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di Angelo Petrungaro
Ogni anno, la sezione di Messina dell’Associazione Nazionale della Sanità Militare Italiana (ANSMI), Presidente il Gr.Uff.dr. Angelo Petrungaro, nella ricorrenza della Commemorazione dei Defunti aveva ricordato i Caduti con celebrazioni liturgiche. Quest’anno esse non si sono potute effettuare per le restrizioni dovute alla pandemia. Nonostante questo però, il dr. Petrungaro, con la condivisione del Gen.Giuseppe Briguglio, Presidente UNUCI Messina, e del Ten.Com. avv.Rosario Migliaccio di San Felice, Segretario Generale dell’Ordine dell’Aquila Romana, ritenendo doveroso ricordare i Caduti, ha voluto ugualmente rivolgere loro un rispettoso pensiero a cominciare da quelli nell’ambito della Sanità Militare.
Ferdinando Palasciano, Ufficiale medico dell’Esercito Borbonico, cui si deve l’idea della neutralità dei feriti in guerra. “Hostes, dum vulnerati” fratres, infatti egli diceva. Per questo, durante l’assedio di Messina da parte delle truppe Borboniche, si ribellò al suo Comandante, il Gen.Filangieri che aveva dato l’ordine di passare per le armi anche i feriti, affermando: “La mia missione di medico è troppo più sacra del mio dovere di soldato”.
Giuseppe Tusini,Colonnello medico al quale, insieme alla Duchessa d’Aosta Elena di Francia, si deve l’idea dell’ Università Castrense ossia la Facoltà di Medicina e Chirurgia sui campi di battaglia. Gli studenti del 5° e 6° anno del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia, fra cui i siciliani Giuseppe Catalano classe 1893 ed Egidio Pafumi classe 1887, chiamati al Fronte, ebbero la possibilità di far pratica e, una volta conseguita la Laurea e nominati Sottotenenti medici, di sopperire alle carenze degli stessi. Molti però furono quelli che vi perirono nonostante l’abnegazione di Ufficiali medici e aiutanti di Sanità i quali si trovarono anche di fronte ad un nemico sconosciuto di cui non si sapeva nulla, se non che militari e civili morivano a centinaia. “Bella matribus detestata”, ma non solo dalle madri, perché fu proprio a causa delle guerre che i Paesi belligeranti non diedero voce a quella vera e propria epidemia che solo la Spagna, Paese non belligerante, riconobbe. E fu così che quella epidemia fu chiamata la “Spagnola”.
Il monumento all’ “Ignoto Militi” ossia al Milite Ignoto, che racchiude la salma di un combattente sconosciuto trasportata da Aquileia a Roma il 4 Novembre 1921 e tumulata nel Monumento a Vittorio Emanuele II, sotto l’Altare della Patria, nel cui sacro marmo sono incise le due date fatidiche MCMXV-MCMXVIII, simboleggia tutti i Soldati Caduti per l’Onore della Patria. La motivazione della Medaglia d’Oro al Valor Militare che è riportata sul lato del sacello, così recita: “Degno figlio di una stirpe prode e di una millenaria civiltà, resistette inflessibile nelle trincee più contese, prodigò il suo coraggio nelle più cruente battaglie e cadde combattendo senz’altro premio sperare che la vittoria e la grandezza della Patria”. Essa, coniugata al plurale, moltiplica l’intensità delle emozioni.
Meritano di essere ricordati altresì i Caduti della Campagna in Africa Orientale e quelli della Guerra di Spagna. Tra i primi il giovanissimo studente universitario — era infatti al 5°anno della Facoltà di Medicina e Chirurgia — volontario Sottotenente Francesco Azzi al quale venne concessa la Medaglia d’Oro al Valor Militare sul campo. Per l’Operazione Oltre Mare Spagna (O.M.S.) a Valladolid fu sistemato l’Ospedale Militare Italiano 043 comprensivo di Sala Operatoria. Ma, nonostante quest’aiuto dell’Italia alla Spagna, i Caduti furono parecchi.
Quando il 28 Ottobre 1940 si aprì il nuovo fronte, quello greco-albanese, i “Lancieri di Aosta” furono i primi a varcarne il confine guadando il fiume Kalamas ingrossato per le copiose piogge di quei giorni, in condizioni difficili, sostenendo la cosiddetta Battaglia dell’Epiro che vide numerosi corpi finire nel fiume.
Gli atti di eroismo sono tanti e testimoniano che la morte non solo si subisce, ma qualche volta si va incontro ad essa sacrificando la vita, come nel caso del Ten. Renato Togni M.O.V.M.che, davanti all’offensiva Inglese sul Fronte dell’Africa Orientale nella prima metà del Gennaio 1941, non esitò a guidare i suoi contro la posizionata Batteria nemica.
Non si può lasciare l’AOI senza ricordare l’eroismo dei Soldati Italiani a Cheren e l’eroica resistenza dell’Amba Alagi i cui difensori ricevettero l’onore delle armi dalle cornamuse del “Transvaal Scottish” schierato ai piedi della montagna e dei cui Caduti Amedeo Duca d’Aosta nel suo ultimo messaggio disse: “sulle ambe d’Etiopia i nostri morti montano la guardia”.
Sul Fronte Settentrionale Africano l’attacco Inglese non si ferma, anzi sono Divisioni Britanniche Corazzate che colpiscono il caposaldo di Bir el Gobi difeso dal Presidio dei “Giovani Fascisti” formato da volontari diciottenni e diciannovenni. Combattendo alla testa dei loro “ragazzi” caddero molti Ufficiali fra cui il Ten.medico Giovanni Vablais, il quale, ferito alle gambe e al ventre, continuò ad assistere i feriti trascinandosi di buca in buca, e il Ten.medico Italo Veronese che, ferito per ben tre volte, non esitò a prendersi cura dei feriti che si accumulavano nelle buche intorno al posto di medicazione.
Tutto questo sulla “sabbia rovente del Sahara”. La stessa cosa succedeva sulle nevi della Russia.
“ All’ombra dei cipressi o dentro l’urne confortate di pianto è forse il sonno della morte men duro?”
Verso l’Est Europeo, patria del bolscevismo, considerato piaga del secolo, era cominciata la BlitzKrieg, chiamata dai Tedeschi “Operazione Barbarossa”. A favore della “Croisade contre le Bolchevisme” si schierarono numerosi Paesi europei non solo dell’Europa orientale e centro –meridionale, ma anche del Nord Europa come la Danimarca, la Norvegia, l’Olanda. Perfino gli Asiatici come Cosacchi, Turcomanni e Tartari del Volga. Il Corpo di Spedizione Italiano in Russia (C.S.I.R.), in seguito ARMIR, fu colto completamente alla sprovvista dal precoce ed eccezionale inverno russo. Il gelo fece parecchie vittime ed anche la prigionia fece le sue. Per cui molti medici si trovarono a dover affrontare gli stenti e la fame come coloro che avrebbero dovuto salvare quando non caddero essi stessi ai margini delle strade finiti dalle sentinelle, racconta il Ten.medico Medaglia d’Oro al Valor Militare Enrico Reginato del Battaglione Alpini Sciatori “Monte Cervino”. Nei giorni fra il 20 e il 26 Gennaio 1943, egli dice, sul Fronte orientale si compì il destino dell’ ARMIR. Nikolajewka significò la salvezza verso la Patria, mentre Valuikj significò una inenarrabile odissea di sofferenze, la prigionia, nel grande recinto delle ex scuderie imperiali di Krinovaja. “I medici, i cappellani, gli infermieri, tutti volontari, si trascinavano in mezzo a corpi distesi su pagliericci fradici di escrementi e di purulenze cancrenose, su pancacci sudici o sulla nuda terra, fintanto che la morte non portasse via anche loro”.
L’elenco dei Caduti è oltremisura sterminato perché vittime delle guerre furono anche i civili caduti sotto i bombardamenti aerei in tante città europee e anche a Messina dove il Cap. medico della MILMART Giuseppe Cicala, sfidando il pericolo per la propria incolumità, salvò parecchie vite umane, come fece il Ten. medico della Regia Marina Giuseppe Fogliani. E come non ricordare quanto patito in Giappone dalla popolazione inerme ad opera degli Americani: la bomba atomica!
Parafrasando i versi foscoliani si potrebbe dire: all’ombra della sabbia rovente del Sahara o sulla levigata crosta di ghiaccio Russa è forse il sonno della morte men duro? La risposta è ovvia. Ma, come conclude il poeta: “Sol chi non lascia eredità d’affetti poca gioia ha dell’urna.”
Ho voluto quindi dar voce a quella eredità d’affetti.