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di Marinella Ruggeri
Le pubblicazioni scientifiche sul LONG-COVID , ormai quotidiane, stanno confermando alcuni dati già noti, e ne stanno attenzionando altri meritevoli di confronto e, di eventuale applicazione .
Trattasi di una sindrome, destinata a cronicizzarsi e ad impiegare risorse sempre maggiori per il complesso bisogno assistenziale di specialisti in infettivologia, pneumologia, cardiologia ed in particolare neuropsichiatria. A conclusione dello studio Covid Next su oltre 165 pazienti , i dati significativi mostrano che i sintomi respiratori e metabolici , residuali, nel tempo regrediscono, mentre i disturbi neuropsichiatrici hanno un andamento opposto, ossia aumentano , ed in particolare 34% lamentano stanchezza cronica, 32% disturbi di memoria e concentrazione, 31% disturbi del sonno, 30% dolori muscolari, 37% depressione ed ansia, anche nei pazienti che hanno avuto una fase acuta paucisintomatica.
Alla base, si conferma il processo neuroinfiammatorio indotto dall’infezione e il prolungato periodo di stress. Entrambi i meccanismi favoriscono una riduzione della plasticità cerebrale dovuta alla riduzione del volume di alcune aree del cervello, specie della corteccia prefrontale, area connessa alle funzioni esecutive, alla pianificazione, al controllo delle emozioni e degli impulsi. Inoltre, alle scansioni cerebrali, gli studi hanno rilevato una riduzione della sostanza grigia anche in sede ippocampale. I soggetti più vulnerabili sono risultati gli adolescenti e gli anziani.
La giornata mondiale della fisioterapia 2021 dello scorso settembre, è stata dedicata proprio al Long-Covid. Il professore Rossini, Direttore del Dipartimento di Neuroscienze e Neuroriabilitazione dell’IRCCS San Raffaele di Roma, ha dichiarato che la riabilitazione neuromotoria e cognitiva unitamente a quella cardiorespiratoria possa svolgere un ruolo determinante e va implementata all’interno di percorsi personalizzati tali da poter ritagliare il modello di cura più adeguato e più appropriato per ciascun paziente .
Pertanto all’interno dell’equipe multidisciplinare che dovrà occuparsi di LONG-COVID certamente, bisogna inserire il fisioterapista specializzato in questi ambiti, il cui ruolo è fondamentale sia nella fase di svezzamento dalle macchine per la ripresa della respirazione autonoma, in fase subacuta, sia nel favorire la ripresa del tono e trofismo muscolare, ove necessario, e, ancor più incisivamente, nel favorire con strategie riabilitative mirate, la ripresa della plasticità cerebrale. Il recupero delle autonomie fisiche e psichiche, faciliterà il miglioramento delle risposte e l’innalzamento del tono dell’umore, di questi pazienti.
Pertanto, allo scopo di recepire i bisogni delle persone che hanno superato l’infezione da Covid-19 ma si trovano a fronteggiare le conseguenze nei mesi successivi, è opportuno progettare un percorso specifico che preveda un team di figure professionali di diversa provenienza. Solo, lavorando insieme, si potrà combattere questa nuova sindrome invalidante, i cui costi umani e sociali sembra aumentare progressivamente