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Da 30 anni la giornata del malato offre a considerare quel sentimento di pietà che merita di essere recuperato lontano dal suo opposto: l’invidia; non a caso il proverbio recita “meglio invidia che pietà”.
Quest’anno il recupero è sottolineato da un suo sinonimo, “misericordia”, usato da Papa Francesco in una sua anticipazionedata alla stampa https://www.vatican.va/content/francesco/it/messages/sick/documents/20211210_30-giornata-malato.html
che si affianca ad un’altra citazione dello stesso che noi tutti medici dovremmo comunque ricordare “quando non è possibile guarire è comunque possibile curare”. Non occorre essere cristiani per provare questi sentimenti e tanto meno localizzare l’area cerebrale dove si organizzano come brillantemente Damasio divulga nella sua ultima opera uscita nella piccola libreria Adelphi. Del resto come cristiano mi vergogno nella lettura del Samaritano che era un eretico ma che, a differenza di chi aveva il mandato di curare, non si volge dall’altra parte di fronte al malato, l’accoglie, lo cura, lo trasporta in un albergo di quel tempo (oggi sarebbe un ospedale), paga di tasca sua l’incomodo. Oggi, 11 luglio, sarà non solo la giornata del malato ma del suo samaritano che esclude il pregiudizio mentre accetta l’umanità nel suo senso più pieno, il contatto con l’altro (penso ancora a tutti i sanitari), la generosità come gratuità: tutti sentimenti che dobbiamo esercitare ad utilizzare perché su di essi si è fondata la nostra coscienza.
Dovremmo recuperare in questa giornata ( e non solo) l’esercizio della tenerezza e a tal proposito una visita virtuale alle opere sulle Pietà di Michelangelo, con una lettura non di stile di storia dell’arte ma di ritrovato personale utile per scoprire a quale tipo di pietà e della mia maturità della stessa posso fare riferimento. La più famosa, quelli che tutti abbiamo visto, si trova in Vaticanohttps://www.voxmundi.eu/pieta-vaticana-di-michelangelo-buonarroti/?lang=it : il volto di una madre che guarda il figlio morto; pochi anni fa oggetto di restauro a causa di alcune martellate di malato, guarda caso anche Michelangelo martellò una sua pietà .La seconda, quella di Rondanini al Castello Sforzesco
https://www.analisidellopera.it/michelangelo-pieta-rondanini/ Un capolavoro rimasto incompiuto e quindi un’altra rappresentazione diversa ma con un sentimento di una nuova maturità intesa non come possibilità di guarigione ma di cura. Un’altra Pietà, quella di Bondini custodita a Firenzehttps://www.brandonneubert.com/product/bandini-pieta/ ci presenta un’altra Pietà sotto forma dell’emozione nella prospettiva del suo allargamento al mondo.
Lasciamo ad altri e più competenti critici l’aspetto artistico delle opere, ci sono diversi video in you tube a tal proposito, ma in una chiave da Medical Humanities (il nuovo insegnamento di origine anglosassone entrato anche nella formazione medica italiana quale potenziamento dell’essere medico attraverso la cultura) sarà di grande conforto osservare, capire, proiettare e ricevere conforto non da una qualsiasi professione ma in quella in cui l’esercizio della pietà diviene uno stile di vita. L’accoglienza delle malattie altrui ( e delle proprie) comporta lo sviluppo di un altro sentimento associato alla pietà che è la speranza, molte volte difficile da riconoscere come sottolinea Maria Zambrano. Quali sentimenti di speranza potremmo riconoscere in tutte le opere di Buonarroti, qualcuna delle quali fu oggetto di tentativo di distruzione dello stesso artista?.
Nella malattia c’è sempre una speranza con un attesa di qualcosa di concreta; a volte, come sottolinea la filosofa spagnola, la speranza si presenta “ come galleggiando al di sopra di ogni avvenimento … essa solo visibile e nient’altro.” La malattia è una dimensione della realtà che spogliata dal tempo, dallo spazio e dalla non contraddizione aristotelica ci si rivolge alla stessa comeun luogo sconosciuto, la speranza è qualcosa che va oltre, questo oltre per Zambrano è “la vita, che rinchiusa nella forma di un individuo, ne trabocca, la trascende”.
E’ proprio difficile trovare speranze nelle pietà di Michelangelo e cioè in quelle situazioni senza uscita ed è per questo come dice Maria Zambrano per assoluta che sia una situazione , essa può, in quanto umano , diventare relativa. Attualmente, come sottolineano S. Barthélémy e N. Taliana, le logiche amministrative quantitative, la necessità di una produttività, il ritorno di tecnologie sofisticate, può comportare ad un oblio di cosa può essere lo spazio di relazione, quest’ultimo creato principalmente, se non esclusivamente, da emozioni. Quello che di cui non si tiene conto,in una prospettiva economica, si deve forse ricercare nel rapporto medico malato e viceversa dove c’è una dimensione, senz’altro più presente decenni or sono, di intimità oggi parzialmente distrutta in termini di protocolli, di norme a salvaguardia sia del medico e del paziente; che cos’è l’intimità se non un’area di gioco in cui la responsabilità è largamente condivisa? Da qui il ricorso a pratiche diagnostiche inutili, dettate dalla paura, con scarse ipotesi da verificare, la riduzione del periodo di riflessione sul malato, la coartazione del pensiero, la scarsa adesione all’osservazione interdisciplinare. È facile condannare l’ignoranza ma quando quest’ultima sostiene ed alimenta la paura forse c’è qualcosa che non va nella comunicazione e di tutto questo non sono i sanitari gli unici ad essere responsabili di quella coscienza emotiva sacrificata sull’altare della razionalità intesa come equivalente della verità. Da questo giudizio non escono bene gli organi di comunicazione sociali che non si prendono sufficientemente le loro colpe soprattutto quando, dietro la bandiera della pluralità, esprimono informazioni divergenti se non contradittorie; ritorna il paradosso dell’Asino di Buridano che muore nell’incertezza tra due mucchi uguali di fieno senza saper scegliere quale mangiare.
Il ricorso allora all’approfondimento emozionale diventa una strada possibile per il malato per gestire un momento anche grave del suo momento di vita e del sanitario che include, in questa ricerca emozionale, un aspetto non trascurabile del suo esercizio. Si è partiti dalla pietà … forse per dare delle risposte che un’attenta contemplazione michelangiolesca potrebbe implementare.
In questo giorno del ricordo della malattia, della malattia dei nostri pazienti, delle nostre malattie e di tutte quelle delle persone che amiamo, celebrando la pietà, festeggiamo la speranza e auriamo a tutti come fanno gli scouts, buona strada.
Prof Salvatore Settineri
Associato di Psicologia Clinica
Dipartimento di Scienze Biomediche, Odontoiatriche e delle Immagini Morfologiche e Funzionali (BIOMORF)
Università degli Studi di Messina
Delegato del Dipartimento BIOMORF alla III Missione
c/o A.O.U. Policlinico “G. Martino”
Via Consolare Valeria, 98125 Messina
Editor in Chief Mediterranean Journal of Clinical Psychology