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Covid ed antibiotico-resistenza

Covid ed antibiotico-resistenza

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di Marinella Ruggeri

Rispetto agli altri paesi dell’Unione Europea, l’Italia è quello con le percentuali più elevate di resistenza dei microbi ai farmaci e con un costo di vite umane troppo alto. Al fine di fronteggiare questa situazione allarmante, è stato stilato il Documento di Consenso “Azioni condivise per il contrasto dell’antibiotico resistenza nel paziente fragile”, frutto del tavolo di confronto multidisciplinare a cui hanno preso parte rappresentanti delle maggiori Società Scientifiche nell’ambito della infettivologia.

Il COVID-19 ha fatto sì che i malati più fragili andassero incontro a complicanze infettive molto gravi, causate da microrganismi resistenti agli antibiotici, poiché i malati sono sempre più esposti a questo rischio e il medico dispone di sempre meno elementi per contrastare queste gravi infezioni. Le società scientifiche hanno sentito la necessità di lanciare un nuovo grido di allarme anche nell’ambito del piano nazionale di contenimento della resistenza.

L’ antibiotico resistenza è la più grande minaccia per la medicina negli ultimi decenni, infatti l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’Unione Europea ed il Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie, hanno prodotto raccomandazioni e proposto strategie atte a contenere il fenomeno. Dopo la conclusione della prima ondata portata dal virus Sars-Cov 2 , il rapporto sul consumo dei farmaci antibiotici, impiegati nel trattamento dei pazienti  Covid-19, ha messo  in evidenza , un notevole aumento del consumo di antibiotici, specie azitromicina. È evidente come  questa infezione virale possa impattare significativamente sul fenomeno dell’antibiotico-resistenza con implicazioni sia dal punto di vista clinico che in termini di ricadute economiche . Tocca quindi alla medicina assistenziale attuare delle strategie di protezione nella gestione della terapia antibiotica soprattutto mantenendo un approccio più possibile basato sulla evidenza. La battaglia contro il COVID-19 richiede strategie condivise, soprattutto, dalle cure primarie, caposaldo essenziale, in grado di garantire una precoce presa in carico.

Secondo i principi applicabili nelle Cure Primarie dalla antibiotic stewardship pubblicati sulla rivista Clinical Microbiology and Infection, dal gruppo guidato dal Professore Huttner del dipartimento di Malattie infettive l dell’Università di Ginevra:

  • Gli antibiotici devono essere riservati ai pazienti con quadri severi di malattia (esempio insufficienza respiratoria rapidamente progressiva),
  • I biomarcatori come la proteina c reattiva hanno un ruolo importante nel decidere in quali pazienti gli antibiotici possono essere sospesi,
  • L’impiego di terapia antibiotica deve essere basato sul risultato dei test microbiologici,
  • Il trattamento antibiotico deve essere rivalutato rapidamente ed interrotto il prima possibile se la probabilità di una super infezione batterica è considerata bassa,
  • Nel caso in cui il trattamento antibiotico venga continuato, il passaggio alla terapia per os deve essere eseguito rapidamente, se il paziente è in grado di assumere farmaci in questa modalità di somministrazione, indipendentemente dalla presenza o meno di febbre, poiché i pazienti con COVID-19 mostrano spesso rialzo termico persistente per diversi giorni,
  • La durata del trattamento antibiotico non deve superare i 5 giorni,
  • Se è necessario, iniziare la terapia antibiotica, la prima opzione dovrebbe essere un b-lattamico che protegge verso S. pneumoniae e S aureus meticillino-sensibile. Per una copertura verso i patogeni atipici, come nei pazienti Covid-19 nel sospetto di infezione da Legionella, va considerata la doxiciclina,
  • I dati disponibili sulla azitromicina rispetto alla carica virale SARS-CoV-2 non giustificano la somministrazione di routine di questo antibiotico, prima del completamento degli studi di conferma,
  • La somministrazione degli antibiotici in profilassi, per prevenire la polmonite batterica è da sconsigliare,
  • Di fronte a un paziente con peggioramento respiratorio secondario, si dovrebbe considerare l’esecuzione di test microbiologici ed esami diagnostici di imaging.   È importante ricordare come il peggioramento secondario si osserva tra settimo e nono giorno, dall’inizio dei sintomi, ed è attribuibile alla fase iper-infiammatoria della malattia, ossia una reazione immunitaria adattativa, piuttosto che ad una superinfezione batterica.  Ovviamente, devono essere escluse tutte le altre cause di peggioramento respiratorio come l’insufficienza cardiaca e l’embolia polmonare (miocardite e tromboembolismo sono comunemente riportate nei pz COVID-19).
  •  Infine, anche durante la pandemia da COVID-19, i pazienti possono presentare infezioni non esclusivamente a carico dell’apparato respiratorio, ma anche di altri organi come le vie urinarie, la pelle e i tessuti molli, infezioni intra-addominali. Pertanto, bisogna effettuare una diagnosi differenziale nel soggetto anziano fragile e procedere secondo le apposite linee guida di riferimento. Il sospetto di infezione SARS-CoV-2 non deve mai ritardare la gestione adeguata di questi pazienti.

Oggi nonostante vi siano nuove opportunità terapeutiche che permetterebbero di salvare molte vite, si riscontrano ancora molte barriere all’accesso e nessuno dei nuovi antimicrobici per germi resistenti ha ricevuto l’innovatività. Sarebbe molto importante avere un accesso rapido alle nuove terapie antimicrobiche e bisognerebbe privilegiare la necessità dei nuovi farmaci favorendo un accesso precoce.  Per proteggere i pazienti fragili, bisogna lavorare con rapidità, accuratezza della diagnosi, appropriatezza terapeutica dei nuovi antibiotici e task force multidisciplinari. È cruciale promuovere un’evoluzione della diagnostica con tecnologie di fast microbiology, per acquisire in tempi brevi tutte le informazioni necessarie a identificare il patogeno e il profilo di sensibilità o di resistenze ai farmaci, al fine di poter utilizzare le molecole antimicrobiche innovative. Pertanto potenziare la diagnostica microbiologica ospedaliera, per ottimizzare l’appropriatezza prescrittiva, prevenire infezioni, e adottare strategie di controllo e sorveglianza, diventa un percorso costruttivo ed una manovra che può dare notevoli risultati a medio-lungo termine.  Il COVID-19, accentua questa esigenza, dimostrando che proprio nei pazienti più fragili, specie, con antibiotico-resistenza, si è rivelato letale.

In conclusione è necessario combattere l’antibiotico-resistenza, specie, in questi tempi difficili, con lo scopo di evitare le numerose conseguenze negative a lungo termine che l’uso eccessivo e inappropriato di questi farmaci, può comportare in termini di aumento della morbilità e della mortalità nel prossimo futuro.