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Laokoonte: l’immaterialità delle eredità nascoste

Laokoonte: l’immaterialità delle eredità nascoste

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Il ritorno di Laokoonte

scrivici a laokoonte@messinamedica.it

 

Un angolo graffiante, provocatorio ed estremizzato non per creare polemica o giudicare, ma che susciti un dibattito aperto

 

L’IMMATERIALITÀ DELLE EREDITÀ NASCOSTE

Nel 2011 ci si accorse casualmente che quasi tutte le famiglie più ricche di Firenze erano le stesse di quelle che occupavano la medesima situazione economica nel 1427. Quello fu infatti l’anno del censimento patrimoniale della Repubblica di Firenze per far fronte a una crisi debitoria dello Stato. Alla stessa maniera, le famiglie più povere del 2011 erano sempre le medesime dal 1427. Tutto ciò alla faccia dei miti della rivoluzione francese secondo cui i privilegi dell’aristocrazia sarebbero stati rimpiazzati dalla rivoluzione del merito e del lavoro. Niente di più sbagliato!

Nel 2011 e negli anni che seguirono ci si rese traumaticamente conto dell’enorme spreco di talenti di coloro i quali, nascendo al di fuori di linee ereditarie consolidate da centinaia di anni, non sarebbero mai riusciti a realizzare il proprio potenziale.

Si percepì solo allora, nonostante si sapesse già da tempo, che gli stimoli giusti dei primi anni di vita ti permettono di ottenere un imprinting tale da produrre la base per ottenere delle doti culturali e comportamentali indispensabili per la propria affermazione. Ciò nutre la fiducia e a sua volta questa genera successo. La sfiducia rappresentava quindi il veleno sottile che contribuiva alla paralisi dell’ascensore sociale dal basso verso l’alto. Al contrario la solidità economica, generava immancabilmente qualcosa di magico: la padronanza del futuro originata dall’autostima. Inoltre, gli stimoli giusti ricevuti nei primissimi anni producevano capacità di attenzione e motivazione, tutti elementi in grado di condizionare il resto della vita.

Chi restava fuori da quest’agone generava instabilità sociale, mancanza di rispetto per gli altri, ancor di più se i rapporti interpersonali peggioravano a causa delle crisi economiche, quando la torta da spartirsi era sempre più piccola. Chi occupava le posizioni più basse della scala sociale vedeva qualunque vantaggio altrui come una perdita personale, riuscendo sempre a trovare un buon motivo per violare le regole allo scopo di ottenere un beneficio di breve durata.

Solo così si comprese che la mancanza di sviluppo e di visione di crescita individuale avvelenava le capacità dell’individuo tarpandogli le ali, allignando la diffidenza e generando una perversa spirale verso il basso.

Ecco che nella seconda metà del XXI sec. si comprese che era necessario fare si che le nuove generazioni fossero in grado di percepire una certa padronanza del futuro, investendo nel proprio progresso e instillando fiducia in se stessi, verso gli altri e nelle istituzioni al fine di trovare una chiave di crescita. Tutto questo avveniva attraverso un lavoro costante e accurato sul risvolto sociale del problema, ponendo particolare attenzione alla famiglia, alla scuola e alle istituzioni sociali, le uniche in grado di delineare, fin dalla più tenera età, il cammino di vita individuale finalizzato al successo del singolo e, di riflesso, il destino di intere comunità nazionali. Perché non sono solo le condizioni sociali a determinare il destino individuale, ma piuttosto le condizioni sociali che plasmano il carattere e la determinazione dei bambini, e quindi le loro prospettive.

Solo un impegno della società nella valorizzazione delle eredità nascoste e immateriali riuscì a produrre un cambiamento positivo, perché è indispensabile occuparsi dei giovani che ne rappresentano il futuro anche alla luce del fatto che il 20% dei giovani dell’oggi rappresentano il 100% del futuro della società.

Consigli di lettura: Federico Fubini, La maestra e la camorrista: Perché in Italia resti quello che nasci, Mondadori 2017.