Views: 3
di Francesco Tomasello*
Il riconoscimento tributato a chi sta combattendo in prima linea la guerra contro il coronavirus, medici ed infermieri, ma non solo, è un sentimento diffuso che deve segnare una svolta nel rapporto fra gli operatori ed i fruitori dei servizi sanitari in questo Paese.La Sanità per il suo impatto sociale ed il suo ruolo strategico, ancor più evidenziati in questa drammatica contingenza, dovrà innovare la sua organizzazione, il suo approccio ai bisogni e le regole che l’hanno governata fino ad oggi. Senza trascurare il valore della corretta informazione che deve “coinvolgere” i cittadini nei percorsi di prevenzione e cura, con parole semplici e comprensibili.Il bilancio, ancora provvisorio, di 18 medici e tanti operatori sanitari che hanno pagato con la vita la dedizione alla loro missione ed i 4.824 contagi certificati dall’ISS fanno apparire come una vergogna la storia delle aggressioni subite dal personale sanitario nel recente passato. Purtroppo, ha anche messo in evidenza il fatto che i medici e gli infermieri pagano lo scotto dei tagli alla spesa sanitaria, delle disfunzioni organizzative e, a volte, delle carenze di un adeguato supporto tecnologico. Essendo essi la prima linea dell’assistenza, è inevitabile che i pazienti li identifichino come gli unici loro interlocutori nel bene e nel male. Emblematico e condiviso da troppi colleghi appare il recente appello di una infermiera di una Regione del Nord “Combattiamo una guerra con armi spuntate”.Non è una visione soggettiva, ma una verità documentata da quell’8% di contagiati, il doppio della percentuale registrata in Cina: sono mancati i dispositivi di protezione individuale. Non può bastare l’eroismo di medici ed infermieri se mancano i mezzi adeguati.Abbiamo assistito al giusto compiacimento per i medici italiani che si impegnano nella ricerca con risultati eccellenti e sono un vanto per il Paese. Ma poi “scopriamo”, quasi con sorpresa, una realtà denunciata da anni, che molti di loro sono precari nelle Università e negli Ospedali e che in Italia il sostegno alla ricerca è tra i più bassi in Europa. Molti colleghi, pur lavorando con molte difficoltà in Sicilia, riescono a condividere con orgoglio le proprie esperienze e rappresentare le eccellenze del nostro Territorio nei Congressi nazionali ed internazionali. In questo contesto, rischia di apparire ingenerosa l’affermazione, più volte sentita in questi giorni, che la Sanità delle Regioni del Nord è in conclamata sofferenza ma si può immaginare cosa potrebbe accadere nelle aree del Sud dotate di una Sanità “più debole e peggio organizzata”. Non si può escludere che eventuali disfunzioni possano creare maggiori problemi ma si può essere certi che la risposta professionale e la dedizione di medici ed infermieri del Sud non saranno meno competenti e generose.Bisogna essere tuttavia preparati, perché ancorché il numero dei contagi appaia ancora relativamente contenuto in Sicilia, al ritmo di crescita attuale del 20% al giorno, nei prossimi giorni rischiamo di avere molti pazienti in Rianimazione, auspicando ovviamente che questa evenienza non si verifichi. Bisogna considerare che purtroppo continuano ad esistere altre patologie che richiedono posti in Rianimazione. In queste condizioni, i 500 posti di Terapia Intensiva e Sub-intensiva programmati dalla Sanità regionale potrebbero essere insufficienti.Non sappiamo quanto durerà questa situazione, in ogni caso importanti lezioni ci vengono impartite da questa emergenza coronavirus, che saranno utili per il tempo della rinascita. È opportuno citarne almeno alcune: 1) Bisogna implementare la governance della Sanità con la competenza medico-scientifica e la conoscenza delle tecnologie biomediche innovative; 2) Bisogna essere capaci di indirizzare il riconoscimento unanime ai medici ed agli infermieri verso la ricostruzione di quel rapporto fiduciario con i pazienti in parte purtroppo incrinato nel recente passato; fare della Medicina centrata sulla persona, intesa in senso globale psico-fisico, non una mera dichiarazione di principio ma una pratica clinica esclusiva; in tal senso, la Medicina territoriale dovrà avere un ruolo ancor più strategico nel modello sanitario; 3) Ripensare la Sanità pubblica e privata non solo in termini di produzione quantitativa di prestazioni (i cosiddetti DRG) ma nell’ottica di premiare il merito nella erogazione dell’assistenza che oggi si misura con i benefici clinici conseguiti, coerenti con i dati scientifici internazionali. Continuare ad accompagnare con amore i pazienti nel loro percorso diagnostico-assistenziale e valorizzare i risultati ottenuti come unico parametro dell’eccellenza clinica rappresenteranno la brezza salutare di un impegno riconfermato e la rassicurante eredità dell’attuale inimmaginabile tragedia.
*Presidente Onorario Federazione Mondiale di Neurochirurgia