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di Carmelo Micalizzi
TOPONOMASTICA “STORICA” DI MESSINA
RITIRO
RITIRO, rione – fra la destra del viale Giostra e la via Palermo.
Il toponimo prende origine dalla secolare presenza di religiosi. Primi i Carmelitani, giunti a Messina non oltre il 1238, che fondarono la loro dimora su di un poggio in prossimità della confluenza dei torrenti San Michele e Scala, a due miglia a settentrione delle mura della città normanna: luogo ameno ma solitario così come prescriveva la “Regola”. Vi stabilirono il loro convento con la relativa chiesa che dedicarono a Santa Maria del Carmelo. Dell’esistenza di questa prima sede esiste un prezioso documento: un atto notarile del 1263 vergato dal regio notaio Costantino del Bufalo di Messina e fedelmente copiato dal notaio Giuseppe Jannino il 6 marzo 1698 di cui vi è nell’Archivio di Stato di Messina una fedele copia.
Ai Carmelitani subentrarono nel 1425 i frati Minori Osservanti di San Francesco che, con approvazione di papa Martino V e guidati da fra’ Matteo Gallo da Girgenti, vi fondarono il proto convento francescano di Sicilia. Per la vita eremitica che i religiosi vi conducevano quel luogo venne chiamato Ritiro, nome che si estese nel tempo a tutta la contrada. I decenni successivi furono travagliati a motivo dell’antagonismo tra Conventuali e Osservanti. I due Ordini, con Bolla del 29 maggio 1491 di papa Leone X, si separarono definitivamente. Nel decreto papale si concedeva l’apertura di Conventi di Ritiro (di Raccoglimento o di Recollezione, dal francese Rècolletion, cioè Ritiro) aperto a chi aspirava a una vita raccolta, austera, dedicata alla preghiera e al silenzio, in sintonia al primitivo fervore religioso che animava l’Ordine Francescano.
Riguardo al Ritiro messinese, fino alle soglie del XIX secolo, nelle cronache cittadine si preferì il riferimento toponomastico ai torrenti San Michele, Scala, o anche Giostra (oggi coperto con realizzazione di un ampio viale) in cui i primi due corsi d’acqua confluivano, talora anche al “torrente Badiazza”.
Ritiro è diffusamente indicato nelle cronache cittadine del XIX secolo. Il borgo, di strutturazione ancora extraurbana, si cita nelle descrizioni delle alluvioni che devastarono (come invariabilmente continuano a tutt’oggi a devastare) la città, le periferie, l’intero territorio peloritano con immani colate di fango e terrificanti smottamenti: fiumare straripanti che trascinavano a valle detriti, massi e alberi mutando talora, definitivamente, lo stato dei luoghi.
Le alluvioni peloritane e il toponimo Ritiro sono legati da una ampia bibliografia (se ne fa cenno in appendice)5. Vi è traccia nelle cronache raccolte dallo storico Gaetano Oliva nella Continuazione agli Annali di Caio Domenico Gallo. Due episodi per tutti:
«La notte del 30 marzo 1800 si scatenò sì violenta tempesta che sembrava tutto dovesse abbattere e rovinare» (Libro VI, 5). «La numerosa popolazione che dietro i tremuoti del 1783 stava ad abitare sotto fragili baracche nella vasta sponda di S. Maria del Gesù era collocata in mezzo a due torrenti, quello di Trapani e quello di Ritiro, le cui acque terribilmente ingrossate, minacciavano d’invadere tutto quel territorio sottostante, dove stavano tante infelici famiglie sul cui capo per parecchie ore vi stava sospesa la morte».
Il 12 novembre 1863 «la furia delle acque trascinava in mare anche i resti mortali sepolti nella chiesa di S. Maria del Gesù superiore a Ritiro e del “provvisorio” cimitero dei colerosi alla fine del torrente Zaera. […] fecero più di una vittima. Più di 15 nel quartiere delle Fornaci allagato dall’eccesso delle acque del torrente Ritiro, 2 a S. Clemente devastato dallo Zaera e 1 a S. Maria la Nuova invaso dal Trapani. Nel villaggio di S. Michele, Scala e Ritiro non più giardini, non più orti, non più terre coltivate perché tutte erano divenute una fiumara. (Libro VI, 35-37)». L’alluvione distrusse l’antica fondazione francescana restaurata appena cinque anni prima. Chiesa, convento, architetture, opere d’arte e suppellettili furono trascinati dalla fiumara, compresa la statua della Madonna con Bambino attribuita ad Antonello Gagini che venne ritrovata solo nel 1897, ben 34 anni dopo.
Ritiro assume un particolare ruolo nel contesto socio – urbanistico cittadino allorché venne tracciata, tra il 1826 e il 1838, la strada provinciale per Palermo. La carrozzabile divenne in breve una direttrice polarizzante la fondazione di nuovi edifici.
La contrada fu anche sede di importanti strutture sanitarie. Ve n’è un primo esempio nella tragica epidemia di peste del 1743 in cui il Senato cittadino ordinava che «[…] che si aprisse un nuovo ospedale nel gran convento di Santa Maria di Gesù dei Padri Minori Osservanti. […] Vi furono in breve inviate provvidenze di letti, lenzuoli, materassi. Vi destinarono medici, chirurghi e servi e costituirono due Deputazioni che vi presiedessero» (C. D. Gallo, Annali, Lib. V, p. 328).
Nella seconda metà del XIX secolo presso Ritiro, riparato dai venti di Scirocco e di Grecale, venti dominanti, con le sue pinete e il suo clima costante, soggiorno ideale per le malattie respiratorie, venne fondato un “Ospedale per le Malattie Infettive”. Negli anni ’80 il giovane medico Lorenzo Mandalari (1851-1908) vi avviò una struttura sanitaria, un “Ospedale dei Matti”. Vennero acquistati dei terreni affinché i degenti avessero modo di praticare una sorta di ergoterapia d’avanguardia, dedicandosi anche a pratiche agricole. Il Mandalari morì nel terremoto del 1908 ma l’Ospedale Psichiatrico, a cui aveva dato solide premesse, gli sopravvisse e fu attivo fino al 1998. Ultimo direttore Camillo Martelli.
A tutt’oggi presso l’ex Ospedale Psichiatrico Mandalari di Ritiro si conserva un fondo archivistico rilevante per la storia della Psichiatria del ‘900. Vi si compendia la documentazione sanitaria del “Manicomio privato Mandalari”, del “Pensionato Casa della Salute” (1897-1928) e dell’“Ospedale Psichiatrico Lorenzo Mandalari” (1928-1978). La struttura continua ad essere, a tutt’oggi, “Polo Sanitario” di primaria importanza, sede di un “Punto Territoriale di Emergenza”, di una “Area di Assistenza Farmaceutica Territoriale”, di un “Servizio di Igiene di Ambienti di Vita” e di un “Servizio di Igiene Pubblica e Privata”.
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