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Il coronavirus… coglie il Governo di sorpresa, spazza via l’autoreferenzialità e ci riporta alla realtà

Il coronavirus… coglie il Governo di sorpresa, spazza via l’autoreferenzialità e ci riporta alla realtà

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di Mario Primo Cavaleri

Chi avrebbe mai pensato di dover scrivere di isolamento e quarantena di interi comuni nella ricca, produttiva area milanese, il motore propulsore dell’Italia che, quattro secoli dopo la storica epidemia manzoniana, sprofonda nel panico, nella paura del contagio; mostra immagini surreali di strade vuote, locali chiusi; code ai supermercati e scaffali senza merce.

In 24 ore catapultati in una dimensione assurda, incredibile che lascia attoniti, esterrefatti:  Parlamento, talk show e mondo dei media fino al giorno prima impegnati in un imbarazzante megafono su immigrazione, navi sequestrate  ong e processi, su intercettazioni e guazzabugli in Giustizia, su chi entra o esce da Palazzo Chigi per liquidare l’Esecutivo. Un sardonico teatrino, un’immagine distorta delle vere priorità, perché fuori dai Palazzi la realtà è ben diversa, più seria e oggi resa drammatica dall’evenienza epidemiologica di cui nessuno sembrava preoccuparsi, quasi a volerla esorcizzare. Ed ecco l’improvviso esplodere dei primi, allarmanti dati provenienti dalla capitale economica, colpita in modo diretto e chiamata a dura prova.

Roma distratta prima ma pronta a farsene una ragione dopo: “Siamo il paese occidentale con maggiori casi perché noi più bravi, attenti e rigorosi, i primi in Europa ad attuare misure tempestive col blocco aereo da e per la Cina, controlli in numero di gran lunga superiore agli altri”. Una giustificazione beffarda che il premier Giuseppe Conte ha improvvisato in diretta su varie tv  nel tentativo di trovare una plausibile scusante all’incalzare dei numeri dell’epidemia che in concomitanza aumentavano in Lombardia. Salvo a fare una rapida retromarcia all’indomani, ammettere di essere stupito dalla gravità e, dopo gli iniziali ridondanti elogi al sistema sanitario accusare proprio un ospedale di essere stato il veicolo del contagio!

D’altronde la lettura dei dati era poco convincente: noi insuperabili per solerzia, precisione capillare nei controlli e perciò stesso i più sfigati?  Germania, Francia, Spagna, solo per citare i  vicini di casa, avrebbero fatto molto meno ma nel rischiare se la sono cavata meglio?

Il Governo, lacerato dal solito refrain delle liti di maggioranza oltre che dall’insopportabile battibeccarsi tra leader, ha perso tempo e sottovalutato quanto stava per accadere  e si è trovato impreparato. Lo dimostra operino il Consiglio dei ministri riunito per un’intera serata prima di decidere il da farsi ad emergenza già conclamata. 

Ciascuno si farà una sua idea, le interpretazioni si moltiplicheranno data la complessità dei temi afferenti ma i fatti inequivocabili ci presentano il triste primato di essere la nazione più colpita al mondo a parte ovviamente la Cina, dove ha avuto origine questo bizzoso e cangiante coronavirus, e la contigua Corea.

C’è pure da domandarsi: ma l’Europa in cosa è unita se in una condizione di allarme, con la salute dei cittadini del Vecchio Continente messa a rischio, non riesce a esprimere un’unica voce e assumere una posizione comune, una strategia unitaria? Lo “Spazio Schengen” con i suoi 26 Stati  che nel garantire la libera circolazione di persone  costituiscono un’unica frontiera, vale solo per l’economia? Il Trattato di Lisbona del 2007 che mira a rendere l’UE più democratica, efficiente e preparata ad affrontare i problemi di portata mondiale, come il cambiamento climatico, non opera in ambito salute?

Ecco, davanti a una criticità divenuta col passare dei giorni globale, che vede tutti i paesi Ue esposti a rischio in pari misura, ciascuno procede per conto proprio decidendo in autonomia senza alcun raccordo. Eppure non è accaduto tutto all’improvviso: l’epidemia è stata identificata intorno alla fine di dicembre 2019 nella città di Wuhan, capoluogo della provincia cinese dell’Hubei, in un gruppo di persone con sintomi di una polmonite da causa sconosciuta. I primi casi vengono fatti risalire a lavoratori del mercato del pesce cittadino, nel quale erano in vendita anche animali vivi. E i ricercatori più accreditati confermano che si sia trattato di virus in natura, cioè di trasmissione all’uomo da animale, quasi certamente da pipistrello. Le congetture di un batterio realizzato in laboratorio, cioè di un’arma batteriologica allo studio e  sfuggita ai ricercatori a quanto pare è solo fantasia.

Bene, se a Palazzo Chigi il tema era Salvini a processo, Renzi dentro o fuori, a Bruxelles l’agenda impegnava a parlare solo di bilanci, non del virus che intanto aveva già lasciato l’Asia per volare oltre Atlantico e giungere fin dentro le nostre mura. Sono stati considerati con supponenza i numeri, forse perché pochi in Germania e ancor meno in Francia… fino all’esplosione nell’hinterland milanese. E siamo così arrivati a venerdì 21 febbraio: col crescendo di contagiati, quattro comuni interdetti, cinquantamila persone in isolamento, scuole e università chiuse, eventi annullati, locali ed esercizi pubblici invitati a chiudere, cinque regioni coinvolte.

A dispetto dei sorrisi, dei tranquillizzanti discorsi di ministri e sottosegretari, dei ringraziamenti vicendevoli davanti ai microfoni per l’eccellenza che ciascuno riconosce all’altro in un’abbuffata di autoreferenzialità disdicevole, si fa fatica a digerire che in Europa siamo ultimi. Anzi, adesso… i primi.