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Rimpicciolita, invecchiata, con pochi giovani e pochissime nascite: così appare l’Italia vista attraverso la lente degli indicatori demografici, che restituiscono il ritratto di un Paese in forte declino demografico. Al 1° gennaio 2019 la popolazione italiana è pari a 60.359.546 residenti: 124.427 in meno rispetto all’anno precedente. Dal 2015 ‒ anno di inizio della flessione demografica, cosa mai accaduta prima dal dopoguerra ‒ si contano 436.066 cittadini in meno (l’equivalente dell’intera area metropolitana di Cagliari), nonostante l’incremento di 241.066 stranieri residenti. La caduta delle nascite è il segno più evidente di una capacità di crescita ormai andata persa. Infatti, nel 2018 il tasso di natalità è sceso a 7,3 per 1.000 abitanti, segnando un nuovo minimo storico di nati iscritti in anagrafe: 439.747, cioè 18.404 in meno rispetto al 2017 (fig. 7).
Sulla dinamica negativa pesa l’indebolimento della spinta alla natalità degli stranieri: nel 2018 i figli nati da genitori stranieri sono stati 12.261 in meno rispetto al 2013 e il tasso di natalità è sceso a 12,6 (era 16,7), con una media di figli per donna straniera pari a 1,98 (era 2,10).
La caduta delle nascite si coniuga con l’invecchiamento della popolazione. Nel 1959 gli under 35 anni erano 27,9 milioni rispetto a una popolazione complessiva di 49,6 milioni (il 56,3% del totale), i 35-64enni erano 17,1 milioni (il 34,6%) e gli over 64 erano 4,5 milioni (il 9,1%). Tra vent’anni su una popolazione di 59,7 milioni di abitanti gli anziani, seppure di poco, saranno più degli under 35: infatti, questi ultimi saranno 18,6 milioni (il 31,2%), mentre gli over 64 saranno 18,8 milioni (il 31,6%) (fig. 8).
Sulla riduzione della popolazione giovanile stanno avendo un effetto non secondario anche le emigrazioni verso l’estero, intensificate con la crisi. Nel 2017 (ultimo dato disponibile) su oltre 155.000 cancellazioni di residenza per l’estero, 114.559 sono quelle effettuate dai cittadini italiani, di cui più della metà (61.553, il 53,7%) hanno riguardato 18-39enni. E se l’emigrazione verso l’estero dei cittadini italiani dal 2007 è aumentata del 215,6%, quella dei giovani è cresciuta a un ritmo ancora più sostenuto: +226,8%. In un decennio, oltre 400.000 18-39enni sono emigrati, a cui si sommano gli oltre 138.000 giovani con meno di 18 anni (tab. 18).
Alimentano i movimenti dal Sud verso il Centro-Nord anche le migrazioni per motivi di studio, con tanti giovani originari del Mezzogiorno che decidono di trasferirsi nelle regioni centrali e settentrionali. Nell’ultimo anno accademico (2018-2019) le immatricolazioni di studenti originari del Sud in atenei del Centro-Nord sono state 25.107 (l’86,9% del totale delle immatricolazioni di studenti in un’altra area geografica, con 2.880 immatricolati in più rispetto a cinque anni prima), mentre 3.775 studenti (il 13,1%, ovvero 1.042 in più) hanno fatto il percorso inverso. Nell’anno accademico 2017-2018 (ultimo dato disponibile) le iscrizioni di studenti meridionali in atenei del Centro-Nord sono state 179.376 (il 90,1% delle iscrizioni in altra area geografica, 15.229 in più dall’anno accademico 2013-2014), mentre 19.729 (il 9,9%, 2.492 in più) sono state quelle di studenti del Nord e del Centro in università del Sud.