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di Gaetano Satullo, Responsabile Rete IMA Macroarea Messina
I dati che emergono dall’attività complessiva delle quattro emodinamiche della Provincia di Messina (Papardo, Policlinico, Patti, Taormina) sono inequivocabili: nel 2020, durante le due ondate pandemiche (II e IV trimestre), il numero di angioplastiche primarie si è ridotto del 16.2% e quello di tutte le angioplastiche del 17.8%, a fronte di un trend che fino al I trimestre 2020 era in costante crescita. Il fenomeno riscontrato a Messina viene percepito a livello europeo e chiaramente anche in tutta la Sicilia, nonostante i dati delle altre 3 macroaree siciliane non siano ancora disponibili.
Le emodinamiche, soprattutto per l’attività in emergenza-urgenza, non hanno mai ridotto la loro offerta; quindi è evidente quanto sia stata la paura del COVID a scoraggiare alcuni pazienti, anche con sintomi sospetti e gravi, a ricorrere alle cure ospedaliere. E’ possibile che una parte di tali pazienti sia deceduta, facendo parte di quei 30.000 morti in più del 2020 che, in base ai dati ISTAT, non sono attribuibili al COVID. In ogni caso, questi pazienti non trattati o trattati tardivamente, hanno verosimilmente subito danni cardiaci maggiori e avranno una prognosi a distanza peggiore.
I dati messinesi raccontano anche un’altra storia: nonostante nel II trimestre ci sia stata una riduzione del 25.5% delle angioplastiche totali, nel III trimestre 2020, quando in estate tutte le attività sociali erano riprese e la paura si era ridotta, non c’è stato alcun recupero, anzi si è registrata ancora una flessione dello 0.9% rispetto al 2019. Ciò indica che il sistema sanità non ha capacità di recupero essendo di base in saturazione, come ben dimostrano in molti settori le lunghe liste d’attesa già presenti in periodo prepandemico; il fenomeno riguarda non solo la cardiologia ma probabilmente tutte le patologie croniche (oncologiche, neurologiche, diabetici, etc). E’ quindi prevedibile che nei prossimi anni si assisterà, rispetto all’atteso, a un incremento di mortalità e a una maggiore disabilità in quei pazienti cronici o cronicizzati che non abbiano avuto la possibilità di beneficiare di un corretto follow-up.
In conclusione, abbandonando la specificità dell’interventistica coronarica, la pandemia ha creato una duplice problematica: 1) nell’emergenza la paura allontana i pazienti dagli ospedali incrementando la mortalità e in ogni caso le nuove cronicità; 2) questi nuovi cronici, unitamente ai pazienti COVID con residuati cardiologici e ai cronici già noti che hanno sospeso il corretto follow-up, all’allentamento della pandemia, eserciteranno una pressione sul SSN che risulterà non sostenibile con le attuali risorse.
Le soluzioni ci sono. 1) Per non allontanare i pazienti dalla rete dell’emergenza è necessaria una campagna educazionale e informativa (non terrorizzante!), tramite tutti i mezzi di comunicazione che informi anche i cittadini sulla centralità del 118. 2) Per sostenere nei prossimi mesi e anni il recupero di quanti sono “rimasti indietro” nel controllo della loro cronicità, è necessario che sin da ora il sistema pubblico ritenga tali pazienti un’emergenza sanitaria collegata al COVID e che consideri il periodo immediatamente post COVID come un periodo di uguale emergenza destinando risorse (soprattutto umane) aggiuntive.