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Nel nostro Paese la quota dei pazienti avviati ad un programma di cardiologia riabilitativa è complessivamente di circa il 30%, ovvero meno di un paziente su tre di tutti quelli che ne necessiterebbero dopo una sindrome coronarica acuta, uno scompenso cardiaco, o dopo un intervento cardochirurgico. La cura del paziente cardiologico, infatti, troppo spesso si arresta con il ritorno a casa. Il 57% dei pazienti nei due anni che seguono ad un infarto miocardico abbandona la terapia. La mancata compliance in Europa determina, secondo gli ultimi dati, circa 200 mila decessi/anno e costa circa 125 miliardi di euro. Il mancato accesso del paziente cardiopatico, dopo un evento acuto, ad un programma di CPR – ovvero un percorso di prevenzione secondaria e di recupero funzionale – equivale ad aumentare il rischio di morte e riospedalizzazione fino al 30-40 per cento.
Questi alcuni dei temi più attuali al centro dell’undicesimo congresso regionale AICPR (Associazione Italiana di Cardiologia clinica, Preventiva e Riabilitativa), che si terrà a Messina dal 10 all’11 maggio, presso il Palacultura “Antonello da Messina”. L’evento, dal titolo “Stairway to …Heart; lo scompenso cardiaco, dalla prevenzione alla riabilitazione”, è patrocinato dall’assessorato alla Salute della regione Siciliana, dal Comune di Messina e dall’Ordine dei Medici di Messina. Presidenti del congresso Roberto Caruso e Caterina Oriana Aragona, rispettivamente specialista in malattie dell’apparato cardio-vascolare, delegato Regionale AICPR Sicilia, anche responsabile Divisione di Riabilitazione Cardiologica Istituto Ortopedico del Mezzogiorno d’Italia “F. Scalabrino” GIOMI Messina, e specialista in Medicina Interna della stessa struttura, oltre che responsabile del sito web della stessa società scientifica AICPR. “Nonostante le evidenze scientifiche e le linee guida – affermano Roberto Caruso e Caterina Oriana Aragona – riconoscano la Cardiologia Riabilitativa (CR) come il modello standard per il trattamento globale del paziente cardiopatico in fase post-acuta ad un infarto miocardico acuto (IMA), dopo una rivascolarizzazione coronarica (analogamente a quanto accade per un intervento cardochirurgico), o nello scompenso cardiaco, come il modello più efficace per la realizzazione di una prevenzione secondaria strutturata, e a lungo termine, e le analisi economiche suggeriscano che l’intervento riabilitativo sia costo-efficace, nel nostro Paese sono, ancora troppo pochi i pazienti che riescono ad accedervi: solo il 30%”. “Un dato preoccupante – sottolineano Caruso e Aragona – se si pensa che ad un anno dall’evento cardiovascolare acuto, circa il 28% dei pazienti continua a fumare e il 40% è ancora obeso, mentre a 24 mesi il 57% dei pazienti abbandona la terapia: dati che possono essere contrastati se si garantisce l’accesso ad un programma di CR degenziale a valle di un ricovero acuto”. “La CR – aggiungono – in linea con la definizione OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) è un processo multifattoriale, attivo e dinamico, che ha il fine di favorire la stabilità clinica dei pazienti, ridurre le disabilità conseguenti alla malattia e supportare il mantenimento e la ripresa di un ruolo attivo nella società, riducendo il rischio di successivi eventi cardiovascolari”.
Punti chiave del management del paziente cardiopatico in cardiologia riabilitativa:
“La seconda strategica declinazione – rilevano Caruso e Aragona – della cardiologia riabilitativa è il setting ambulatoriale, che deve soddisfare dei criteri minimi operativi, quali un data base di archiviazione dati (in rete con i centri di CPR) e personale fisioterapistico ed infermieristico formato ad hoc per il counseling e la raccolta dati; l’ambulatorio, inoltre, deve essere coordinato da un cardiologo con competenze specifiche nella prevenzione e riabilitazione, esperto nell’imaging cardiovascolare, nella gestione del fattori di rischio, nell’uso delle terapie antitrombotica, anticoagulante, anti-ischemica, nelle strategie di raggiungimento degli obiettivi terapeutici, per favorire aderenza alla terapia e implementazione di un adeguato e personalizzato esercizio fisico. L’adozione di corretti stili di vita e l’aderenza alla terapia, infatti, insieme riducono il rischio cardiovascolare e di recidive del 48% circa”.
Ancora confusione sul ruolo della CR:
“La cardiologia riabilitativa – evidenziano ancora gli esperti – rappresenta, dunque, l’area in cui si realizza un intervento strutturato nella fase post-acuta di malattia e sostanzia un percorso assistenziale specifico, di grande efficacia, per la prevenzione secondaria in continuità assistenziale a lungo termine. Non va, quindi, confusa – rilevano Caruso e Aragona – con la generica riabilitazione, o con altre forme di riabilitazione, cosa che purtroppo ancora accade, anche nel sistema del rimborso previsto a livello ministeriale, dove gli interventi riabilitativi, rimborsabili coi LEA (Livelli Elementari di Assistenza) sono tutti raggruppati nello stesso contenitore”.
L’obiettivo: modelli organizzativi che favoriscano l’acceso uniforme dei pazienti cardiopatici alla CR sul territorio. “Considerato – concludono Caruso e Aragona – che le malattie cardiovascolari sono la causa principale di morte in tutti i paesi del mondo occidentale, inclusa l’Italia, ma anche la causa più frequente di disabilità e che l’assorbimento di risorse economico sanitarie da esse indotte è la principale fonte di spesa sanitaria nel nostro Paese, serve uno sforzo trasversale volto all’adozione di modelli organizzativi efficienti e applicabili nelle varie realtà cliniche e assistenziali, per superare la difforme dislocazione delle strutture riabilitative ad hoc e rendere fruibile l’intervento di CR a tutte le persone cardiopatiche che ne possano beneficiare”.
All’evento sono stati assegnati n. 15 crediti formativi. Per maggiori informazioni scaricare il programma