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Una giovane ricercatrice avrebbe contratto il virus Hiv nel corso della sua attività di ricerca in una Università europea; un episodio, come lei stessa ha raccontato, che le ha distrutto la vita. La notizia, se confermata, rappresenterebbe il primo contagio avvenuto in laboratorio con un virus ricreato in vitro e non circolante nella popolazione.
Chiamate in causa sono una Università europea, dove secondo le ricostruzioni sarebbe avvenuto il contagio e un Ateneo italiano da cui la giovane era partita. La vicenda ora approderà al Tribunale di Padova, foro competente per area territoriale. “Per quello che riguarda le nostre valutazioni, valutazioni molto specialistiche – ha spiegato all’Agi l’avvocato difensore Antonio Serpetti del foro di Milano – sembrano confortarci nell’identificare quello contratto dalla mia assistita come un virus di laboratorio non circolante in popolazione. L’unica realistica possibilità è quindi quella del contagio”.
Stando alla sequenza genetica della perizia di parte, il virus che l’ha colpita non circola tra la popolazione, ma corrisponde a quelli costruiti in laboratorio. Quindi il contagio potrebbe essere avvenuto proprio durante l’attività di ricerca. La vicenda giudiziaria è nelle fasi preliminari, anche se i giudici hanno già fissato la prima udienza.
Per l’avvocato Serpetti l’Hiv da laboratorio “è curabile ma con più difficoltà, perché i farmaci disponibili sono stati sviluppati sui virus circolanti”.
(Fonte: Avvenire.it)