La testata digitale dell'OMCeO Messina
 
Cosa ci insegnano le epidemie

Cosa ci insegnano le epidemie

Views: 285

Mi piace introdurre questa interessantissima ed originale intervista fatta al Prof. Antonino Ioli da Giuseppe Ruggeri con un ricordo di un articolo pubblicato il 15 marzo 2020 sulla nostra rivista (https://www.messinamedica.it/2020/03/come-il-generale-microbo-ha-cambiato-la-storia-del-mondo/). In esso, presentato in pieno lockdown, si ricordava tra l’altro come le infezioni abbiano potuto cambiare il corso della storia e come Messina sia assurta agli onori della storia nel 1347 per la creazione di un antesignano lazzaretto nella zona falcata dove vigeva una embrionaria organizzazione sanitaria “per intensità di cure”. 

Oggi, come allora Messina occupa una posizione trainante e innovativa per conoscenze immateriali capaci di modificare in maniera significativa l’assistenza sanitaria.

Come dice Ruggeri, al di là dei titoli e della carriera accademici il Prof. Ioli rappresenta una realtà intangibile tutta messinese di una notevole rarità. Le sue opere rappresentano uno scrigno di conoscenze e di saperi che sarebbero stati persi nell’oblio della moderna futilità se non fossero stati recuperati e trascritti.

Ma il Prof. Ioli è anche virologo e in questa intervista sulle epidemie chiarisce aspetti, a molti poco chiari, dell’attuale situazione pandemica aggiornandoci su alcuni particolari tenuti in scarsa considerazione da troppe generiche trattazioni fatte fino a oggi. Il suo contributo rappresenta, a mio parere, un importante tassello dell’enorme puzzle costituito dalle conoscenze sulla pandemia da coronavirus tutto da leggere.

Salvo Rotondo


COSA CI INSEGNANO LE EPIDEMIE

di Giuseppe Ruggeri

Il Prof. Antonino Ioli non è un accademico tra i tanti. In qualsiasi luogo del mondo diverso dal nostro – ove più che altrove sembra vigere la regola del nemo propheta in patria – ce lo invidierebbero. Ha guidato dal 1981 al 2001, nella nostra Università, l’Istituto di Parassitologia Medica, specialità da lui fondata e unica in Italia. Ha presieduto dal 1981 al 1995 l’Associazione Nazionale di Parassitologia e diretto dal 1979 al 2005 la “Rivista Nazionale di Parassitologia”. 240 pubblicazioni scientifiche, ha inoltre coordinato dal 1984 al 2007 il corso di perfezionamento in Storia della Medicina ed è socio della Società Italiana di Storia della Medicina nonché Socio Emerito dell’Accademia di Storia dell’Arte Sanitaria di Roma.

L’impostazione umanistica degli studi medici, oggi sempre più e pericolosamente ristretti in ambiti strettamente “scientifici” (o pseudo-tali), è cifra dominante in Antonino Ioli, contribuendo da un lato a chiarire gli aspetti della sua poliedrica personalità, dall’altro a ricondurre la nostra professione nel suo alveo d’origine e appartenenza. Quale espressione, ossia, di quella “filosofia pratica” che fin dall’antichità ha ispirato l’indagine dell’inscindibile unità soma-psiche.

Da storico della medicina e virologo (disciplina nella quale il Prof. Ioli ha conseguito una libera docenza) gli abbiamo chiesto un punto di vista sulla situazione pandemica attuale.

Prof. Ioli, ci troviamo ad affrontare davvero una “seconda ondata” o le caratteristiche della curva epidemiologica dell’infezione da SARS-Cov2 dicono altro?

Durante il corso di una pandemia, di norma, si può assistere a una riaccensione (meglio definita “risorgenza”) della capacità infettante da parte dell’agente eziologico, e crediamo di aver attraversato la “seconda ondata” (rispetto alla prima manifestatasi nei mesi primaverili del 2020). È sperabile, stando ai dati che giornalmente ci vengono forniti, che la curva epidemiologica tenda verso un reale abbassamento dell’intensità e del numero di casi soggetti infetti e di quelli sottoposti a terapia.

Valuta ancora positivamente il “contact tracing” voluto dal Governo o, come avverte il Prof. Palù, lo considera inutile attesa la dilagante diffusione del contagio e la conseguente concreta impossibilità di poter isolare tutti i focolai?

Senza dubbio le prescrizioni di controllo individuale si sono rivelate efficaci e ci auguriamo che si mantengano ancora nella cultura di ognuno per limitare, nel tempo, la diffusione del corona-virus. Ritengo che se la popolazione attraverso un’adeguata educazione sanitaria assicura, in percentuale alta, un regolare e continuo rispetto della misura precauzionale raccomandate, si può, in linea teorica, pervenire a isolare iniziali focolai.

In merito alle modalità diffusive del SARS-Cov2, è del parere che il contatto con superfici contaminate possa essere determinante nell’infezione interumana?

Il contatto di materiale infettante con superfici contaminate non possiede, a mio giudizio, un ruolo importante o essenziale ai fini del mantenimento dell’infezione umana; è noto che i virus al di fuori delle cellule che li ospitano sopravvivono poco tempo e in tal caso la loro sopravvivenza è modesta. Indubbiamente se un soggetto in modo incauto tocca una superficie dove è stato depositato materiale infettante e successivamente porta le mani in bocca si infetta e può contribuire al mantenimento dell’infezione (ma questa, ovviamente, può essere un’occasione di notevole rarità e quindi non è importante per il mantenimento dell’infezione umana da corona-virus).

Vaccinazioni ed effetti collaterali. Quanto c’è di vero e quanto di pretestuoso nella presunta pericolosità dei nuovi vaccini molecolari? Chi, poi, vaccinare? Tutti, per perseguire l’immunità di gregge o soltanto i soggetti a rischio?

In merito alla costituzione dei vaccini, possediamo in atto notizie scarse e incomplete e non crediamo pertanto di essere in grado di opporci alla loro somministrazione. In ogni caso, dovendo far ricorso a vaccini, è di estrema importanza somministrarli inizialmente a tutti coloro che assistono malati o potenziali soggetti infettati e a tutto il personale sanitario (medici, farmacisti, infermieri etc.) per passare successivamente alle più alte età e vita e finire a quelle più basse, assicurando un’ampia percentuale di soggetti immunizzati e quindi in grado di ostacolare la diffusione del corona-virus. Ma se alcuni vaccini sono contenuti a temperature intorno a – 80° C, è garantita ad essi la catena del freddo dal momento della raccolta dai frigoriferi principali fino alla destinazione finale che può essere lontana dalla sede che appunto ospita quei frigoriferi (tenendo presente l’ampiezza territoriale del nostro Paese)?

Perché, secondo Lei, si è sollevato tutto questo polverone per una virosi che attualmente si manifesta in forma grave solo nel 5% della popolazione colpita e il cui tasso di letalità è pari a circa il 3%?

Secondo me, il “polverone sollevato per una virosi che si manifesta in forma grave solo nel 5% della popolazione colpita”, una volta denunciato e reso noto alla popolazione non poteva essere più fermato. D’altronde, consideriamo che la novità del fenomeno, sotto l’aspetto psicologico che avrà coinvolto tutti, doveva essere comunicato alla popolazione desiderosa, fra l’altro, di conoscere l’evoluzione dell’epidemia presto trasformatasi in pandemia.

Da storico della medicina, cosa ci insegnano – o dovrebbero insegnarci – le pandemie?

Dobbiamo riconoscere che in ogni secolo è occorsa una pandemia o una malattia che in misura preponderante rispetto a indubbie “microepidemie” ha rappresentato il terrore della popolazione. Senza andare molto indietro nel tempo, ricordo che nel XIV secolo si è manifestata la peste bubbonica e nei secoli successivi, rispettivamente, il vaiolo, il colera, ancora la peste bubbonica, la spagnola (attribuita a virus influenzali) e nel secolo attuale la pandemia dovuta a corona-virus (un virus riconosciuto per la prima volta nel 1965). Oggi non dovremmo avere molti timori di fronte a comparsa di nuovi fenomeni epidemici o pandemici perché le conoscenze offerte dalla scienza saranno opportunamente in grado di fermare diffusioni di agenti patogeni. Non dobbiamo infatti dimenticare o sottovalutare l’impegno profuso nel corso della pandemia attuale dai medici e da tutti coloro che sono impegnati nell’esercizio delle professioni sanitarie, i quali hanno saputo affrontare e curare i malati colpiti da un virus ignoto e comparso per la prima volta sulla scena epidemiologica. Per questi motivi, restiamo fiduciosi per l’avvenire di fronte all’eventuale comparsa di agenti patogeni virtualmente capaci d’ingenerare pandemie e, nello stesso tempo, rispettosi dei consigli e delle raccomandazioni provenienti da studiosi ed esperti.