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Ci insegnavano… “Prendi a modello”

Ci insegnavano… “Prendi a modello”

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di Diego Celi

Scriveva Aristotele che “la speranza è un sogno ad occhi aperti”. I sogni sono importanti perchè permettono di scrutare l’orizzonte, coltivare la speranza e programmare il futuro. Un popolo che sogna è un popolo che supera qualunque calamità. Ha fatto scalpore l’uso del termine “irredimibile” coniato da Leonardo Sciascia a proposito della Sicilia. Lo scrittore e, con lui tanti siciliani, alla luce di una realtà
immutabile, ha espresso un doloroso pessimismo sulle capacità di cambiamento dell’Isola. La crudezza dei dati Svimez del 2019 relativi alla Sicilia, danno ancora una volta ragione al lucido intellettuale e inarrivabile scrittore. È mancata l’ossatura di una classe dirigente, fornita di una bussola con la quale orientare e guidare un popolo attraverso regole condivise ed una idea del domani. Il clientelismo, poi, ha irretito e manovratocinicamente la classe media e impedito la nascita e lo sviluppo di una borghesia, che avrebbe dovuto sanare ferite profonde e risolvere l’annosa e umiliante questione meridionale. Esiste un
rispettabile movimento di opinione che ha in Pino Aprile il “Braveheart” del Sud. L’autore di (Terroni
2013, Carnefici 2016 Ed.Piemme), ritiene che L’Unità d’Italia sia “l’origine di tutti i mali”. Le argomentazioni di Pino Aprile non sono prive di fondamento: documenti storici attestano lo stato di miseria in cui versavano gli Stati Italiani prima dell’Unità d’Italia. Quanto di seguito riportiamo vuole suscitare riflessioni soprattutto in questo momento di declino sociale ed economico. Nel 1876 il tasso di emigrazione del popolo veneto era del 7,7 per mille, dal 1888 al 1891 la percentuale raggiunse punte del 40 per mille. Una diaspora. La sola provincia di Treviso, che in quel tempo faceva circa 400.000 persone ne perse 150.000 (Giacinto Cecchetto -Qua bisogna andare via-). Il 1970 è un anno storico per il Veneto: lo spartiacque tra la grande miseria che a fine Ottocento gli aveva valso l’etichetta di “Sud del Nord” e i primi scalini di un benessere diffuso che si è trasformato in “materia di studio mondiale” e che ha fatto del Veneto una delle Regioni più ricche e sviluppate d’Europa. Due segnali inequivocabili anticipano tale intrepida ascesa: il censimento del 1971 che pone fine al l’emigrazione di massa, che aveva portato all’estero 5milioni di veneti; la industrializzazione che porta il numero degli addetti all’industria oltre la soglia del 50%. Sono
queste autentiche pietre d’angolo, per un Ente Regione che nasce dopo vent’anni di ritardo rispetto
al dettato Costituzionale. Mentre il Governatore della Sicilia, Nello Musumeci, dichiara “Sicilia
senza futuro, migliaia di giovani lasciano l’Isola
” (Repubblica 24 Ottobre 2018), Francesco Jori
(Storia del Veneto, 2019) descrive la seguente realtà: abitanti 5milioni, occupazione 7 punti
superiore alla media italiana, tasso di disoccupazione fra i più bassi in Italia (7 per cento), 460mila
imprese, oltre 60 miliardi di fatturato. Mezzo milione di immigrati provenienti da 169 Paesi diversi,
un reddito annuo per famiglia di 39mila euro, 19 milioni di turisti l’anno.
Le conclusioni sono una pagina bianca…saranno scritte da ogni lettore. Ci sembra, però,
utile ricordare: “Labor omnia vicit improbus et duris urgens in rebus egestas” (Virgilio, Georgiche).