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Caregiver è un termine indica quella figura assistenziale svolta da coloro che prestano assistenza ad un proprio caro in virtù di un legame affettivo e/o familiare.
Questa figura assistenziale è progressivamente in crescita nei Paesi industrializzati a causa dell’allungamento della vita, dell’incremento della popolazione anziana e della riduzione di mortalità grazie al miglioramento della diagnostica preventiva, delle cure e dell’aumento delle patologie croniche invalidanti.
Questo tipo di impegno, spesso particolarmente gravoso troppo spesso non percepisce alcun riconoscimento da parte dello Stato.
La figura del Caregiver viene così sottoposta costantemente a uno stress psicofisico indicato con il termine di burden del caregiver che si manifesta con disturbi del sonno, dell’attenzione, della concentrazione, difficoltà mnesiche, facile irritabilità, somatizzazioni, sbalzi di umore, agitazione, forte apprensione, facilità ad ammalarsi soprattutto nelle fasi non acute della malattia del paziente, alterazioni del comportamento, umore depresso e aumento notevole dell’ansia.
La legge 104 del 1992 riconosce ai Caregiver permessi lavorativi per assistere familiari con handicap (articolo 33, comma 3) che non possono essere scalati dalle ferie a meno che non si sommino a periodi di congedo parentale. Tale concetto è stato confermato dall’ordinanza (n. 2466 del 31 gennaio 2018.doc) della Corte di Cassazione.
I permessi di cui si beneficia grazie alla legge 104 sono dei permessi retribuiti e coperti da contribuzione figurativa, riconosciuti a coniuge, parenti e affini entro il secondo grado, oppure entro il terzo grado se i genitori o il coniuge della persona con handicap grave hanno più di 65 anni, oppure siano affetti da patologie invalidanti. Prevedono la possibilità di assentarsi dal lavoro per tre giorni al mese anche in via continuativa. Tali permessi mensili non possono in alcun modo essere sottratti alle ferie. Al contrario dei cosiddetti congedi parentali ordinari e di quelli per malattia del figlio di età inferiore a tre anni previsti dalla legge 151/2011 che possono determinare una significativa sospensione della prestazione lavorativa, che giustifica un diverso trattamento.