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Il Decreto Calabria segna una svolta per la medicina: potrebbero essere circa 18mila gli specializzandi assunti in corsia negli ultimi due anni di corso, per poter supplire alle gravissime carenze di organico. Un provvedimento che ai sindacati piace molto, meno ai professori.
Con l’ingresso di tanti giovani medici nella sanità pubblica si dà una risposta alla domanda di personale nelle strutture, soprattutto in considerazione del fatto che in sei anni ne usciranno dal Servizio sanitario nazionale ben 16.700 e che circa 8mila oggi sono intrappolati nell'”imbuto formativo” tra laurea e accesso alla borsa di specializzazione. E il Decreto di fatto blocca tutte le soluzioni messe in campo dalle varie Regioni per evitare la fuga, come la Basilicata che ha richiamato i medici in pensione o il Molise con i medici militari.
«Con il decreto Calabria – stima il segretario nazionale dell’Anaao Assomed Carlo Palermo – avremmo subito disponibili circa 18mila giovani medici in corsia: 12mila del biennio attuale più 6mila il prossimo anno. Un’iniezione di forze nuove, da assumere a tempo determinato con il contratto della dirigenza per poi stabilizzarle tramite concorso. Questa è anche la ricetta per trattenere i giovani, la cui formazione costa tra i 150mila e i 200mila euro, e che sempre più rispondono al richiamo del privato o delle proposte di lavoro dall’estero. Un drenaggio che crescerà nei prossimi cinque anni, visto che al 2023 si stima che la richiesta di medici nell’Unione europea possa arrivare a quota 230mila».
Ma c’è chi si oppone: un centinaio di professori dell’Università napoletane sono pronti a firmare un ricorso alla Corte costituzionale contro il Decreto Calabria. Coinvolti nella mobilitazione anche la conferenza dei Rettori e le associazioni nazionali dei docenti. “I profili di incostituzionalità – avverte Maria Triassi direttore di dipartimento e tra i primi firmatari del documento – sono chiari. In gioco ci sono la qualità dell’assistenza e il rischio di uno scenario di profonda dequalificazione della formazione specialistica medica e di conseguenza della qualità dell’assistenza pubblica che assumerebbe sempre di più i connotati dei Suburban hospitals statunitensi, luoghi di cura ove avviene l’apprendistato più che la formazione dei giovani laureati”.
E arriva subito la risposta piccata di Anaao che considera razionale ed immodificabile la via di uscita indicata dalla Camera in sede di conversione del Dl Calabria e sostenuta dal Ministro della Salute Giulia Grillo sulla carenza dei medici specialisti. “La possibilità di assumere – scrive in una nota il sindacato – prima a tempo determinato e poi indeterminato, i medici specializzandi alla fine del loro percorso formativo, anticipa la loro età di ingresso nel mondo del lavoro, con evidenti benefici sul turnover, sul ricambio generazionale del sistema e sul loro conto previdenziale”. “Ma, si sa – commenta Carlo Palermo, Segretario nazionale Anaao Assomed – gli specializzandi sono ‘proprietà’ dell’Università, forza lavoro a basso costo necessaria per giustificare le migliaia di primariati universitari. Così, un mondo che si sente, ed è stato autorizzato da tutti i governi a sentirsi altro rispetto all’interesse nazionale, oggi scende in campo per porre veti e minacciare ricorsi, non si capisce a che titolo. Mentre ieri ha assistito muto, e interessato, allo scempio dei LEA e dell’articolo 32 della Costituzione, perpetrato in molte Regioni”.