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di Sara Mohammad (PENSIERO SCIENTIFICO EDITORE)
Le giornate si allungano, le temperature aumentano e le piante si riempiono di fiori. Ma per qualcuno la primavera è soprattutto la stagione delle allergie: starnuti, lacrimazione e naso che cola sono tra i sintomi che accompagnano, specialmente in questo periodo dell’anno, chi soffre di pollinosi, un’infiammazione delle vie respiratorie superiori scatenata dal contatto con gli allergeni del polline.
Dottore, le persone allergiche al polline sono in aumento?
Quello delle allergie è un fenomeno in crescita. I dati più recenti indicano che, in Italia, le riniti allergiche sono aumentate di quasi dieci punti in percentuale dal 1991 (16,8%) al 2010 (25,8%) e si stima che ogni anno circa nove milioni di persone soffrano di allergie respiratorie derivanti dalla presenza di pollini nell’aria [1,2]. Le cause di questo incremento sono molteplici: la minore abitudine a trascorrere gran parte del tempo in ambienti aperti, la crescita dell’impiego di antibiotici e del consumo di alimenti raffinati, il ridotto contatto con gli agenti infettivi nei primi anni di vita, l’introduzione di nuove specie vegetali e l’aumento dell’obesità sono fattori che possono aumentare il rischio di allergie [3]. A questi si aggiunge il cambiamento climatico, considerato da molti ricercatori un fattore chiave nell’incremento delle pollinosi.
Qual è la relazione fra cambiamento climatico e allergie al polline?
Il cambiamento climatico può accelerare la crescita delle piante e favorirne la fioritura precoce, portando non solo a un’estensione della stagione delle allergie, ma anche a un aumento della produzione di pollini e del loro potere allergenico [4]. Due ricercatrici dell’università del Michigan hanno simulato gli effetti di un aumento delle temperature e delle emissioni di anidride carbonica (CO₂) sulle 13 specie vegetali più comuni negli Stati Uniti, stimando un incremento della produzione di polline di circa il 200%, un anticipo di circa 40 giorni e un aumento di 19 giorni della stagione pollinica da qui alla fine del secolo [5,6]. Anche uno studio realizzato su scala europea e pubblicato nel 2012 sulla rivista scientifica PLoS ONE ha dimostrato che la quantità media di pollini rilasciata da cipressi, platani, ambrosie e altre specie vegetali allergeniche diffuse nel nostro continente è in aumento da anni [7].
Quali fattori climatici influenzano la produzione di polline?
Come detto in precedenza, secondo alcuni ricercatori l’aumento delle temperature sarebbe responsabile dell’allungamento della stagione pollinica e dell’aumento della concentrazione di polline nell’atmosfera in molte delle località dell’emisfero settentrionale [8]. Ma altri ricercatori sostengono che la crescita delle emissioni di CO₂, dovuta alle attività industriali e, in genere, umane che hanno un impatto negativo sugli ecosistemi, sia in grado di spiegare meglio l’incremento della produzione di polline: concentrazioni più elevate di CO₂ favoriscono la fotosintesi, stimolando la crescita e la riproduzione delle piante [7].
Dottore, anche l’inquinamento incide negativamente sul fenomeno delle allergie?
Gli effetti dell’inquinamento atmosferico sulle allergie al polline cambiano a seconda della tipologia e della concentrazione degli inquinanti presenti nell’aria, del tempo di esposizione, della ventilazione, di altri fattori climatici e delle specifiche interazioni fra pollini e inquinanti. In generale, però, chi abita nelle vicinanze di una strada trafficata ha più probabilità, rispetto a chi vive in campagna, di starnutire e lacrimare a causa del polline [9]. I motivi possono essere diversi: le sostanze inquinanti danneggiano la parete cellulare dei granuli pollinici, facilitando il rilascio degli allergeni nell’aria e il loro ingresso nell’apparato respiratorio, stimolano la produzione degli anticorpi coinvolti nella risposta allergica e possono anche alterare i processi biologici che nelle piante sono responsabili della produzione degli allergeni contenuti nel polline [10]. Inoltre, concentrazioni di ozono particolarmente elevate, come quelle che si registrano in molte città dell’area mediterranea nelle giornate di sole, possono favorire la produzione di polline con capacità allergenica più elevata [11].
(Fonte: dottoremaeveroche.it)