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di Giovanna Moretti (S.C di Dermatologia, Azienda Ospedaliera Papardo)
Comunicare al paziente l’esito istologico di melanoma, talvolta per una escissione fatta in seguito ad un banale controllo di routine, o perché “quel neo sembra cambiato” o ancora perché il medico di medicina generale “ha indicato un controllo dermatologico”, è sempre stato per me un compito impegnativo, che richiede tempo, con la consapevolezza che le conoscenze teorico-pratiche non sono da sole sufficienti.
Spesso sono pazienti giovani, logicamente impreparati al concetto di “cancro”, parola questa carica di negatività e densa di infauste prospettive.
La lettura dell’esame istologico fornisce chiarimenti sull’entità e la gravità della “malattia”.
E se per i Melanomi cutanei sottili (< 1mm di spessore di Breslow) si richiede solo un allargamento dei margini di escissione ed un follow-up dermatologico a vita (le persone che hanno avuto un melanoma hanno una maggiore possibilità di svilupparne altri), per i melanomi cutanei spessi (stadio III e IV) la discussione implica un approccio multidisciplinare (fig 1).
L’identificazione della mutazione BRAF V600 rappresenta un primo passo per i pazienti con melanoma in stadio III e IV, viene eseguita in modo routinario dall’anatomo patologo in presenza di un linfonodo sentinella istologicamente positivo. La successiva scelta terapeutica vede l’utilizzo della target therapy per i melanomi con stato mutazionale BRAF V600 e/o l’immunoterapia; questi trattamenti possono essere instaurati entro poche settimane dall’ultima chirurgia, riducendo il rischio di ricadute precoci, particolarmente elevato nei primi mesi (. N Engl J Med. 2020, 383(12):1139-48.).
L’introduzione della target-therapy, dal 2019 anche nel setting adiuvante, e dell’immunoterapia ha cambiato la prognosi del melanoma negli stadi avanzati, è cosi possibile fornire al paziente prospettive di cura ottimali ed omogenee sul territorio. Inoltre la possibilità della somministrazione orale per la target-therapy risulta particolarmente favorevole nel garantire la continuità terapeutica in particolari condizioni come l’emergenza Covid -19.
In Italia la stima dei nuovi casi di melanoma per il 2020 è di 14.863, con un incremento del 20% rispetto al 2019 (AIRTUM. I numeri del cancro in Italia 2020). La sopravvivenza a 5 anni dopo la diagnosi risulta essere dell’85% nei maschi e dell’89% nelle femmine per tutti gli stadi di malattia. La prognosi resta però altamente dipendente dallo stadio di malattia, la sopravvivenza a 5 anni è del 40% circa nei pazienti diagnosticati nello stadio IIIC e minore del 20% per le diagnosi di malattia in stadio IV.
Il melanoma è il secondo tumore più frequente nei maschi giovani (sotto i 50 anni) e il terzo più frequente nelle donne della stessa età.
La creazione e l’implementazione di percorsi diagnostico-terapeutici in grado di ottimizzare il patient-journey sono già in atto sul territorio da molti anni, e risulta quanto mai inopportuno in tempi di barriere imposte dalla pandemia Covid-19, privare i pazienti di possibilità terapeutiche in grado di migliorare la sopravvivenza per l’afferenza a centri fuori regione.
Nell’Azienda Ospedaliera Papardo il PDTA per il Melanoma è stato deliberato nel 2015 su proposta del Prof. Adamo, direttore della S.C di Oncologia Medica. Il team multidisciplinare, costituito dal dermatologo, anatomo-patologo, chirurgo plastico e chirurgo oncologo, oncologo medico, radiologo, medico nucleare e radioterapista, garantisce al paziente con il sospetto di tumore cutaneo melanoma e non melanoma un percorso facilitato con la presa in carico dell’iter clinico-terapeutico e di follow-up del paziente munito della sola richiesta di visita dermatologica (priorità U e B). E’ possibile inoltre una “second opinion” istologica da centro di riferimento nazionale gratuita per i nevi-tumori di Spitz atipici e una tele-consulenza genetica ove indicato dalle linee guida AIOM 2020 (fig 2)