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Per digiuno si intende la rinuncia a nutrirsi, totale o parziale, per motivi religiosi, medici o estetici per un periodo di tempo che può variare notevolmente in termini di durata.
Durante il digiuno l’organismo, per continuare a vivere, utilizza l’energia derivante dagli alimenti che è stata accumulata sotto forma di grasso perché non utilizzata nell’immediato.
Nella storia dell’umanità la restrizione calorica, a volte per mancanza di alimenti come nelle carestie, a volte come pratica spirituale, altre come terapia, si è alternata periodicamente a una dieta più ricca.
Il digiuno intermittente è un digiuno, praticabile in modi diversi, che si ispira alle diverse forme di astensione dal cibo presenti nella tradizione di tutti i popoli. È finalizzato a riprodurre gli effetti positivi del digiuno sulla salute, evitando quelli negativi.
Nel 1997 in uno studio pubblicato sulla rivista New England Journal of Medicine emergeva che nei ratti di laboratorio la riduzione di cibo migliorava l’aspettativa di vita e rallentava i processi di invecchiamento.
Da allora, sono stati condotti centinaia di studi controllati su animali e decine di studi clinici su regimi di digiuno intermittente, individuando tra i principali effetti positivi il calo di produzione di fattori di crescita e di enzimi. Si tratta di importanti molecole che, se mantenute a livelli bassi, regolerebbero l’invecchiamento favorendo la produzione di nuove cellule o l’eliminazione di parti di esse se danneggiate.
Negli anni si è poi capito come in questo tipo di studi uno dei fattori essenziali fosse la caratteristica dei roditori che, messi davanti a una quantità di cibo sufficiente per l’intera giornata, la consumavano in poche ore, trascorrendo il resto del giorno a digiuno fino al pasto successivo. Questa osservazione ha dato il via a una serie di approfondimenti sui regimi dietetici che prevedono il digiuno e sulla chetogenesi (ossia la produzione di energia a partire dalle scorte di nutrienti immagazzinate nei tessuti dell’organismo) indotta da queste diete.
Esistono diversi schemi di digiuno intermittente, ma non sempre i protocolli per metterlo in pratica sono ben definiti. Alcuni fanno riferimento a digiuni molto moderati che somigliano allo schema alimentare della tradizione italiana in cui si consiglia di controllare l’assunzione calorica globale suddividendola in 2 o 3 pasti al giorno più 1 o 2 spuntini da 100 kcal l’uno, con una “finestra” notturna di 12 ore durante le quali non si assume alcun cibo; altri modelli, molto più estremi, si avvicinano ad un’astensione dal cibo per circa 24 ore.
Nel primo caso si parla di “digiuno breve” da attuare in due o tre giorni non consecutivi della settimana e prevede periodi che vanno dalle 12 alle 18 ore di digiuno, dopo avere consumato una prima colazione libera e un pasto di metà giornata meno ricco, cui segue un periodo di digiuno fino alla mattina successiva, evitando qualunque assunzione di cibo e/o bevanda che contenga calorie nel pomeriggio e nella serata. Generalmente si consiglia di ridurre drasticamente gli zuccheri semplici e preferire alimenti vegetali come legumi, ortaggi, e cereali integrali, oltre a un adeguato e necessario consumo di acqua. Nei giorni in cui non si pratica questo tipo di digiuno si dovrebbe seguire un regime alimentare normale.
Schemi di digiuno più rigidi posso prevedere, invece, una riduzione drastica delle calorie a circa 500-600 kcal giornaliere o l’astensione completa dal cibo per periodi di 20-24 ore, da ripetere ad intervalli non sempre specificati nell’arco della settimana (ad esempio a giorni alterni o una/due volte a settimana). Generalmente, anche in questi casi viene consigliato, nelle finestre temporali concesse, di preferire alimenti di origine vegetale come frutta, verdura e legumi, pochi grassi e pochi zuccheri. In alcuni casi, l’astensione completa dal cibo è seguita anche dal divieto di bere acqua.
Un altro schema molto diffuso è quello del digiuno “modificato” o, il più delle volte, chiamato “mima-digiuno”. In questo caso, il protocollo prevede una durata di 5 giorni, un consumo di 1000-1100 kilocalorie nel primo giorno e 800 kilocalorie nei successivi quattro giorni, da ripetere una volta ogni 3-4 mesi. Spesso per seguire questo schema si propongono kit venduti direttamente dai produttori, contenenti tutti i cibi da consumare nell’arco di tempo in questione: verdure crude e cotte, olio extravergine d’oliva, olive e frutta secca. L’acquisto di questi kit non è, però, necessario per seguire questo tipo di schema alimentare.
COME REAGISCE AL DIGIUNO L’ORGANISMO
Le strategie che l’organismo mette in atto per sopravvivere al digiuno e le sue reazioni cambiano in base al tipo di digiuno e alla sua durata.
Durante il processo digestivo le sostanze contenute negli alimenti (carboidrati, proteine e grassi) vengono trasformate in altre, con struttura più semplice (glucosio e altri zuccheri semplici, amminoacidi, acidi grassi semplici), che possono essere assimilate dall’organismo.
Nell’intestino tenue e crasso le sostanze assimilabili, insieme a vitamine, minerali e acqua, entrano nelle cellule che rivestono le pareti intestinali, passano nel sangue e quindi vengono trasferite ai tessuti di tutto l’organismo dove sono utilizzate per svolgere funzioni vitali, come mantenere la temperatura corporea e respirare, attività come giocare, correre, lavorare, studiare. Uno dei primi organi a ricevere le sostanze assorbite è il fegato che, tra gli altri compiti, si occupa di trasformare il glucosio non utilizzato in glicogeno (composto formato da più molecole di glucosio che viene prevalentemente immagazzinato nel fegato e nei muscoli scheletrici).
Immediatamente dopo l’assorbimento, se non arrivano nuovi nutrienti si verificano le seguenti condizioni:
- diminuzione della quantità di glucosio nel sangue
- scissione del glicogeno per produrre glucosio, il fegato, dopo qualche ora dalla fine di un pasto e all’incirca per 6 ore, scompone il glicogeno accumulato in precedenza in glucosio (glicogenolisi epatica) per riportare a livelli di normalità il glucosio nel sangue e continuare ad assicurare il nutrimento necessario a tutte le cellule in questa fase di breve digiuno
- impiego di aminoacidi e proteine per produrre glucosio, se il digiuno si prolunga fino a 24 ore circa, il glucosio ricavato dal glicogeno depositato nel fegato non è più sufficiente e per ricavare altro glucosio vengono utilizzati gli aminoacidi recuperati dalle scorie che si trovano nelle cellule e dalle proteine (gluconeogenesi). Poiché non esistono riserve di proteine, vengono utilizzate quelle dei muscoli (nel lungo periodo anche il muscolo cardiaco). Per limitare i danni muscolari, l’organismo, a questo punto, inizia a bruciare le riserve di trigliceridi (grassi) che vengono scissi in glicerolo e acidi grassi i quali sono a loro volta impiegati come fonti di energia producendo chetoni (o corpi chetonici)
- utilizzo di chetoni per produrre glucosio, nel digiuno prolungato (dopo 24 ore di digiuno), per produrre il glucosio di cui ha bisogno, l’organismo utilizza i chetoni prodotti precedentemente determinando una condizione detta chetosi
L’utilizzo degli acidi grassi e dei corpi chetonici al posto del glucosio provoca profondi cambiamenti nell’organismo: i corpi chetonici, infatti, sono molecole capaci di influenzare il processo attraverso il quale le informazioni contenute nei geni danno origine alla produzione di proteine alterando la produzione di molecole connesse con l’invecchiamento cellulare.
Diversi studi hanno indicato come molti dei benefici del digiuno intermittente siano dissociati dai suoi effetti sulla perdita di peso e siano piuttosto collegati alla regolazione del glucosio nel sangue, al controllo della pressione sanguigna e della frequenza cardiaca e alla resistenza allo stress.
In merito a questo ultimo punto, ad esempio, oggi sappiamo che il modo di reagire al digiuno deriva da un adattamento avvenuto nel tempo. I nostri antenati non consumavano pasti regolari ogni giorno, mangiavano quando se ne presentava la possibilità e non avevano uno stile di vita sedentario come il nostro. Nel tempo, questo ha permesso al loro corpo di adattarsi e di sviluppare meccanismi per tollerare le avversità e ristabilire un equilibrio. Le cellule hanno imparato a rispondere al digiuno instaurando una risposta duratura di adattamento allo stress: aumentando le difese antiossidanti, riducendo l’infiammazione e incrementando i meccanismi di riparazione del DNA; caratteristiche importanti di resistenza verso numerose malattie.
Dal punto di vista metabolico, è stato osservato che il digiuno intermittente migliora molti indicatori di benessere, come: la sensibilità all’insulina, la circonferenza addominale (indice non solo di sovrappeso ma di un eccessivo accumulo di grasso viscerale), i livelli di pressione arteriosa, la frequenza cardiaca a riposo, i livelli di trigliceridi e colesterolo nel sangue. Inoltre, riduce l’aumento di radicali liberi e le reazioni di ossidazione a carico dei grassi (lipidi) legate allo sviluppo di depositi di grasso nelle arterie (aterosclerosi).
Sembra, inoltre, che l’eccessiva alimentazione, soprattutto nel corso dell’età adulta, possa predisporre allo sviluppo di ictus, demenze e malattia di Parkinson e che, di contro, la restrizione calorica riesca a ritardare l’insorgenza di tali malattie.
Infine, il digiuno intermittente sembra apportare notevoli benefici in molte aree dell’organismo grazie alla mediazione del microbiota intestinale. Tuttavia, data la diversità dei protocolli applicati, poco si sa della relazione tra la durata del digiuno e l’impatto sulla flora batterica. La durata del digiuno influenza, infatti, in maniera diversa la composizione del microbiota e sembra avere i massimi risultati con un intervallo di 16 ore. I benefici, però, sembrerebbero annullarsi con la ripresa della normale alimentazione.
Tuttavia, ad oggi, molti studi sono stati effettuati solamente sugli animali e questo non permette di affermare con certezza gli stessi effetti benefici sull’uomo. Negli esseri umani la complessità è maggiore e molti studi clinici sono in corso o in fase di completamento: i risultati preliminari sembrano indicare benefici derivanti da regimi di digiuno, ma è necessario attendere i dati conclusivi per avere evidenze attendibili, soprattutto sul lungo termine.
Inoltre, va precisato che, i meccanismi di compenso che l’organismo mette in atto di fronte a una situazione di digiuno e che vengono studiati come benefici, sono meccanismi protettivi utili se di breve durata. Se la situazione di emergenza si prolunga eccessivamente, gli stessi meccanismi protettivi diventano dannosi: vengono messi a dura prova cuore e arterie, vengono depauperati ossa e muscoli (nel lungo periodo anche il muscolo cardiaco) così come può essere compromessa la funzione renale. In sostanza, il digiuno prolungato e ripetuto può provocare variazioni complesse negli equilibri ormonali e alla lunga rischia di comportare seri danni all’organismo. La presenza di qualche malattia concomitante può rappresentare un ulteriore fattore di rischio.
Quando si parla di riduzione del numero delle calorie (restrizione calorica) e, soprattutto, di digiuno, è bene ricordare che gli effetti sulla salute possono essere imprevedibili e in alcuni casi pericolosi. Per questo motivo, è importante evitare di cambiare radicalmente le proprie abitudini alimentari senza il parere del medico o di un esperto del settore (leggi la Bufala).
Si raccomanda di evitare il “fai da te” sempre ma soprattutto:
- quando si stanno prendendo dei farmaci, poiché l’alimentazione potrebbe potenziarne o diminuirne gli effetti
- all’inizio e nella fase di guarigione di una malattia
- in presenza di patologie (malattie)
Qualsiasi forma di digiuno intermittente è da evitare per:
- bambini
- adolescenti
- donne in gravidanza o in allattamento
- in tutti i casi di disturbo del comportamento alimentare
Eventuali eccezioni devono essere valutate esclusivamente da un medico.
Gli effetti che il digiuno può avere sulla salute dipendono da più fattori. Da un lato, si deve considerare che le reazioni dell’organismo, per esempio a un basso livello di zucchero, anche a parità di condizioni sono strettamente personali; dall’altro, bisogna tenere conto del tipo di digiuno (se parziale o totale) e della sua durata.
In generale, quando si è assistiti da un professionista, non si dovrebbero manifestare problemi ad esclusione della spiacevole sensazione di fame.
Nel “fai da te”, invece, si rischia facilmente di uscire da un’area protetta e incorrere in disturbi, come, ad esempio, mal di testa, colpi di sonno e difficoltà di concentrazione, rabbia, irritabilità, alito cattivo, disidratazione, fatica, riduzione delle prestazioni fisiche e mentali, insonnia. Quando si entra nella fase di chetosi i fastidi possono trasformarsi in veri e propri segnali di allarme.
L’errore più comune è quello di interpretare il digiuno come l’occasione per mangiare a ruota libera (sia per qualità che quantità) nei giorni di alimentazione non controllata, creando circoli viziosi fatti di restrizioni e abbuffate. A questo proposito, un rischio da non sottovalutare è la possibilità che questa pratica possa attirare l’interesse di persone che hanno disturbi dell’alimentazione latenti che ancora non si sono manifestati chiaramente.
Nonostante i benefici di salute riferibili al digiuno intermittente in corso di studio, inserire questa pratica nella vita di tutti i giorni non è semplice. Praticare il digiuno intermittente senza consultare un esperto in materia che valuti lo stato di salute generale e stabilisca il percorso più adatto, potrebbe innescare nell’organismo una serie di reazioni negative che nel tempo potrebbero rivelarsi anche molto pericolose.
Un aspetto che potrebbe rivelarsi più nocivo di quanto si possa pensare, fino a portare a vere e proprie complicazioni, è lo sviluppo di un comportamento molto rigido e via via ossessivo nelle scelte alimentari. Infatti, la complicazione più comune che potrebbe verificarsi se si seguono diete estremamente rigide, sia per la quantità degli alimenti, sia per la durata del periodo, è la condizione di “nevrosi da digiuno”. Tristezza, malumore, sbalzi d’umore, atteggiamenti di asocialità, difficoltà di concentrazione, persistente sensazione di freddo, sono segnali di allarme importanti che non devono essere sottovalutati. Molte complicazioni possono rivelarsi pericolose e difficilmente superabili.
Per questo motivo, prima di scegliere dei protocolli alimentari che prevedono il digiuno o una rilevante riduzione calorica, è indispensabile imparare ad avere un buon rapporto con il cibo e con l’alimentazione, perché avere un comportamento alimentare equilibrato e consapevole rimane il modo migliore per raggiungere e mantenere nel tempo uno stato di salute ottimale.
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