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di Massimiliano Cavaleri
“Emergenza nell’emergenza” è il grido d’allarme della neonata associazione Salutequità presieduta da Tonino Aceti: un nuovo “laboratorio italiano” per l’analisi, l’innovazione e il cambiamento delle politiche sanitarie e sociali, che ha presentato stamane il suo 1° Report “Equità di accesso alle cure e Covid-19” e annunciato alcune proposte per le Istituzioni, plaudito tra gli altri da FNOMCeO e FENOPI (leggi il comunicato stampa).
“Il tema delle disuguaglianze di salute in Italia è al centro dell’emergenza Covid, ma non solo – dichiara il Presidente Aceti – con l’evidenza sempre più drammatica di un nuovo profilo di iniquità di accesso alle cure tra pazienti Covid e non Covid. Nonostante il 2021 si stia già caratterizzando come un anno importante per la progressiva uscita dalla pandemia, dovrà anche caratterizzarsi per una seconda grande sfida da vincere assolutamente, quella del rientro dei pazienti non Covid nel circuito della presa in carico del SSN, praticamente pazienti ‘esodati’ nel 2020.”
La pandemia Covid sta condizionando il livello di accessibilità al Servizio Sanitario Nazionale da parte dei pazienti non Covid. L’impreparazione mostrata dal SSN nella capacità di garantire il doppio registro di assistenza, ai pazienti Covid e non Covid, ha prodotto nei primi mesi del 2020 una caduta libera di ricoveri (-40%), ricette per prestazioni di specialistica ambulatoriale (-58%) e screening oncologici (-50/55%) oltre che una drastica contrazione della spesa per farmaci innovativi non oncologici che, in alcune Regioni, ha riguardato anche quelli oncologici. Covid-19 moltiplicatore di disuguaglianze quindi, con un rischio prevedibile sul livello di salute degli italiani.
Il Diritto alla Salute, un diritto fondamentale incomprimibile, che le politiche di bilancio devono sostenere al meglio, ma è davvero così? Dal 1° Report Salutequità emerge che durante la pandemia la riduzione delle attività ospedaliere nel primo semestre 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019, ha subito una contrazione pari a circa il 40%. Anche il numero di ricette per prestazioni specialistiche erogate è crollato mediamente del 58%, ovvero 13,3 milioni di accertamenti diagnostici e 9,6 milioni di visite specialistiche in meno. E la contrazione è stata diversa tra le Regioni: ad esempio in Basilicata -61% mentre in Lombardia, la Regione più colpita nella prima fase, -39% (quasi nella media nazionale).
La capacità di erogare le cure alle persone non Covid è legata a diversi fattori. Uno di questi è la disponibilità di personale sanitario, spesso però carente perché impiegato in prima linea nella pandemia. Così, ad esempio, guardando ai dati pre-covid, si va da una disponibilità di 5,59 operatori sanitari ogni 1000 abitanti della Campania ai 10,97 della Valle d’Aosta.
La pandemia, tuttavia, non ha rallentato in modo significativo solo l’attività di cura e controllo delle patologie conclamate, ma ha ridotto significativamente anche l’attività di prevenzione, come mostra il caso degli screening oncologici mammografico (-54%), colorettale (-55%) e cervicale (-55%). In questo senso circa la metà delle Regioni ha perso il 50% delle attività di screening rispetto al periodo pre-Covid, e in alcuni casi anche oltre il 70%. Anche i ritardi accumulati sono diversi tra Regioni: per lo screening mammografico si passa dai 3,6 mesi di ritardo della Calabria ai 2 mesi della Toscana; per lo screening colorettale si passa dai 3,6 del Lazio a 1,6 mesi dell’Umbria. Nel complesso non sono state diagnosticate circa 4.300 neoplasie e 4.000 adenomi.
Un ulteriore elemento fortemente penalizzato dalla pandemia è stato l’accesso da parte dei pazienti ai farmaci innovativi. Per quelli “non oncologici” nel periodo gennaio-aprile 2020 si è speso circa un terzo rispetto al 2019, con una contrazione pari a circa 265 mln di euro.
La sanità digitale e in particolare il Fascicolo Sanitario Elettronico avrebbe potuto facilitare lo svolgimento delle cure a distanza e anche l’identificazione immediata delle complicanze/comorbilità, ma anche su questo a luglio 2020 il SSN era piuttosto indietro, con differenze molto marcate tra le Regioni: attivato con il consenso del cittadino per l’85% della popolazione in Emilia-Romagna, il 77% in Friuli-Venezia Giulia e il 60% in Lombardia, è del tutto assente ad esempio in Calabria, Abruzzo e Bolzano.
Tutto questo a fronte di cospicui finanziamenti alla sanità che, dopo anni di tagli, sono vistosamente cresciuti passando rapidamente dai circa 114,5 miliardi del 2019 ai 120,5 del 2020, in aumento ancora nel 2021.
Le proposte di SALUTEQUITA’:
- Definire urgentemente un “Piano Nazionale di Rientro nel SSN dei pazienti non Covid”, da considerare nel 2021 come uno specifico “adempimento Lea” all’interno del Nuovo Sistema Nazionale di Garanzia dei Lea sul quale misurare l’operato delle Regioni. Stesso meccanismo per le principali misure emergenziali volte al potenziamento del SSN.
- Potenziare e innovare l’assistenza territoriale con la definizione di un “DM 71 dell’assistenza territoriale” che, analogamente a quanto fatto per gli ospedali, definisca gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici da garantire a tutti i cittadini in tutte le aree del Paese.
- Rafforzare per il 2021 lo strumento dei fondi per i farmaci innovativi, riallocando in aggiunta all’ordinario stanziamento le risorse che nel 2020 verosimilmente non saranno utilizzate, vista la riduzione delle prestazioni di specialistica e degli screening oncologici e il conseguente rebound sul 2021.
- Accelerare il processo di digitalizzazione del Servizio Sanitario Nazionale in tutte le Regioni, con particolare riferimento alla telemedicina.
- Democratizzare il dibattito sul “progetto per l’innovazione e il rafforzamento del SSN” da finanziare mediante le risorse che potrebbero arrivare dall’Europa con il Recovery Fund o il MES, attraverso un processo di consultazione e confronto con tutto il mondo della sanità.