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di redazione
Cos’è un virus?
I virus sono dei microorganismi, praticamente immortali, non possono essere considerati essere viventi ma ai margini della vita, poiché per riprodursi hanno bisogno di infettare una cellula, costretti, come sono, ad essere un parassita obbligato. Ma la sua immortalità è data dal fatto che, con l’aiuto delle cellule che infetta, si replica in maniera assolutamente identica all’organismo che lo ha generato (come se fosse stampato) in milioni di esseri sempre identici gli uni agli altri. Probabilmente non ha coscienza del sé ma sappiamo che i figli che genera sono identici al padre.
Un altro aspetto importante è che i virus di per sé non sono cattivi, ma sicuramente sono egoisti, perché nella loro evoluzione i geni che li hanno fatti evolvere fino a oggi pensano solo a riprodursi per garantirne la sopravvivenza della genia. Come spesso però succede all’egoista che non considera l’economia come una forma di circolarietà, l’infezione che può determinare e che può portare a morte l’individuo che ha infettato porterà a morte anche l’agente infettante. Ma proprio la capacità di replicazione del singolo virus in una moltitudine di replicanti esattamente identici all’organismo dal quale si sono generati inficia la loro mortalità.
Anche i virus subiscono mutazioni genetiche che possono determinare, per loro, vantaggi evolutivi quali il mancato riconoscimento da parte del sistema immunitario dell’organismo ospite o la resistenza ai farmaci. Nel primo caso si producono problemi di reinfezione per i soggetti immunizzati alla prima versione del virus, nel secondo caso, difficoltà alla eradicazione.
La modalità di trasmissione dei virus è la più varia, i coronavirus, come tutti i virus influenzali, si diffonde attraverso la tosse e gli starnuti e le cosiddette goccioline di Flügge: microgocce di saliva (vapor acqueo) che rimangono sospese in aria e che veicolano numerosi agenti virali a seguito del normale parlare, di colpi di tosse o di starnuti. La quantità di virus emessa è direttamente proporzionale alla capacità infettante. Piccole quantità virali sono quindi meno a rischio di infezione di grandi quantità virali.
Dispositivi di Protezione Individuale (DPI)
La possibilità di infezione è quindi possibile solo attraverso il trasferimento di materiale organico da uomo a uomo. Una goccia di saliva
(dopo un colpo di tosse o uno starnuto) potrebbe essere proiettata involontariamente verso un individuo troppo vicino (con uno starnuto fino a 4 metri) o verso superfici che poi vengono in contatto sulle mani (maniglie, ad esempio).
Come si realizza l’infezione? Teniamo comunque conto che la carica virale è potenzialmente infettante in funzione della sua quantità virale che più è
numerosa, più è pericolosa. Inoltre bisogna tenere presente anche della capacità reattiva del sistema immunitario dell’infettato.
Ecco perché la corsa verso i Dispositivi di Protezione (guanti e mascherine). Esistono in commercio Semimaschere filtranti antipolvere che, munite di filtri di protezione per bocca, naso e mento. Si suddividono in tre classi in funzione dell’efficienza filtrante: FFP1, FFP2 e FFP3. Le lettere FF sono l’acronimo di “Facciale Filtrante”, P indica la “protezione dalla Polvere”, mentre i numeri 1, 2, 3 individuano il livello crescente di protezione (bassa > 80%, media > 94% e alta > 99%). In presenza di contaminazioni elevate o di agenti biologici estremamente pericolosi potrebbe essere necessario isolare completamente l’operatore dall’ambiente esterno impiegando maschere particolari collegate ad autorespiratori che forniscono aria diversa da quella dell’ambiente di lavoro.
Le attività sanitarie con rischio di contagio necessitano di maschere intere con protezione P2, aventi capacità filtrante pari almeno al 95%, perdita di tenuta non superiore al 10% ed efficienza di filtrazione dei microrganismi del 94%. Nell’esecuzione di particolari procedure assistenziali che possono aumentare il rischio di dispersione nell’aria di secrezioni respiratorie (es. broncoscopie, aerosolterapie) è raccomandabile dotarsi di protezioni aventi efficienza filtrante P3.
Ma qual è la durata di utilizzo di un filtro? È variabile e dipende dalla sua capacità di assorbimento o filtrazione, dalla concentrazione dei contaminanti, dal ritmo respiratorio dell’utilizzatore, dalla temperatura e dall’igrometria atmosferica. La maschera è satura quando indossandola si sente un odore sgradevole.
Non sono DPI le “mascherine chirurgiche” o “igieniche” sprovviste di filtro di cui alla norma UNI EN 14683, comunemente impiegate in ambito sanitario e nell’industria alimentare. Queste infatti appartengono alla categoria dei dispositivi medici e non proteggono l’operatore, bensì il paziente o l’alimento dalle possibili contaminazioni.
Perché utilizzare i guanti durante la vita di relazione?
Evitare che microrganismi, di solito contenuti in materiale organico (di solito muchi emessi parlando, a pochi centimetri, tossendo a meno di un metro o con lo starnuto a oltre 3 metri) presenti sulle mani vengano trasmessi ad altri in particolari condizioni di rischio infettivo i guanti vanno cambiati ogni qualvolta si modifichi il tipo di lavoro che si sta facendo e le mani devono essere lavate e disinfettate dopo la rimozione dei guanti (prevenzione della trasmissione delle infezioni per contatto diretto e indiretto). Il suo uso è obbligatorio quando si manipolano materiali che potrebbero essere contaminati da liquidi biologici (escluso il sudore), quindi il loro uso trova giustificazione per:
1) ridurre la probabilità che microrganismi presenti sulle mani dell’operatore vengano trasmessi ad altri nel corso dell’attività lavorativa.
2) fornire una barriera protettiva per prevenire la contaminazione grossolana delle mani in caso di contatto elementi organici potenzialmente infette
L’uso dei guanti è finalizzato alla protezione della cute sana e integra. Nel caso di lesioni cutanee il loro uso ritarda la guarigione, facilita l’ingresso di additivi e/o proteine del lattice
ed il conseguente sviluppo di allergie, pertanto l’uso di guanti deve essere evitato nel caso di lesioni cutanee fino a completa guarigione.
L’errata convinzione che sia necessario indossare i guanti prima di qualunque contatto con un potenziale infetto o con superfici da esso inquinate è molto diffusa ma profondamente errata. Questo modus operandi non comporta un migliore livello d’igiene.
Lavare o disinfettare accuratamente le mani, prima e dopo ciascun contatto con una persona potenzialmente infetta o con materiale potenzialmente inquinato è la procedura più corretta per il controllo delle infezioni. Questo perché la cute costituisce di per sé una barriera impermeabile all’invasione dei microrganismi ai quali siamo quotidianamente esposti.
La cute dell’uomo, se integra, è normalmente colonizzata da microorganismi, di solito saprofiti (che convivono con noi senza danno reciproco).
La cute, normalmente desquama in maniera impercettibile. Le squame prodotte contengono una certa quantità di microorganismi vivi. Se ad esempio, nel corso dei uno starnuto ci si è coperti la bocca con la mano, questa conterrà, nel caso di soggetti infetti, una certa carica virale che potrà essere trasferita a oggetti o superfici e quindi colonizzare la cute integra degli operatori.
La sicumera dell’uso dei guanti
Durante le attività quotidiane gli operatori accumulano progressivamente sulle mani microorganismi che vengono facilmente rimosse con il normale e frequente lavaggio sociale delle mani.
La precauzione di gran lunga più efficace per il controllo delle infezioni ospedaliere è quindi il frequente lavaggio e disinfezione delle mani.
L’erronea convinzione che l’uso di guanti possa sostituire il lavaggio delle mani, o addirittura garantire una maggiore igiene è dannosa. In quanto induce a comportamenti che piuttosto di ridurre il rischio di trasmissione di microorganismi, paradossalmente lo aumentano. Infatti la sensazione di falsa sicurezza induce a non lavarsi o disinfettarsi frequentemente le mani e a toccare con i guanti sporchi gli oggetti della quotidianità (arredi, maniglie, telefono, o peggio occhi, naso, capelli) che potenzialmente diffondono ulteriormente la trasmissione dei germi (anche nei confronti di chi è portatore di guanti).
Inoltre i guanti possono essere d’intralcio alle quotidiane attività che richiedono destrezza, provocare disagio manuale per effetto compressivo e/o per eccessiva sudorazione, determinare flogosi cutanea per macerazione e/o irritazione meccanica secondaria alla frizione della polvere lubrificante.
Quindi nel corso della quotidiana attività con il pubblico l’uso dei guanti è sconsigliato, va scoraggiato, e se persiste deve essere considerato arbitrario. Queste operazioni vanno precedute e seguite dal lavaggio sociale delle mani.