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Auguri di Pasqua del Prof. Arcoraci Presidente FEDERDPEV Messina

Auguri di Pasqua del Prof. Arcoraci Presidente FEDERDPEV Messina

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Cari amici,

Siamo a Pasqua, Pasqua 2022, molto sofferta nella carne e nello spirito per gli eventi negativi pandemici e, molto triste per la guerra che tocca in maniera particolare una parte del mondo “civile” dando spettacolo cruento che addolora chi crede nella legge degli uomini e spera nella misericordia divina. Giorno per giorno, vedo le immagini. In ogni persona che soffre, che muore per la pretesa di un uomo, vedo Cristo con la sua “passione” – anche questa sofferenza umana – anche questa spettacolo cruento in ragione di un Suo volere: il perdono, la fratellanza, la pace. La Pasqua, che nella sua rievocazione incomincia con la quaresima, con la imposizione delle ceneri, ci ricorda che siamo cenere, arriva al giovedì santo, giorno del lavaggio dei piedi e ci invita ad essere umili, prosegue con la passione fino alla morte…, alla resurrezione, per sottolineare la “donazione”. Segnata da simboli e trascritta con le parole dei vangeli, non è cronaca giorno dopo giorno, ma indicazione di eventi già annunciati nell’Antico Testamento e vissuti in un contesto storico che mostrano con gli atti e le parole, la figura di un Uomo che ha predicato il bene e, scientemente si è portato al sacrificio. Di un Gesù che ha accettato, anche voluto la sofferenza e ha donato Se stesso per essere esempio di amore e di redenzione. Gesù, dopo la sua lunga meditazione in solitario silenzio, ha deciso: è entrato nella città santa di Gerusalemme. Lo ha fatto dopo un lungo periodo di predicazione e dopo avere raccolto attorno a sé gli Apostoli, gente povera, ma a Lui devota. Lo ha fatto dopo avere mostrato e in più occasioni, di avere un potere al di sopra di quello umano; dopo che di Lui si è parlato tanto e bene. Come era nel suo modo di essere, umile tra gli umili, lo ha fatto con grandissima umiltà: è entrato su un asino, come si conveniva a un povero, ma ha avuto attorno a sé, una grande folla festante che agitando rami di palma, ha steso per terra i mantelli. Il suo ingresso è stato trionfale. Egli è stato osannato con le parole riportate nei vangeli: Benedetto colui che viene nel nome del Signore. E’ entrato in città, predicando perdono e praticando amore, trascinando la gente. Egli, che aveva curato i malati, aveva risuscitato i morti, redento la prostituta, con quell’atto, in quel momento, ha osato. Silenziosamente, ma in nome di Dio, ha sfidato Caifa, il sommo sacerdote. Con lui, tutto il potere religioso che in Cristo vedeva l’uomo contro corrente, oggi diremmo, il “rivoluzionario” nelle idee. Su di Lui c’era il sospetto del Sinedrio. I suoi atti e le sue parole, predicavano il verbo e scuotevano il sistema gestito da altri. Questo suo fare, lo rendeva inviso. Per alcuni, era un ipotetico nemico e come tale doveva essere perseguito, combattuto, condannato pubblicamente. Portato nel pretorio davanti a Pilato, rappresentante di Roma, è stato accusato di essere malfattore. Pilato non ha ritenuto grave la colpa; si è lavato le mani. Lo ha rimandato ai giudei perché fossero loro a giudicarLo. Ma i Giudei dissero a Pilato: “A noi non è lecito far morire nessuno”. E Pilato ha domandato a Gesù: “Sei tu il re dei Giudei?” E Gesù rispose: “Tu lo dici!” “Sì, sono un re, ma il mio regno non è di questo mondo”. Dal che, la condanna. Gesù ha accettato e si è dato in maniera totale. Ha vissuto la sentenza in scienza e coscienza. Ha iniziato il suo calvario fatto di derisione, di umiliazione con il manto rosso sulle spalle e la corona di spine sulla testa. Lo ha vissuto con la croce sulla spalla, la flagellazione, la salita al patibolo, la crocefissione. L’ha sopportata con tutta la sua sofferenza umana, con la rassegnazione e non si è ribellato. Per Lui, è stato cammino dovuto, è stata la sua missione. Come uomo, ha avuto attorno a Sé, l’umana pietà: in mezzo alla folla, le donne piangenti, Simone il Cireneo che lo ha aiutato. Come reo, è stato umiliato sulla croce, crocifisso tra i due ladroni. Ha Sofferto il dolore fisico e ha avuto il suo momento di sconforto: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato. Ma si è dato in maniera totale. Lo ha sentito suo destino e lo ha vissuto con: Ho sete. Forte della sua missione, si è consegnato: Padre… nelle tue mani consegno il mio spirito….Tutto è compiuto. Il suo amore è stato grandissimo e lo ha espresso con le parole: Padre, perdona loro, poiché non sanno quello che fanno…. Lo ha mostrato con l’amorevolezza del figlio che rivolgendosi alla madre ha rassicurato: Donna, ecco tuo figlio. Figlio, ecco tua madre. Lo ha incarnato con la dignità di un Dio che rivolgendosi al ladrone convertito, promette: In verità, ti dico, oggi tu sarai con me in paradiso. Ogni suo gesto è stato regale. Il patire sulla croce lo ha rappresentato con tutta la dignità di un Re che muore senza un lamento. Che mostra sul viso la serenità del Suo trapasso. La croce che lo ha mostrato nel suo umano patire, ma anche nella serenità della morte, da subito è diventata, e continua ancora nei secoli, ad essere emblema di fede…, della Sua fede, del Suo coraggio, della Sua totale donazione. E’ diventata atto d’amore segnato con il sangue e sottolineato con le lacrime per redimere da ogni colpa. Al credente, ha aperto la strada della salvezza. A tutti, una Buona Pasqua nel nome del Signore. Nino Arcoraci