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Intervista all’anestesista messinese Giacomo Simeone impegnato in Lombardia contro il virus

Intervista all’anestesista messinese Giacomo Simeone impegnato in Lombardia contro il virus

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di Giuseppe Zagami

Il 20 Marzo 2020 in Gazzetta Ufficiale veniva pubblicato un bando nel quale si chiedevano aiuti eccezionali per la grande emergenza che si sta vivendo in Lombardia. La risposta da parte dei medici del nostro paese è stata straordinaria. Per 300 posti disponibili, sono stati 8mila coloro che con grande spirito di abnegazione e sacrificio hanno partecipato al bando. Oggi ci troviamo a parlare con uno dei 300 selezionati per aiutare a superare questo momento di grande difficoltà, il Dottor Giacomo Simeone, 32 anni, Anestesista e Rianimatore.

Dottor Simeone cosa ha pensato quando ha letto il bando della Protezione Civile?

Quel bando della Protezione Civile – la formazione della Task Force medica – sembrava fatto proprio per me. Sono un anestesista, sono giovane, lavoro presso un ospedale, quello di Taormina (ME), non Covid, in cui al momento, per fortuna, non ci sono problemi ed ho pensato: “se non vado io, chi dovrebbe farlo?”

Non ha pensato ai suoi familiari che l’avrebbero saputa in una zona così ad alto rischio?

Più che pensare alla loro preoccupazione, ho pensato alla loro salute. I miei genitori sono nella fascia della popolazione maggiormente a rischio, qualora contraessero il virus, lasciarli qui non è stata sicuramente una scelta semplice. Ho comunque deciso di partire vista l’emergenza che si sta vivendo in Lombardia, ma ho fatto promettere ai miei di chiamarmi tutti i giorni. In questo momento sono a casa, non escono e stanno bene, quindi i rischi sono al minimo.

Cosa ha pensato quando le hanno comunicato che era uno dei trecento selezionati?

Ho ripensato agli anni di Università a Messina, sono specialista da poco, meno di due anni, Dirigente Medico solo da qualche mese, di certo non mi sarei aspettato una situazione simile da dover affrontare. E poi al periodo trascorso in Humanitas, a Milano, a tutti i colleghi, gli infermieri, gli amici in difficoltà ed al fatto che adesso avrei potuto aiutarli in un modo o nell’altro.

Cosa è successo dopo la chiamata?

Ho organizzato tutto quello che poteva servirmi ed a distanza di poco sono partito. Non nascondo la paura che mi ha accompagnato, ma non ho avuto comunque alcuna esitazione. Il primo step era il controllo a Roma, così insieme agli altri colleghi ci siamo fermati una notte lì per eseguire il tampone naso-faringeo in modo da avere la certezza di essere negativi. Il giorno seguente, con un volo militare su Orio al Serio, siamo arrivati al cuore della pandemia italiana, Bergamo, accompagnati dal Ministro Boccia.

In che ospedale è stato assegnato?

L’ospedale Morelli di Sondalo. Ammetto di averlo cercato su Google Maps, provincia di Sondrio, Valtellina, per intenderci. Siamo tre colleghi anestesisti, io, un romano ed una friulana.

Com’è stato l’arrivo in ospedale, cosa ha trovato?

La realtà trovata qui non è molto diversa da quanto descritto in tv: l’ospedale è stato stravolto nella sua struttura ed organizzazione, i reparti di qualsiasi specialità ormai accolgono pazienti COVID19, le sale operatorie sono un’unica grande rianimazione e non c’è da stupirsi nel trovarsi a parlare di saturimetria ed emogasanalisi con colleghi di altre branche, normalmente più avvezzi ad altri argomenti.

Cosa l’ha colpita di più?

Quello che colpisce, non è solo la mole di lavoro quotidiana tra ricoveri, assistenza ed a volte, con grande gioia, dimissioni, ma il modo in cui tutto viene affrontato dal personale: mai una parola fuori posto nonostante lo stress, mai nessuno che si tiri indietro nonostante il rischio, estrema gentilezza da parte di chiunque si incontri, anche fugacemente, lungo i corridoi delle corsie. Ognuno svolge ordinatamente ed instancabilmente il proprio lavoro. Non è solo professionalità, va oltre: è solidarietà.

E’ stato accolto bene quindi?

Assolutamente si. Noi medici volontari, forse perché inaspettati, siamo stati accolti da sorrisi e ringraziamenti anche solo per il semplice fatto di esser lì. In fondo era questo il senso della missione, credo. Mostrare vicinanza, alleviare le fatiche del personale sanitario e le sofferenze dei pazienti, “raddoppiare le gioie e dividere le angosce”.

Quanto ha influito nella scelta fatta il servizio prestato presso gli scout di Messina ed il motto “estote parati”?

Estote parati, è una locuzione latina, significa “siate pronti” o “siate preparati”. Più che un motto è una forma mentis che si acquisisce e forse ne ho dato prova.

Un commento

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