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Da Patti a Liverpool sul sottile filo della musica dei Beatles e della pittura

Da Patti a Liverpool sul sottile filo della musica dei Beatles e della pittura

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di Mario Pollicita

Cominciai ad ascoltare le canzoni dei Beatles parecchi anni fa, da bambino, quando da noi erano del tutto sconosciuti e la loro musica era apprezzata solo da pochi che, precorrendo i tempi, ne avevano intuito il valore innovativo. Fra queste persone c’era mio fratello Michelangelo, di qualche anno più grande di me, violinista presso il Conservatorio di Messina, che accanto agli autori classici come Chopin e Beethoven, amava la musica dei Beatles fin dai primi anni 60; lui mi fece ascoltare le loro canzoni fin da quando ero un ragazzino. e così quei motivi musicali mi diventarono familiari nel corso degli anni, pur non riuscendo a capire inizialmente il significato dei loro testi che ovviamente erano in inglese. Lui mi diceva che i Beatles sicuramente sarebbero entrati nella storia della musica perché avevano una formidabile carica innovativa, una genialità musicale eccezionale che, anche per un insieme di fattori ambientali e personali irripetibili, li rendeva l’espressione del desiderio di cambiamento di una generazione. Mio fratello morì a soli 25 anni nel 1975 ma poi si è avverato ciò che lui aveva previsto; infatti i Beatles sono stati un fenomeno socio-culturale unico, il mito di un’epoca; essi hanno influenzato almeno tre generazioni di musicisti ed hanno contribuito a modificare l’arte, la moda, il modo di vivere. Sono stati come disse George Martin, la voce di un’epoca.

Così i Beatles mi hanno accompagnato con le loro canzoni dalla mia infanzia fino ad oggi; la loro musica mi ha fatto avvertire nei diversi momenti della mia vita emozioni, sensazioni impalpabili, atmosfere, stati d’animo che io ho cercato di esprimere nel disegno. Infatti credo che, oltre la musica, questo sia il solo mezzo con il quale è possibile trasmetterle agli altri.

I primi quadri li realizzai sviluppando i disegni che avevo fatto su un mio diario scolastico degli anni del liceo. Non si tratta di rappresentazioni o di interpretazioni fedeli dei testi delle canzoni dei fab four ma sono, come ho detto prima, tentativi di comunicare sensazioni ed emozioni che nascevano ascoltandole. Così organizzai alcune mostre di questi miei disegni, nel 1974 a Patti, poi a Capo D’Orlando e nel 1989 a Casale Monferrato, in Piemonte: quest’ultima era intitolata “The long and winding road“, prendendo spunto dalla famosa canzone dei Beatles che Paul Mc Cartney scrisse nel 1969 quando ormai il complesso stava per sciogliersi: per me quella canzone esprime, in termini poetici , il sentimento degli anni passati insieme, idealizzandoli , con la speranza – certezza che la lunga e ventosa strada fatta assieme non scomparirà mai.

Ma la mostra per me di gran lunga più importante, densa di significato è quella che ho realizzato in Inghilterra, a Liverpool nel 1992 presso il Cavern Club, lì dove idealmente iniziò la storia dei Beatles. Ricordo ancora la grande emozione che provai quando atterrai all’aeroporto della cittadina dopo aver sorvolato, da Londra, la campagna inglese ed il fiume Mersey. Tutto qui ricordava i fab four: il primo numero dell’”Echo di Liverpool“ che lessi riportava la notizia che padre Mc Kenzie (in Eleanor Rigby) era morto in quei giorni. Quindi era realmente esistito mentre io credevo che fosse solo un nome di fantasia, una immagine creata dalla poesia di Paul Mc Cartney. Poi andai in giro per la città di Liverpool e con notevole emozione vidi i posti che i Beatles ricordavano nelle loro canzoni: la rotonda di

Penny Lane, che mi sembrò immutata e quasi eterna con i suoi personaggi sempre li fermi in quella dimensione senza tempo, sotto i ”cieli suburbani”, dove mi sedetti pensando al passato; la tenuta di Strowberry fields, con le innumerevoli firme dei numerosissimi visitatori lasciate sul cancello e sui pilastri all’ingresso, come fossero un applauso a John Lennon; le case con i comignoli, le lapidi nei giardini delle chiese, le cabine telefoniche, la gente comune per la strada, il Jacaranda, Menlove avenue, Mattew street, tutto ricordava ed allo stesso tempo spiegava la musica, i testi e l’ispirazione delle canzoni di quei quattro ragazzi che sono nati ed hanno vissuto la loro gioventù in questa città.

La mostra di Liverpool fu ideata come un evento multimediale in cui esponevo i miei quadri con i testi in inglese ed in italiano delle composizioni dei Beatles a cui si riferivano e, nello stesso tempo, venivano presentate alcune coreografie interpretate da ballerine che danzavano sulle note di alcune loro canzoni. Accanto ai disegni vennero esposti giornali italiani degli anni 60 con articoli che riportavano commenti e valutazioni sulla musica del quartetto di Liverpool insieme con copertine originali dei loro dischi; questo per dimostrare come era considerato il “ fenomeno Beatles“ in Italia durante gli anni 60. In quei giorni di agosto 1992 era in corso una traversata trans-oceanica a cui partecipavano molte navi a vela (tall ships) in occasione del cinquecentesimo anniversario della scoperta dell’America e per l’occasione molte persone erano venute a Liverpool da tutto il mondo e così ebbi modo di parlare dei motivi di questa mostra con parecchia gente che veniva a vederla, ma certamente è stato molto importante per me conoscere e discutere a lungo con il primo manager dei Beatles (Allan Williams).

Per concludere, spero di essere riuscito in poche righe a sintetizzare il mio rapporto con i Beatles e comunicare il particolare significato che la loro musica ha avuto ed ha per me.

Foto all’ingresso del Cavern Club insieme con le ballerine di Patti, la sindaca (al centro) di Liverpool ed il primo manager dei Beatles (con i capelli bianchi alla sua sinistra)
La brochure della mostra multimediale che nel 1992 è stata distribuita sia a Liverpool che in Italia in occasione della mostra
Uno dei quadri che presentati a Liverpool: E’ relativo ad una canzone scritta da George Harrison (il lato B di Penny Lane) ” The inner light ” la luce interiore