Nicolò LUXARDO alla pena di morte tramite impiccagione. Fra i capi d’accusa c’era proprio quello di essere “Colonnello di Cavalleria italiana decorato di due medaglie d’argento al V.M. italiano”.
L’uso delle foibe è stato frutto di una lucida strategia: seminare il terrore per costringere gli Italiani a lasciare quelle terre che il Nazionalismo slavo voleva come proprie. Nelle voragini carsiche gli Italiani venivano buttati vivi, legati ai polsi gli uni gli altri con fil di ferro e una volta sparato al primo egli si trascinava tutti gli altri i quali venivano fatti morire o lentamente o per lo scoppio di bombe.
I profughi giuliani e dalmati che viaggiavano in vagoni merci con bambini e vecchi, quando giunsero alla stazione di Bologna, vennero presi a sassate perché ritenuti fascisti e non Italiani che fuggivano dall’incalzante orda bolscevica. Non poterono scendere nemmeno per prendere un bicchier d’acqua. Nel ricordare le vittime delle Foibe, il Dr. PETRUNGARO ha espresso il rammarico per il fatto che ancora oggi in Italia si continui a parlare poco, anzi pochissimo, di Foibe, al contrario di quanto molto si parli di altri fatti. Ma la Storia è per omnia ad perpetuam rei memoriam. Infatti oggi la verità sulle Foibe, finora taciuta, vuoi per governativa imposizione, vuoi per ideologica viltà, si sta facendo strada. Il tempo è galantuomo, dice la saggezza popolare:
“… d’antichi fatti / certo udisti suonar dell’Ellesponto / i liti e la marea mugghiar portando / alle prode retee l’armi d’Achille / sovra l’ossa d’Aiace” dice il poeta all’amico Pindemonte.
Alla fine della cerimonia religiosa è stato consegnato al S. Ten. com. Giuseppe NASTASI un Attestato di Benemerenza.