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Dall’archivio di Messina Medica, articolo pubblicato il 31 Dicembre 2018
A CURA DELLA REDAZIONE
La medicina Narrativa applicata nel rapporto medico/paziente si concentra sul ruolo relazionale e terapeutico iniziando dal racconto dell’esperienza di stato di malessere del malato che condivide così l’esperienza con il terapeuta che lo assiste. Essa ha l’obiettivo ambizioso di raccontare uno dei momenti più complessi nella vita di una persona: l’incontro con la malattia.
Il suo valore è molteplice. E’ risaputo che l’elaborazione del racconto unitamente alla comunicazione dell’esperienza dello stato patologico consente al paziente di ragionare sulla propria condizione cercando di accettarla con maggiore facilità e percepirla con una prospettiva meno negativa. La narrazione inoltre contribuisce a migliorare l’alleanza terapeutica tra medico e paziente attivando un canale di trasmissione preferenziale che facilita la relazione terapeutica restituendo al paziente ruolo e dignità di persona.
Un valore aggiunto da non sottovalutare è inoltre dato dalla possibilità che la Medicina Narrativa fornisce nell’elaborare e trascrivere, da parte del medico, il racconto della malattia. Essa viene quindi vista come un prosieguo logico di informazioni provenienti dal paziente e di consequenziali informazioni mediche derivanti dai passi razionali seguiti secondo un percorso diagnostico-terapeutico finalizzato ad una appropriata diagnosi e terapia.
La registrazione in cartella clinica dello stato di malattia da parte del medico, d’altro canto, non può e non deve rappresentare la fredda descrizione di un referto, di un esame istologico o di un esame strumentale. Così facendo rischia di avvicinarsi più ad una sentenza piuttosto che a una ricerca del migliore risultato in quella battaglia che vede alleati paziente e terapeuta per contrastare la malattia.
Per facilitare la comunicazione verbale con il paziente da parte del medico è, invece, indispensabile utilizzare parole semplici, tenendo conto dell’asimmetria informativa tra il sapere clinico e le conoscenze limitate in campo medico dell’individuo che ha seduto di fronte. Lasciando trasparire sempre e non solo con finalità compassionevoli, la speranza di una soluzione al problema attraverso parole di conforto e di possibilità che indirizzino verso percorsi di aspettativa positiva che siano in grado di aiutare a meglio sopportare le sfide da affrontare soprattutto in casi di malattie ad esito infausto.
La malattia non è solo uno stato fisico di sofferenza e di trasformazione del proprio corpo, ma rappresenta una disarticolazione della quotidianità del paziente, del proprio lavoro, delle proprie priorità dei suoi rapporti interpersonali, degli affetti. Recuperare vicende significa costruire ponti tra medico e paziente capaci di restituire dignità a quest’ultimo, incoraggiandone nuove opportunità di partecipazione attiva ad un più efficace processo terapeutico condiviso. Infatti, per il paziente, avere la possibilità di raccontare l’esperienza di malattia rappresenta una strategia di rimessa in ordine di quel puzzle che è la propria vita e che la malattia ha scombussolato attraverso la narrazione da parte del malato e dell’ascolto da parte del terapeuta.
Nel secondo dopoguerra, a seguito della progressiva tecnologizzazione della clinica di pari passo ad una iperspecializzazione dei percorsi diagnostico-terapeutici della medicina, si è sempre più osservato una sorta di allontanamento del medico dalla sua ragion d’essere: il paziente. Con la conseguenza di generare un’attenzione sempre più morbosa verso le indagini e tecnologie diagnostiche progressivamente più sofisticate. Acuendo con questo la cesura tra medico e paziente, limitando la propria attenzione alla misura e alla manipolazione del corpo preferendo basarsi più sul risultato di una TAC o di un dato di laboratorio piuttosto che sull’anamnesi, sulla semeiotica o sull’intuito clinico del diagnosta. Attenzione, a questa pericolosa china non fanno eccezione i pazienti abbindolati da saccenti informazioni acquisite sul web per gusto di sensazionalismo o per far accrescere l’interesse e l’attenzione con secondi fini commerciali. Basti pensare, ad esempio, a come spesso l’uomo della strada concentri passivamente tutta la capacità decisionale (evitando di consultare il medico) esclusivamente su un dato numerico di laboratorio (considerato come assoluto): basti pensare al valore della colesterolemia, dell’omocisteina o peggio del PSA, decontestualizzati dalla complessiva situazione clinica generale.
Tutto questo si ripercuote negativamente sia sulla qualità del sapere medico che sui risultati della cura del paziente essendosi notevolmente ridotto se non completamente annullato l’orizzonte del vissuto relativo alla malattia da parte di quest’ultimo. Il problema oggi appare ancora più evidente per la contingente situazione economica generale che fornisce alla sanità pubblica risorse limitate. Inoltre la gestione ragioneristica del pianeta salute fa si che il paziente rappresenti sempre più un numero, e a un numero vanno ricondotti sintomi, patologie, procedure, tariffe e indici di complessità, turnazione e occupazione posti letto, tempi di intervento, etc. In una sorta di indicizzazione computistica e spersonalizzata della malattia e della storia del paziente, considerando le infermità come un guasto meccanico da sanare slegato dalla parte integra del corpo in evidente antitesi con una complessiva visione olistica dello stato di malattia.
Un approccio narrativo alla conduzione del rapporto col paziente produce quindi vantaggi multidimensionali del management sanitario, migliorando l’efficacia delle cure mediante un particolare interesse alle capacità di attenzione, riflessione, rappresentazione e affiliazione con pazienti e colleghi. Questi ultimi risultano coinvolti in un processo dettagliato e puntuale di gestione narrativa del rapporto interpersonale e delle varie registrazioni in cartella. Tutto questo aggiunge un non secondario vantaggio nei riguardi del management informatizzato delle notizie cliniche con, in particolare, una migliore visione proattiva indispensabile nei confronti delle controversie medico-legali. Inoltre una descrizione narrativa degli eventi riportata pedissequamente in cartella non può fare altro che aiutare a migliorare la comprensione delle scelte terapeutiche o diagnostiche eseguite, delle loro successioni logiche secondo parametri razionali di conoscenza e di osservanza di EBM, linee guida e protocolli accreditati. La Medicina Narrativa, quindi rappresenta un importante strumento clinico adeguato ai tempi con rilevanti risvolti sociali.