La testata digitale dell'OMCeO Messina
 
Noterelle riabilitative del padre del libraio: “Funamboli”

Noterelle riabilitative del padre del libraio: “Funamboli”

Views: 16

di filippo cavallaro

 

Incuriosito dal libro di Jonathan Swift, leggo la scena in cui a Lilliput, nei “Viaggi di Gulliver” (1726), si esibiscono i funamboli.

Questi, se lillipuziani, non hanno i problemi di equilibrio che si presentano negli umani (Mazzeo 2003), il loro operare è più vicino a quello dei passerotti sui fili della luce.

L’umano, se funambolo, l’equilibrista, non deve pensare per portare a termine la prova, “deve essere fiero della propria paura”, come diceva Philippe Petit (il funambolo che il 7 agosto del 1974 traversò le Torri Gemelle). Per camminare sul filo ed arrivare alla fine deve solo vivere l’esperienza non deve assolutamente pensare all’equilibrio.

Se pensa attiva l’attenzione su tutto il corpo. Strutture interne comprese, quelle che prendiamo in considerazione solo se ci danno fastidio o soffrono per una patologia.

La malattia è prepotente, ci porta a guardare verso il corpo, ad attenzionarne anche le parti nascoste, intime, ma, sempre,  se la persona sposta verso di se l’attenzione, anche le semplici modificazioni interne, possono essere percepite.

Il corpo come superficie recettoriale, dobbiamo ricordare, che, ha alcune strutture che nello sviluppo embrionale si sono collocate verso l’interno, mantenendo, attraverso gli orifizi naturali, rapporti con l’ambiente esterno. Pensiamo ai polmoni o all’intestino. Queste sono strutture che se distesi all’esterno aumenterebbero moltissimo la dimensione della superficie offrendo la possibilità di avere coscienza e di stimarne la misura, ma anche di rendersi conto di non riuscire a tener tutto sotto controllo.

Il funambolo. Questo ciò che abbiamo fatto da bambini per acquisire la tappa motoria del cammino, questo ciò che deve fare l’equilibrista del circo, questo ciò che bisogna proporre a chi, per problemi di salute più o meno gravi, deve ricominciare a camminare dopo aver perso l’autonomia.

Ricordo l’episodio di una sposa che al suo matrimonio nella Chiesa Madre di Savoca, pochi anni fa, ebbe il compito, nell’offertorio, di portare la patena con l’ostia. Non è difficile, state pensando … un piattino con una cialda tondeggiante di pane azzimo.

È difficilissimo se contestualizziamo l’azione:

Sposa = tacchi alti, abito con strascico e velo;

Chiesa antica = pavimento non uniforme, gradini tra navata e transetto;

Persona = esiti di ictus ischemico MCA Sinistra.

Come il funambolo ha portato a termine la prova tenendo velo e strascico con una mano tenendo in equilibrio la patena, superando i gradini. Vivendo l’esperienza… senza applauso.