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di Giulio Tarro
Storia recente
All’apertura dell’anno giudiziario del 26 gennaio 2013, il compianto procuratore generale di Napoli, Dr. Vittorio Martusciello aveva chiesto un’indagine sul rapporto tra sversamenti e crescita dei tumori, puntando l’attenzione sulla cronica emergenza ambientale che da anni flagella Napoli e provincia e sullo smaltimento dei rifiuti e la contraffazione in campo agro-alimentare. Il procuratore ha affermato, inoltre, di non sentirsi rassicurato circa la correlazione tra l’aggressione all’ambiente e le malattie tumorali come avrebbero preteso a Roma (dichiarazioni del Ministro della Salute Balduzzi) (1).
Nel luglio 2012 era stato presentato il libro “Campania, terra di veleni”, che trattava dello sversamento illegale dei rifiuti tossici che aveva portato ad un aumento delle patologie tumorali e delle malformazioni alla nascita (2). Non sempre si conoscono tutte le sostanze contenute nei rifiuti tossici illegalmente sversati, ma la presenza di alcune ne delinea gli inevitabili effetti cancerogeni.
Nonostante manchi un registro dei tumori per la mappatura dei casi di mortalità per cancro nel territorio in grado di identificare una correlazione tra incidenza dei tumori e casi genetici/ambientali (vedi per esempio il caso mesotelioma) L’esposizione a sostanze cancerogene ad azione mutagena (che provocano modifiche nel DNA germinale) crea un danno genetico, mediante il malfunzionamento degli interruttori dei geni, che viene trasmesso immediatamente alla generazione successiva. Di tutto questo si occupa oggi l’epigenetica come nuova chiave di lettura per l’aumento dei tumori.
Già nel 2004 K. Senior e A. Mazza avevano esplorato i possibili effetti dell’inquinamento ambientale sulle morti causate da cancro nel territorio nolano, pubblicando i risultati sulla prestigiosa rivista “The Lancet Oncology”. I territori campani producono una quantità di rifiuti superiore a quella delle discariche e degli inceneritori e, pertanto, il loro mancato smaltimento conduce, inevitabilmente, all’aumento dell’incidenza dei casi di cancro (3).
In uno studio epidemiologico pubblicato nel 2009 dalla rivista scientifica Journal Clinical and Experimental Cancer Research, venivano analizzati i dati ottenuti dall’archivio nazionale delle schede di dimissioni ospedaliere relative al periodo tra il 2000 e il 2005: il numero di tumore mammario risultava maggiore di 40.000 casi rispetto a quello riportato dagli organi ufficiali con statistiche sottostimate del 26,5% e venivano colpite anche fasce di età tra i 25 e i 44 anni (4).
Nel 2011 venivano pubblicati, sulla rivista americana Cancer Biology and Therapy i risultati scientifici di una ricerca che evidenziava un aumento significativo delle morti da tumore e delle malformazioni congenite nella regione Campania dove erano stati smaltiti rifiuti tossici (tra cui l’arsenico, il mercurio, le diossine ed i furani) con una logica criminale (5). Nonostante il Ministro della Salute di allora, Ferruccio Fazio, minimizzasse i dati pubblicati (6), 30 anni di camorra e di rifiuti non smaltiti correttamente costano a Napoli nord e Caserta sud un indice di mortalità pari al 9,2% in più per gli uomini e al 12,4% in più per le donne.
Più recentemente, dopo la pubblicazione di “Campania, terra di veleni” e’ stato pubblicato un altro lavoro sulla rivista scientifica Journal Clinical and Experimental Cancer Research, sull’incidenza del cancro in Italia, che migliorando la metodologia dello studio precedente pubblicato sulla stessa rivista ed estendendo il tempo di osservazione fino al 2008, confermava l’aumento significativo del numero delle quadrantectomie dei tumori mammari e riportava un incremento di queste tra i 25 ed i 39 anni e tra i 40 e i 44 anni, cioè in età pre-screening (7).
Alla fine del 2013, su Cancer Biology and Therapy e’ stato pubblicato un lavoro della fondazione Pascale sulla tendenza di mortalità tra il 1988 ed il 2009 nelle aree metropolitane di Napoli e Caserta in cui tra i diversi dati epidemiologici riportano un incremento percentuale del tumore polmonare del 68% per Caserta, più del 100% per Napoli rispetto al “solo” aumento del 41% per l’Italia. L’analisi di regressione dei risultati fa notare che l’aumento percentuale dei tumori è del 28,4% per gli uomini a Caserta e del 47% a Napoli, mentre per le donne è rispettivamente del 32,7% e del 40% (8).
Quindi, si può rispondere positivamente ai quesiti sull’incidenza dei tumori e della mortalità nei territori Campani, essendo maggiore della media italiana. Serve, ovviamente, un rigore scientifico ed una mappa dei siti inquinati. Sappiamo di numerosi cancerogeni presenti cui si aggiunge l’inquinamento determinato dalle diossine, ma il pericolo maggiore consiste nell’inquinamento della falda acquifera legato agli sversamenti illeciti (metalli pesanti).
Dopo diversi interventi sulla correlazione tra inquinamento ambientale e cancro e la risposta senz’altro affermativa al quesito sull’esistenza di un aumento di incidenza dei tumori legato allo smaltimento dei rifiuti tossici, ampiamente dimostrato dalle pubblicazioni scientifiche, dobbiamo segnalare che la situazione dell’Irpinia e del resto delle Campania non è diversa da quella presente nella terra dei fuochi (Napoli e Caserta).
Crediamo a questo punto importante elaborare i dati Istat sull’aspettativa di vita, con un confronto tra le province Campane e la media Italiana. Infatti nel 1992 la media Italiana di aspettativa di vita (maschi) era di 74 anni mentre nel 2010 è diventata di 79.4 anni. In Campania si è passati dai 73.2 ai 77.8 anni quindi da un meno 0.8 ad un raddoppio di meno 1.6. Nella tabella 1 allegata si vede come si sono comportate le province Campane, tutte ormai in negativo, mentre in precedenza Avellino, Benevento e Salerno erano in positivo rispetto alla media italiana.
Da poco si è ritornati sui rischi connessi con l’esposizione all’amianto e si è analizzata la vicenda dell’Isochimica di Avellino con l’obiettivo di bonificarla per evitare la contaminazione da amianto di altre persone. Infatti bisogna prima bonificare il territorio, ricco di sostanze pericolose e materiali tossici, come il cromo esavalente, metallo usato in siderurgia come antiruggine, ma con proprietà mutagene e cancerogene.
I dati in Campania ci sono e sono spaventosi, sia quelli attestanti un elevato incremento di mortalità per cancro (rispetto ad altre regioni), sia quelli attestanti una gravissima compromissione ambientale. Tentare di non correlarli significa mancanza di buon senso (2).
Restano gli sversamenti abusivi di rifiuti urbani e industriali soprattutto in periferia, a partire dalle strade a scorrimento veloce, nelle rampe di immissione, a due passi dai comuni virtuosi della differenziata, sotto ogni ponte, in ogni notte. Il fumo acre che si respira sull’autostrada appena si varca il confine della sterminata periferia di Napoli è più eloquente di ogni cartello (2).
I roghi incontrollati e il tombamento di metalli pesanti, amianto, cadmio, continuano, come se nulla fosse, nella nostra regione in particolare nell’area dell’aversano dove si continuano ad inquinare falde acquifere e prodotti agricoli (2).
Gli ultimi dati consultabili sul registro delle emissioni è gestito da Ispra e risalgono a qualche anno fa, sono i seguenti e riguardano le sole emissioni in atmosfera (Tabella 2): l’industria contribuisce alle emissioni di PM 10 per il 26%, il 70% degli ossidi di zolfo, 23% ossidi di azoto che sono anche precursori di PM 10 secondario e ozono. Come microinquinanti le emissioni in atmosfera dell’industria sono le seguenti: benzene 15%, IPA 34%, nichel 35%, cadmio totale 60%, diossine 70%, mercurio 74%, piombo 83%, PCB 86%, cromo 89%, arsenico 98%. In valori assoluti le PM 10 ammontano a 180 mila tonnellate, 56 come cromo, 110 come mercurio. Le diossine prodotte dal settore ammontano a 225 gr.. Relativamente ai rifiuti la fonte è l’annuale Rapporto di Ispra. Nel 1997, primo anno del decreto Ronchi, i rifiuti urbani erano pari a 26,6 milioni di tonnellate, nel 2001, 29 milioni e, con l’ultimo dato riferito al 2011, sono 32,5 milioni di tonnellate (Tabella 3). I rifiuti speciali da 72 milioni di tonnellate del 2000 a 117 del 2006 a 118,2 (siamo in crisi da 4 anni). Almeno 20 milioni di rifiuti speciali scompaiono nel nulla (Rapporto Commissione Parlamentare su ciclo rifiuti). Il dato si rileva dalla differenza tra i rifiuti trattati e quelli dichiarati con il MUD (modello unico dichiarazione). L’85% dei rifiuti speciali sono prodotti in 4 regioni: Lombardia , Veneto, Emilia Romagna e Piemonte (Tabella 3).
Indagini epidemiologiche (U.S. Navy)
Come riportato dal Naval Support Activity Naples la contaminazione dell’acqua potabile è stata rilevata nell’acqua del rubinetto di abitazioni da pozzi privati non autorizzati ed in misura molto minore di quelle che utilizzano una fonte d’acqua potabile pubblica. Sono state identificate delle aree che sembrano essere influenzate dalle emissioni di agenti chimici nel suolo e/o falde acquifere (diossine, furani, pesticidi, bifenili policlururati, metalli, vapore di mercurio e aldeidi), è stata trovata una tendenza lineare statisticamente significativa nella propozione di asmatici persistenti dal 2006 nel personale dell’USN (Dipartimento della Marina degli Stati Uniti), mentre tali tendenze non sono state rinvenute a Rota in Spagna o a Sigonella in Sicilia (2).
In risposta alla preoccupazione del personale degli Stati Uniti riguardo alle potenziali conseguenze sulla salute derivanti dalle pratiche di gestione dei rifiuti nella regione Campania il comandante della marina militare per la regione Europa, Africa, Sudest Asiatico ha richiesto alla fine del 2007 l’esecuzione di una valutazione sulla salute pubblica da parte del centro per la salute pubblica dei corpi della marina militare. Sono stati rilevati campioni di una serie di mezzi come aria, acqua del rubinetto, suolo e gas del suolo sui quali sono state effettuate analisi per 241 agenti chimici e microrganismi (ad es. coliformi totali e fecali) (2).
La terra dei fuochi
Nel censimento dei siti potenzialmente inquinati dalla diossina (valori normali 3 pg per grammo di terreno), risultano inquinate vaste aree delle province di Napoli e Caserta. In alcune aree della Campania come Acerra e Cercola sono stati misurati nel terreno picchi di 50 e più pg di diossina (a Seveso, per 49,6 pg intervenne l’esercito con reparti specializzati per la bonifica).
Per quanto riguarda i siti contaminati in conseguenza di smaltimenti illegali, la pratica di incendiare le aree di smaltimento illegale dei rifiuti è molto comune. Le province di Caserta e di Napoli sono diventate la pattumiera di Europa: le aree sfruttate per lo smaltimento legale ed illegale dei rifiuti sono sempre le stesse.
Come riportato su “Campania, terra di veleni” vi è la sovrapposizione grafica del percorso della statale 162 (asse mediano) rispetto alle zone comunali a maggior rischio di cancro e malformazioni neonatali identificate dal cosiddetto studio Bertolaso del 2007.
Lo sversamento illecito di liquami tossici, i roghi dei rifiuti (non per niente oggi si parla di terra di fuochi), le infiltrazioni nel sottosuolo sono vicende ormai tristemente ricorrenti sui mezzi d’informazione e nell’esperienza quotidiana di centinaia di migliaia di cittadini che sentono così gravemente compromesso il proprio futuro e quello dei propri figli. Ancora molti abitanti di questi territori avvertono più tragicamente la situazione in quanto debbono fare i conti con un’incidenza di tumori più alta all’interno della propria famiglia.
Stato della sanità
Al quesito sul ruolo giocato dalla mancata prevenzione ed i ritardi nella diagnosi possiamo subito rispondere che hanno avuto un impatto negativo sulla pronta applicazione delle terapie. Vi è sempre stato un rapporto sbilanciato tra pubblico e privato. Le strutture pubbliche non sono coordinate tra loro e vi sono sempre ritardi per le fasce sociali più deboli. La scarsa attenzione alla diagnosi precoce e, soprattutto l’importanza della prevenzione primaria esigono, adesso, che si operi come è stato fatto per la riduzione del fumo che ha portato alla diminuzione in valore assoluto dei tumori polmonari.
In mancanza di un registro dei tumori e/o del ritardo di una sua attuazione bisogna dare importanza alle schede di dimissione ospedaliera e al coinvolgimento dei medici di famiglia.
Esistono adesso misure straordinarie per la prevenzione e la lotta al fenomeno dell’abbandono dei rifiuti e dei relativi roghi che impongono uno screening gratuito sulle malattie ambientali per le popolazioni residenti nelle aree interessate nell’ultimo decennio attraverso le aziende sanitarie locali. Nella relazione tecnico-finanziaria si fa presente che sul piano medico-scientifico vi è una iniziativa in linea con le direttive dell’OMS che tendono a conoscere e curare le patologie che rientrano nelle “malattie ambientali”. Tra l’altro a questi aspetti importanti del “decretino” legge sulla terra dei veleni fanno da contraltare gli indubbi risparmi nei costi di gestione della spesa sanitaria che andranno a gravare sulla cura tardiva di malattie tumorali ed epidemiologiche che diagnosticate in ritardo necessitano poi di cure medico-sanitarie più costose di quelle attivate in via preventiva (9).
Per esempio in Texas da quando hanno iniziato le opere di risanamento del territorio le malformazioni sono diminuite del 40%. Conseguentemente, si potrebbe incidere profondamente con una bonifica, riducendo le malformazioni congenite in solo 4 anni del 25%, arrivando persino ad un risparmio economico di 11 milioni di euro (10).
Bisogna però sempre tenere presente che per portare avanti la battaglia iniziata anni fa con la denuncia su “Ambiente e salute in Campania” (1977) (11) e continuata recentemente con la “Campania, terra di veleni” (2012) (2) per ottenere la certezza della bonifica dei territori bisogna prima anteporre la bonifica delle coscienze (10).
Nuovi inquinanti
A questo punto mi pare opportuno di fare menzione di un altro problema legato alle sostanze perfluoroalchilate (PFAS) rappresentanti un vasto gruppo di molecole sintetiche costituite da catene carboniose di lunghezza variabile. I composti perfluorurati (PFC) sono quelli indicati tali quando i legami carbonio-idrogeno nella parte idrofobica sono sostituiti da legami carbonio-fluoro.
Dagli anni 50 i PFC sono stati impiegati come tensio attivi e protettivi superficiali di detergenti, pitture, vernici, tappeti, tessuti, pelle, mobili, scarpe, prodotti cartacei, estintori, schiume, cosmetici, insetticidi, contenitori per alimenti, repellenti, lubrificanti eccetera (12).
Per quanto riguarda la neurotossicità gli studi sono stati effettuati soprattutto sugli animali, mentre i dati relativi all’uomo sono scarsi e prevalentemente di natura epidemiologica.
L’epatotossicità dei PFC è stata osservata piuttosto sugli animali, invece nell’uomo non sono descritti evidenze di rilievo di effetti epatotossici in seguito ad esposizione a tali composti.
La soppressione dell’immunità umorale è stata osservata dopo l’esposizione ai pesticidi sulfamidici, che sono rapidamente metabolizzati ai PFC. Atrofia e modifiche della composizione cellulare del timo e della milza sono stati osservati dopo esposizione ai PFC.
Interferenze endocrine e composti perfluorurati vengono riportati sia come disfunzioni riproduttive che ormonali.
Il tumore della prostata e della vescica sono stati osservati in operai di una fabbrica di PFAS, in particolare implicato il PFOA (acido perfluorottanoico) per la prostata ed il PFOS (acido perfluoro-ottano-sulfonato) per la vescica, mentre per la prima volta i PFC determinati nel siero vengono associati con il rischio di insorgenza del cancro al seno nella popolazione di Inuit della Groenlandia.
Ruolo del danno epigenetico nella genesi dei tumori
Non sono più necessarie centinaia o migliaia di anni da trascorrere per le modifiche osservabili nel mondo animale per l’inquinamento ambientale secondo l’ipotesi di Darwin. La molecola della vita, il DNA di Watson e Crick, contiene i geni che indicano alle cellule come produrre le proteine indispensabili per le funzioni dell’organismo: i messaggi espressi dai geni sono regolati da interruttori (l’epigenoma) che trasmettono alla cellula l’indicazione alla lettura o meno dell’informazioni ottenute nel gene.
I fattori ambientali a cui si trova esposto il nostro genoma sono capaci di accendere o spegnere questo interruttore dei geni e tali modifiche dell’epigenoma sono trasmesse direttamente dai genitori ai figli. L’esposizione a composti cancerogeni legati all’ambiente o allo stile di vita (diossine, tabacco et al.) può danneggiare l’epigenoma (gli interruttori) delle cellule germinali di padre e madre esposti. Queste modificazioni si trasmettono alle successive generazioni per via diretta con la conseguenza di tumori nei figli e nei nipoti soggetti a loro volta all’esposizione di cancerogeni con ulteriore trasmissione generazionale. Pertanto le sostanze cancerogene cui la gente viene esposta non agiscono soltanto su loro, ma gli effetti si esprimono anche sui loro discendenti.
Effetti epigenetici di PFC
L’epigenetica permette di porre l’ipotesi che l’invecchiamento e la mutazione cellulare siano conseguenze di un suo malfunzionamento a carico degli interruttori dei nostri geni. Per l’invecchiamento si può postulare l’ipotesi che errori di metilazione del DNA, riportati nel corso della vita, alterino i meccanismi anatomo funzionali come confermato dagli studi su gemelli monovulari, mentre per la trasformazione cellulare con lo sviluppo dei tumori la sequenza prevede che l’epigenoma (gli interruttori cellulari) promuove la divisione cellulare, regoli l’adesione tra le cellule ed il loro ciclo vitale fino alla loro morte.
Gli stessi interruttori cellulari potrebbero essere quindi responsabili della crescita senza controllo delle cellule, non più adese tra loro, e pertanto portare alla loro immortalità. L’ipermetilazione che conduce all’inattivazione dei geni è stata osservata nella loro codificazione per i recettori degli estrogeni nei pazienti con tumore mammario o del colon retto, come d’altra parte è stato studiato con elevati livelli di metilazione per i geni preposti a proteggerci dalla formazione delle placche aterosclerotiche con l’avanzare dell’età senile.
In conclusione sia l’invecchiamento che lo sviluppo dei tumori condividono lo stesso meccanismo di produzione perché sia idrocarburi del fumo, le diossine, i metalli pesanti come l’attività funzionale e l’accumulo di grassi causano etiologicamente il danno epigenetico. Questo si determina patogeneticamente con il silenziamento dei geni oncosoppressori. Infatti nei pazienti con tumore polmonare correlato al fumo (benzopirene, metilcolantrene) gli oncogeni sono demetilati, cioè sono espressi: l’interruttore è acceso, viceversa si assiste ad una ipermetilazione dei geni oncosoppressori: l’interruttore dell’epigenoma è spento con la conseguenza della inattivazione dei geni che ci proteggono dai tumori.
Conclusioni
È fondamentale continuare la sorveglianza epidemiologica nelle aree contaminate utilizzando metodologie moderne ed informazioni credibili per monitorare le modificazioni dello stato di salute connesse all’esposizione di contaminazioni ambientali, responsabili di danni sanitari su tutti gli individui, particolarmente i più giovani, che sono le vere vittime del reato dell’inquinamento ed hanno quindi necessità di una “efficace tutela” prima che succeda, con azione di prevenzione e bonifica ambientale.
Bibliografia
⦁ Anno giudiziario l’inaugurazione. Il Pg: rifiuti e tumori, le rassicurazioni non ci convingono. Corriere del Mezzogiorno, 27 gennaio 2013.
⦁ Campania, terra di veleni. Denaro Libri, Napoli – luglio 2012.
⦁ Collegamento tra la mortalità del cancro e le anomalie congenite con l’esposizione dei rifiuti in Campania. The Lancet Oncology, 2004.
⦁ Incidence of breast cancer in Italy: mastectomies and quadrantectomies performed between 2000 and 2005. Journal of Experimental & Clinical Cancer Research, 2009.
⦁ Wasting lives: The effects of toxic waste exposure on health – The case of Campania, Southern Italy. Cancer Biology & Therapy, July 15, 2011.
⦁ Intervista al Ministro della Salute Fazio. Il Mattino 8 luglio 2011.
⦁ The Burden of breast Cancer in Italy: Mastectomies and Quadrantectomies Performed Between 2001 and 2008 based on Nationwide Hospital Discharge Records. Jounal of Experimental & Clinical Cancer Research, November 2012.
⦁ Cancer mortality trends between 1988 and 2009 in the metropolitan area of Naples and Caserta, Southern Italy: Results from a joinpiont regression analysis. Cancer Biology & Therapy, September 2013.
⦁ Politica Meridionalista – Civiltà d’Europa. Salute e ambiente in Campania: una ricerca aggiornata nella “terra dei fuochi”, Anteporre alla bonifica dei territori quella delle coscienze. Anno XLIII – Marzo 2015.
⦁ Medicina e prospettive di vita. MEDIC 2016; 24(2): 51-57.
⦁ Libro bianco. Salute e Ambiente in Campania. Politica Meridionalista Editrice, Napoli – maggio 1977.
⦁ Inquinamento da PFAS in Veneto. In corso di stampa.
E’ possibile scaricare il documento completo: Bonifica e prevenzione come efficacia – Giulio Tarro