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di Filippo Cavallaro
Un libro di Pablo Prestifilippo, non un romanzo, non un fumetto, né una grafic novel, eppure interessante per il testo essenziale e per le originali illustrazioni. Si tratta del “Manuale degli oggetti ribelli” pubblicato da Orecchio acerbo.
In una delle storie, quella dei suoi rubinetti, che considera dei veri e propri spiritelli rumorosi, parla di come si vendicano contro gli abitanti della casa, della costrizione, che li lega con il tubo al lavandino. Di notte, questi malvagi oggetti, tutti insieme cominciano a gocciolare, creando, con il ritmo preciso, l’effetto della pioggia, e costringendo le brave persone, preoccupate per il bucato, ad alzarsi precipitosamente per raccogliere i panni stesi.
Questo racconto dove i rubinetti fanno i fantasmi, alla “poltergeist”, mi dà l’assist per parlarvi di una esperienza traumatica che visse un ecclesiastico durante un periodo di esercizi spirituali presso una casa famiglia per disabili. Il sacerdote corse il rischio di cavarsi l’occhio sinistro. In questo caso il rubinetto mostrò tutta la sua realtà, la sua consistenza, la sua pericolosa aggressività. Si proprio di violenza si tratta. Anzi a dire il vero di aggressività legalizzata.
La storia è questa:
La comunità di persone disabili abitava una casa che era stata costruita, su misura, intorno a loro. Avevano cominciato a vivere insieme da giovani, provenienti da varie istituzioni avevano avuto il coraggio di realizzare già 50 anni fa una casa famiglia sperimentale, in contemporanea a quanto accadeva al nord. Di fatto nella casa esistevano quattro tipologie di bagni diversi già da tanti anni. Ognuno con caratteristiche che lo rendevano comodo ed accessibile in autonomia al momento del bisogno, a seconda delle specifiche esigenze e difficoltà di ognuno di loro, in autonomia. C’era anche quello per gli ospiti, era grande, idoneo per accogliere anche chi avrebbe potuto avere bisogno di assistenza per utilizzarlo. La casa e le persone abitanti erano state preparate e testate per affrontare, in autonomia, anche una eventuale emergenza catastrofica, come un terremoto.
Accadde, un giorno, che ricevettero la visita da parte di una commissione che avrebbe dovuto verificare l’accessibilità dei locali. Purtroppo gli esperti non ritennero valide tante soluzioni architettoniche originali e, nel rispetto della legge, imposero degli adattamenti. Uno tra i tanti ai rubinetti che non rispettavano la normativa in nessun locale adibito a bagno.
Ci fu tanta amarezza nella casa famiglia, loro, le persone disabili, vedevano il rischio di dover perdere la comodità nell’uso del “proprio” bagno, forse addirittura l’autonomia. Fecero riunioni ed assemblee, anche invitando gli amici che frequentavano la casa. Poi un’idea geniale. Adattiamo, a “norma di legge”, il bagno che è a disposizione degli ospiti, e che noi non usiamo, propose Nathal. Fu così che la commissione nella visita successiva trovò rispettata la legge, c’era il bagno per disabili, corrispondeva alla legge, e ne certificò l’accessibilità.
Purtroppo il nuovo rubinetto era di quelli legali, un “miscelatore monoforo cromato con leva clinica”, per intenderci aveva la manopola lunga più di 20 centimetri. Proprio per quest’ultima caratteristica, procurò una disavventura all’incauto ospite. Come già detto il rubinetto mostrò tutta la sua realtà, la sua consistenza, la sua pericolosa ostilità. Con violenza manifestò la sua aggressività legalizzata, approfittando dell’abitudine del religioso di chinarsi in avanti per sciacquare il viso. Questo gesto imprudente lo portò al traumatico contatto, a subire lo scontro con il malvagio rubinetto, fortunatamente evidenziato solo da una lieve ecchimosi orbicolare, limitata grazie all’applicazione immediata di crioterapia.