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di Massimiliano Cavaleri
Tecnica pionieristica al Policlinico San Marco di Catania nell’unità diretta da Corrado Tamburino, tra le prime in Italia ad adottare l’ultima frontiera della cardiologia interventistica
Già effettuati 11 interventi: la procedura, complicata e mininvasiva, denominata “TriClip” ha dimostrato particolare efficacia per l’insufficienza tricuspidale e benefici per la qualità di vita dei pazienti
Il Policlinico Rodolico – S. Marco di Catania primo centro in Sicilia e tra i primi in Italia per numero di procedure effettuate per la riparazione della valvola cardiaca tricuspide, nei soggetti che soffrono di un’insufficienza clinicamente rilevante dovuta a questa valvola: un primato per l’équipe di emodinamica che ha già trattato 11 casi, il numero più alto a livello regionale e tra i più significativi nel Paese. “E’ un’innovativa e complicata procedura mininvasiva per correggere l’insufficienza tricuspidale, una tecnica di intervento ancora poco conosciuta e pionieristica – spiega Corrado Tamburino, direttore UOC Cardiologia con UTIC del S. Marco – l’ultima frontiera della cardiologia interventistica. Un risultato importante non solo per la nostra Regione ma anche per la nostra struttura ospedaliera, punto di riferimento per il trattamento percutaneo (non chirurgico) delle patologie delle valvole cardiache a livello regionale, nazionale ed europeo”. La tecnica prevede l’impianto di un dispositivo medico chiamato TriClip di Abbott per la riparazione della valvola tricuspide disponibile in Europa: posizionata in maniera mini invasiva attraverso la vena femorale di una gamba, ripara i lembi della valvola tricuspide e ripristina la normale chiusura della valvola ad ogni battito del cuore, in modo da ridurre il grado di insufficienza con notevole beneficio. La procedura di riparazione transcatetere della valvola tricuspide è attualmente eseguita in pochissimi centri di Cardiologia in Italia.
“Negli ultimi decenni abbiamo assistito a una rivoluzione tecnologica che ha permesso di riparare e sostituire le valvole cardiache in modo più efficace e meno invasivo” – sottolinea Carmelo Grasso, cardiologo Interventista responsabile del programma di riparazione percutanea delle valvole mitrale e tricuspide al Policlinico Rodolico – S. Marco – “L’impianto del dispositivo non comporta nessun taglio chirurgico, si interviene attraverso la vena femorale grazie ad una piccola incisione e la procedura dura meno di un’ora. Questa soluzione impiantabile di ultima generazione permette ai cardiologi interventisti di riparare in modo sicuro ed efficace la valvola tricuspide, che per la sua particolare anatomia pone delle sfide per le tecniche trans-catetere. Ad oggi abbiamo già trattato, anche nell’ambito di studi scientifici internazionali, vari pazienti con questa tecnologia e possiamo dire che la procedura offre ottimi risultati con un rischio operatorio basso in assoluto e soprattutto in relazione ai benefici clinici”. Per molti anni, la tricuspide è stata identificata dai medici come “la valvola dimenticata”: “L’insufficienza della valvola tricuspide è una valvulopatia frequente che colpisce in maniera clinicamente rilevante circa il 2% delle persone sopra i 70 anni – evidenzia Maria Elena Di Salvo, cardiologo interventista al Policlinico Rodolico – S. Marco – i sintomi di una grave insufficienza tricuspidale comprendono affaticamento generale, gonfiore addominale e degli arti inferiori e spesso non vengono identificati perché attribuiti all’avanzare dell’età o ad altre comorbidità. La conferma diagnostica avviene mediante l’ecocardiografia. Poter oggi intervenire nella riparazione di questa valvola in maniera mininvasiva e con un basso rischio operatorio, ci permette di migliorare la qualità di vita di questi pazienti”. Le più recenti evidenze scientifiche dimostrano infatti che questi sistemi di riparazione transcatetere costituiscono un’opzione terapeutica di rilievo per i pazienti con rigurgito tricuspidale. Il tasso di successo della procedura è estremamente alto, il grado di severità della malattia si riduce nell’84% dei pazienti con un significativo miglioramento della sintomatologia (nel 67% dei casi) e della qualità di vita.
Nella foto: il prof. Corrado Tamburino; due immagini dell’innovativo dispositivo.