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La Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO) trasmette la sentenza della Corte di Cassazione Penale n. 8086/19, già pubblicata sul sito web di questa Federazione nella sezione sentenze, che ha confermato la condanna per omicidio colposo di un medico endocrinologo e
diabetologo per aver prescritto alla propria paziente, nel corso della dieta dimagrante a cui era sottoposta, il farmaco fendimetrazina nonostante il divieto di prescrizione e somministrazione dell’anzidetto farmaco introdotto dal D.M. del 24/01/2000 e, comunque, per aver violato le disposizioni contenute nel D.M. 18/09/1997 in punto di durata del trattamento farmacologico (prescrivibile per un periodo non superiore a tre mesi), per averlo prescritto pur conoscendo i rischi che lo stesso poteva comportare e per aver somministrato alla paziente, unitamente alla fendimetrazina, altre sostanze farmacologicamente attive senza considerare lo stato psico-fisico della paziente (che aveva perso circa 7 kg di peso al mese) ed omettendo di acquisire le informazioni amnestiche e di disporre accertamenti clinici strumentali per valutare l’opportunità del trattamento farmacologico prescritto.
Si legge nella sentenza che: “In relazione alla scelta del medico di somministrare un farmaco potenzialmente pericoloso, esattamente la sentenza impugnata richiama il principio coniato da questa Corte per il quale egli non va esente da colpa se ometta un’attenta valutazione e comparazione degli effetti positivi del farmaco rispetto ai possibili effetti negativi gravi ed ometta il costante controllo, nel corso della cura, delle
condizioni del paziente”.
Si rileva che la Corte di Cassazione ha ribadito che sul medico, portatore di una posizione di garanzia rispetto al paziente che a lui si affida, grava un obbligo di adeguata gestione del rischio che, nel caso di specie, è stato del tutto disatteso.