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di Filippo Cavallaro
Nel giro dell’ultimo anno, questo del “covid 19”, ho seguito due casi di paresi facciale, con problemi ben più evidenti di quelli che descrive Pirandello raccontando di Vitangelo Moscarda, Gengè, nel suo “Uno, nessuno e centomila”.
Se Gengè scopre, vivendolo come un dramma, che la moglie percepisce il suo naso differentemente da come lui pensa di averlo, sicuramente è una tragedia ritrovarsi con una metà del viso che resta immobile, e senza aspettare il giudizio degli altri, misurarne la fissità sentenziata dallo specchio.
Il naso pendente a destra descritto dalla moglie porta il protagonista pirandelliano a verificare “quei lievi difetti” ed a riflettere che non conosceva bene neppure il suo stesso corpo.
Non per giustificare Gengè, ma, nel vivere il corpo, il proprio, si va spesso in automatico, e, solo attori, musicisti o atleti, impegnati nella replica dell’attività, nella ripetizione del gesto per allenamento o rispetto del copione stanno attenti all’esecuzione, all’interpretazione.
Tornando all’incipit, si trattava di due casi, due pazienti differenti nell’anamnesi: il primo conseguenza di un neurinoma dell’acustico; il secondo di tipo idiopatico.
La difficoltà di realizzare le espressioni tipiche della mimica facciale, sono le prime ad essere riscontrate di fronte allo specchio. Come nell’ottica che pervade il romanzo del grande siciliano. A seguire sono altre le problematiche che più incidono nella vita quotidiana, tra questi fastidiosissimo l’impossibilità a chiudere l’occhio, che resta sbarrato, e la caduta della rima buccale, che non permette di trattenere la saliva nel cavo orale.
Fatta la diagnosi con tutte le visite specialistiche ed esami mirati, superati i luoghi comuni con affermazioni più o meno tragiche, si impone un trattamento specifico di fisioterapia per guidare il recupero della mimica facciale.
La persona si trova a dover costantemente proteggere l’occhio bendandolo e tamponare l’angolo della bocca. Avrà difficoltà nel masticare ed anche nel parlare.
Così si presentavano Danka e Shan. Danka subisce la chiusura dell’ambulatorio del 10 marzo 2020 che fu dettata dai traslochi dovuti all’istituzione dei reparti di isolamento covid. Shan ci ritrova con l’ambulatorio attivo, di rientro dopo la prima ondata, dopo la ricollocazione dei reparti di isolamento.
Danka sarebbe stato prenotato per due sedute settimanali pomeridiane a partire dal 10 marzo. Lo chiamai il 9 per comunicargli che l’ambulatorio veniva chiuso fino a data da destinarsi. Continuai a sentirlo tante volte, per cui, per telefono, ogni 3 o 4 giorni, gli davo consigli e proponevo foto da ripassare come terapia cognitiva attraverso l’immagine motoria.
Mi trovavo ad utilizzare una modalità di intervento per il recupero motorio, che conoscevo ma non avevo mai usato. Un trattamento di rieducazione neurocognitiva basato sulla potenza delle immagini nello strutturare schemi motori (immagine motoria).
Danka mi inviava filmati e foto, delle sue espressioni mimiche, che per me erano indicativi del recupero funzionale, che anche se solo guidato a distanza si stava manifestando. Non venne mai in ambulatorio, la paura di frequentare l’ospedale lo ha bloccato anche quando lamentava disfunzioni che lo infastidivano e che io dichiaravo di dover valutare con una visita in presenza, a cui lo invitavo.
Shan, nell’afa agostana, arriva in ambulatorio e viene seguito applicando tutte le misure di prevenzione, e rispettando gli appuntamenti, segue le indicazioni sugli esercizi da ripetere in autosomministrazione. Ha cominciato con chinesi passiva dei muscoli faciali, ed esercizi per il riconoscimento del dove, sul suo viso, avveniva un contatto (tatto passivo). Poi si è passati al riconoscimento del cosa, quale tipo di superfice veniva usata per il contatto (tatto attivo). A seguire si è aggiunto un esercizio di riconoscimento cinestetico relativamente all’apertura della bocca (cenestesi passiva). Oggi, Shan ha cominciato a gonfiare un palloncino senza sfiatare (cenestesi attiva), è molto contento di quanto recuperato, ma preoccupato del rischio che si fermi il recupero.
Io rispondo tranquillamente con quanto ci insegna la saggezza popolare:
A vecchia avia cent’anni e ancora ‘nsignava. *
*
Traduzione: L’anziana aveva 100 anni e ancora imparava qualcosa
Significato: Non si è esperti in tutto, Si può ancora imparare tanto!