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“Ecco un’altra avventura di Carlino Mezzolitro, il personaggio inventato da Francesco Certo, protagonista delle sue “favolette morali”.
C’era una città che si chiamava Violenza. Si chiamava così perché i cittadini litigavano e lo facevano
spesso, urlando, sbraitavano e le se davano di santa ragione. Giù sberle, sganassoni e compagnia.
Aveva ragione chi vinceva anche se aveva torto. E chi perdeva, chi ne aveva buscate di più, aveva
torto anche se aveva ragione. A Violenza non c’erano tribunali e legge per il motivo che non ce
n’era assoluto bisogno. I ragazzi fin da subito, venivano iscritti a palestre, corsi di boxe per prepararsi
alla vita. L’unica legge di Violenza era la violenza stessa. Per certi aspetti non funzionava neanche male,
due schiaffi e finiva lì, con buona pace dei forti e dei deboli.
I deboli, poi non ci provavano più, stanchi delle sberle, subivano tutto pur di salvare il setto nasale
e chissà cos’altro, silenziosi, in un angolo. La pace della Violenza. Ma nascevano altri uomini, deboli,
anche loro che prima di capire, le prendevano, insomma, pace per modo di dire.
Anche questa volta un vecchio, detto Il saggio, disse di Violenza a Carlino Mezzolitro, e lui curioso come donna di cortile decise di partire. Arrivò di sera, lo bloccò una guardia che gli chiesi i documenti (che chiaramente non aveva) e giù una sberla, e un’altra e un’altra ancora, ma il nostro eroe, paonazzo
per le botte, riuscì a scappare miracolosamente, andò a dormire in una casa abbandonata.
La mattina seguente, si presentò Violenza: alcuni a litigare massacrandosi, i più tranquilli,
i forti per la superbia, i deboli per la loro debolezza.
Ora, dopo un paio di giorni, successe una cosa strana, strana assai.
Un uomo giovane, robusto diede una sberla a un anziano per una precedenza e via!
La mano che aveva colpito, si staccò dal corpo e andò nel cielo a una decina di metri
dal suolo, restando sospesa. Le altre liti della giornata finirono nello stesso modo.
I legittimi proprietari fecero di tutto per rientrarne in possesso: carabinieri, vigili del
fuoco. Niente, si provò con gli elicotteri con reti volanti, niente schivavano tutto, restando
sospese vicino al corpo d’origine.
Incominciarono a parlare: Non torniamo più, restiamo qui!!!
La tensione salì, altre zuffe sul come fare, esasperati, incuranti della reazione, gli uomini
continuavano a darsi schiaffi e a perdere le mani.
Il cielo si trasformò in un oceano di mani sfottenti!
Pochi conservarono le due mani, quasi tutti ne persero una, nessuno ebbe voglia
di perderle entrambe.
Tra gli indenni: i bambini, qualche donna e qualche vecchio.
Passarono settimane d’attesa, di false speranze e di delusioni.
Le mani, lì in cielo, forse per sempre.
Carlino Mezzolitro allora decise di intervenire, mandò giù il fiaschetto,
guardò un tizio, uno dei tanti mutilati.
Gli si accostò, portando lentamente la mano sulla guancia.
L’uomo si ritrasse, pensando a una sberla.
Ma Carlino Mezzolitro tranquillo, rassicurante: No, è solo una carezza, non avere
paura.
Fallo anche tu a altri…
L’uomo accettò il consiglio, e diede una carezza al primo che incontrò e fu allora
che la mano scese rapida e tornò al suo posto.
La notizia del”miracolo” andò come un lampo per tutta la città.
In poco meno di un’ora tutti ritrovarono la propria mano.
Soddisfatto, Carlino Mezzolitro partì per una nuova avventura.
Violenza, si chiama ancora così, ma solo per ricordarsi di ciò che non si deve
fare.
In quella città, lo sanno tutti, le mani ormai giovano solo a dare carezze.
Francesco Certo