Views: 5
di Nino Gambino
In questi ultimi mesi la drammatica emergenza sanitaria del coronavirus, ha chiamato in prima linea, la classe sanitaria tutta e, soprattutto, i medici di tutti i ruoli e grado (universitari, ospedalieri, liberi professionisti, e soprattutto medici generici).
Tali figure, ma soprattutto “in primis” i medici generici, sono stati improvvisamente mobilitati per affrontare e combattere il coronavirus, gravati non solo dall’enorme peso psichico di un incognito totalmente incerto, mobile ed in continua e rapida evoluzione ma, anche, stressati dal continuo lavorio mentale, sorto e spinto alla crescita incontrollata, da espressioni quali “nemico invisibile”e “mostro”, di comune utilizzo nell’asmatica ricerca di definibilità.
La politica sanitaria, forse perché:
· responsabile, tra l’altro, degli inadeguati investimenti del passato evidenziati adesso, dalla insufficienza e precarietà di mezzi disponibili e,
· “spaventata e costretta”, da un’improvvisa emergenza mostratasi in tutta la sua estrema gravità,
non ha potuto, adeguatamente e costantemente, accompagnarli e guidare nel difficilissimo compito loro affidato. Inevitabilmente, in nome di una professionalità non sempre loro riconosciuta e subordinatamente al loro grado di sensibilità e altruismo, sono stati costretti ad operare , come è diventata prassi dire, “a mani nude” .
Forse i colleghi non sono stati ragguagliati adeguatamente a causa delle poche e insufficienti, informazioni disponibili. Hanno, conseguentemente, compiuto (e continuano a svolgere) il loro compito con dignità e lodevole applicazione ma, in una “precaria solitudine” determinata, anche dal fatto, che trattasi di un agente patogeno con caratteristiche biomolecolari particolari e diverse da quelle degli altri agenti virali fino ad ora conosciuti.
Purtroppo la storia racconterà che, per il loro devoto sacrificio, molti sono rimasti sul “campo di battaglia” e profondi vuoti di supporto affettivo e/o economico, si sono creati nelle loro famiglie! Lodi e ringraziamenti (talvolta solo di rito) non potranno, ne’ora ne’ mai, riempirli! L’avverbio di dubbio, qui, non può essere ”ospite d’adeguato uso” grammaticale come nella descrittiva precedente: trattasi, disgraziatamente, di assoluta e tragica obiettiva certezza! Credo, comunque che, a detto avverbio, sia bene ancora condizionare ciò che in seguito sarà riportato, fino a quando tutti avremo la chiara coscienza per capire che, di questi gravissimi accadimenti, siamo tutti responsabili quali diretti addetti sanitari e/o fruitori di prestazioni e che, di nessuno ed in nessuno, si cercano colpe.
Forse lo stato d’emergenza ha determinato che le informazioni pervenute ai colleghi di medicina generale, e a tutti gli altri medici operanti in ambienti diversi, riguardassero, principalmente, l’adozione di un consigliato e ritenuto opportuno modo di operare. Certo il rischio di adozione, di ogni qualsiasi nuovo metodo operativo, che viene impiegato in ogni umana azione, è sempre alto! E, puntualmente, alto è stato, non solo il prevedibile rischio ma, anche il prezzo che la classe medica ha dovuto pagare e sta continuando a pagare!
Di fronte all’emergenza coronavirus, purtroppo, il Sistema Sanitario ha dovuto mostrare tutte le crepe e le insufficienze per un passato politico “vario” ma, quasi sempre, volto alla parsimonia di una linea
prestabilita. Subito i suoi edifici si sono dimostrati, privi di arredamento e/o, quantomeno, con insufficienti suppellettili, inadeguati per le esigenze degli inquilini! Conseguentemente, il sistema, non ha potuto “mettere in campo” quella minuziosa, specifica, capillare e dettagliata ma, sostanziale e valida organizzazione, che le necessità incombenti richiedevano, per molti motivi, tra i quali:
· le esigue disponibilità economiche e le lungaggini burocratiche, che chiaramente nell’immediatezza non lo potevano supportare.
· la conseguente reale indisponibilità, nell’immediato, dei mezzi più essenziali (mascherine, tute, camici, sanificanti) con i quali sarebbe stato obbligo non solo legale ma anche e, soprattutto morale, dotare per equipaggiare in tempo strutture, medici, operatori e, al bisogno, anche molti stessi pazienti.
· l’incognita derivante dal primo impiego e, conseguentemente, il dubbio legittimo di “un’adeguata e sufficiente funzionalità”.
· le precarie e incerte, eventuali, forme di controllo, se ed ove previste. Qualsiasi metodo suggerito e consigliato in questa lotta con il coronavirus, avrebbe incontrato un limite quasi invalicabile, nel momento in cui, si sarebbe dovuto adeguare alle condizioni di estrema variabilità della patologia, della presenza di comorbilità e del luogo di residenza di ogni paziente!
· le ulteriori difficoltà della posizione, funzionale e operativa, dei colleghi di medicina generale “costretti “ da anni ad adeguarsi nel perseguire una politica di eccessivo rigore, in tema di prescrizione di esami emato/strumentali e farmacologica. Ovviamente, per questo, non avrebbero potuto percorrere, senza esitazione e in tranquillità, contemporanee strade parallele per correggere le eventuali criticità, di carattere non acuto, rilevabili e rilevate.
· la reazione psicologica o, meglio globale, degli assistiti che si sono sentiti turbati, stupiti e confusi: comunque impreparati al nuovo modo di operare del proprio medico di fiducia (generico e/o specialista) anche per la mancata disponibilità dei presidi che, espressamente, si richiedeva loro di utilizzare. Molti di essi da sempre, supportati da proprie abitudini, divenute nel tempo riti di fiducia e stima verso il proprio medico, si sono sentiti abbandonati e, purtroppo, hanno tralasciato e/o rimandato le specifiche terapie di altre patologie.
Era inevitabile, come i fatti dimostrano che, nella lotta con il coronavirus, si verificassero:
· disguidi ed incomprensioni di comunicazione, equivoci di esecuzione, titubanze ed esitazioni d’azione. La speranza è che lo stato d’emergenza (come in altri ambiti) ne ponga rimedio, ove il buon senso, possa identificarlo come causa delle stesse discordanze e dissonanze di cui sopra.
· un aumento del numero e del grado di severità di altre patologie, specie cardiovascolari.
· un aumento del numero di pazienti anziani e/o non deambulanti, abbandonati praticamente al proprio domicilio, senza la possibilità di essere sottoposti a visite ed adeguati controlli relativi alle proprie affezioni.
Il coronavirus ha scoperto tante molteplici criticità del Sistema Sanità! A ogni sanitario, medico o non medico, molte mancanze ritorneranno in mente, quando avrà il tempo, la voglia e l’umiltà di “fermarsi “ a riflettere e prendere coscienza che la perfezione non è in noi, né mai lo sarà. Perciò ”puntare” a un lavoro collaborativo di gruppo e “sostenerlo con continuità”, rappresenta l’arma migliore per difendere, proporre e agire per il bene comune ma, soprattutto, per favorire un delicato e difficilissimo iter per un del necessario cambiamento.
Spero che tutti gli operatori ora si rendano conto di avere sempre “sospettato” che il sistema sanitario andava necessariamente migliorato ed adeguato per essere attendibile, visibile, efficiente e, quando possibile (in accordo con le leggi della natura) anche risolutivo. Non abbiamo avuto la volontà e la forza per farlo, in utili tempi e con adeguati modi ma, ci rimane ancora la possibilità di iniziare a operare per rimuovere le obiettive e visibili carenze che il coronavirus ha evidenziato e di acquisire l’abitudine di curarlo continuamente e ottimizzarlo in futuro! Questo potrà essere un altro argomento da analizzare in altro tempo e luogo.
Le criticità immediate che penalizzano e colpiscono, in atto, i medici, al di fuori delle loro stesse abilità, sono ben visibili ed accertabili. Anch’esse insidiano la dignità, la fiducia e la sicurezza di ognuno di loro esasperandone, nello stesso tempo, i dubbi e diminuendone la produttività nei relativi campi d’intervento.
Dopo più quattro mesi dall’inizio dell’emergenza molti colleghi (soprattutto generici e liberi professionisti) non possono fluire ancora dei presidi indispensabili (mascherine, tute, camici, scarpe, alcool, sanificanti) per fare il loro lavoro in modo dignitoso e soddisfacente. E’ inconcepibile non trovare tute monouso e alcol etilico per esempio!
Credo che nessun medico pensi di fare pesare, economicamente, il problema sull’Ordine ma, sarebbe legittimo e apprezzabile se l’Ordine stesso, trovasse il modo di prendere una pratica e decisa posizione di difesa della dignità dei propri iscritti, anche sull’argomento che riguarda la disponibilità, fruizione e godimento dei mezzi in discussione, sia per questa emergenza sia, preventivamente, per altre analoghe situazioni che si potrebbero verificare in futuro.
Possibilmente:
· assumendo il compito di relatore e referente nelle sedi idonee
· stipulando un’adeguata forma di dettagliato accordo/collaborazione con serie ditte produttrici di materiale sanitario e, conseguentemente, salvaguardando i propri iscritti dagli insani propositi, per un facile guadagno, d’improvvisati e inaffidabili commercianti.
· consigliando, ai medici che ne avranno bisogno e faranno richiesta, le sedi ed i luoghi dove potersi rifornire e, rendersi garante della qualità dei prodotti.
· intervenendo per facilitare l’acquisto e abbreviare i tempi di fornitura e consegna.
Il coronavirus, pur nella sua tragicità e nella sua, palesata, estrema difficoltà di sorveglianza e controllo, ha evidenziato anche quali dovrebbero e dovranno sempre essere, in misura di numero e dimensioni, gli spazi necessari che il Sistema Sanitario, nella propria organizzazione funzionale e operativa, deve necessariamente e costantemente occupare!
Forse è fondamentale che ognuno, nel proprio ruolo, trovi il tempo e lo spazio per “aprire e coltivare” un angolo personale e quotidiano di riflessione anche in assenza induttiva di stimoli esterni nati da riviste e quotidiani che, però, non sempre li prevedono, li palesano e li diffondono con tempi adeguati e metodi opportuni.
Forse è utile che tutti riprendiamo coscienza che la Sanità e la Medicina sono due forme di “necessità sociale”, distinte e separate. La medicina esprime il bisogno sociale di pratica e godimento di cure, la sanità, il dovere sociale d’istituzione e organizzazione di cure. Nel tempo, i contorni della “definizione e identificazione esecutiva” di tutte le figure operanti nella Medicina e nella Sanità, si sono avvicinati e, talvolta si sono sovrapposti, forse:
· legittimando sinonimi non sempre reali. Per esempio un sanitario, spesso identificato come medico, non sempre lo è!
· creando inevitabili sviste e malintesi nei ruoli, responsabilità, oneri e onori.
· disorientando l’uomo della strada, che in possesso di esigui elementi di giudizio e sopraffatto dal peso delle proprie necessità immediate, frequentemente identifica la sanità con la medicina e, la medicina con la sanità!
· contribuendo, alla nascita di un subdolo e “diabetico” (il termine non è sintatticamente idoneo ma, riassume bene il carattere e i rischi) atteggiamento individualista di “classe” che, rappresenta la ragione e il principio, di una progressiva, ed evidente, chiusura collaborativa tra le diverse figure della Medicina e della Sanità.
· originando, in parte, quel rapporto “conflittuale tra la classe medica e la società” che tutti sentiamo il bisogno di “appianare e annullare” nel rispetto di tutte quelle figure sociali (medici, politici, dirigenti e operatori tutti) che quotidianamente mostrano un loro chiaro e visibile impegno.
Forse (ed è l’ultimo avverbio di codesta nota) sarebbe necessario e utile, ricordare, riesaminare, (e al bisogno) anche rivedere e legittimare (con adeguata informazione a operatori e fruitori) compiti, rapporti e interrelazioni tra Medicina, Sanità, Politica Sanitaria e Sistema Sanitario.
Noi tutti speriamo che il Sistema Sanitario, comunque, sia sempre in grado di:
· tracciare, indicare, curare e mantenere sempre “libera”, la strada a tutte le forme di Medicina riconosciute (dagli organi competenti) valide, utili, legittime e legali.
· facilitare e favorire, tutte le forme di Medicina riconosciute, a operare entrando sempre dall’“Ingresso Principale”.
· ricordarsi che tutte le forme di Medicina riconosciute per essere credibili, efficienti e funzionali, hanno l’onore ma, soprattutto, l’onere di questa via d’accesso, non per la gloria ma per la Visibilità!
La Medicina in tutte le sue forme riconosciute (pur se nel tempo dovrà adeguarsi a variabilità di metodi, risorse e necessità contingenti) sarà fortunatamente “condannata” a centrare sempre il solo e unico bersaglio, indicato da Ippocrate: la difesa della salute umana!