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“In Campania le attività di screening, seppur partite energicamente, sono state un po’ rallentate a causa del Covid, come è avvenuto d’altronde in tutta Italia. Ora però stiamo rimettendo in campo tutta una serie di progetti ben strutturati per l’eradicazione dell’epatite C. Da tempo abbiamo avviato su questo tema due tavoli, uno tecnico-operativo e l’altro scientifico, coinvolgendo tantissimi esperti. Quanto al futuro, l’idea è quella di partire a settembre con un progetto, scaturito da una iniziativa promossa dagli uffici regionali, che riguarda i test di screening e l’appropriatezza diagnostica”. Lo ha detto il dottor Carmine Coppola, Direttore UOC Medicina Interna, Epatologia ed Ecografia Interventistica Ospedale di Gragnano – ASL Napoli 3 Sud, in occasione del corso di formazione Ecm sulla gestione dei pazienti con epatite C tossicodipendenti dal titolo ‘Epatite C: modelli di linkage to care – L’esperienza della ASL Napoli 3 Sud verso l’eradicazione dell’infezione nelle popolazioni speciali’, che si è svolto oggi presso la sala conferenze dell’Ospedale Gragnano (Napoli). L’evento, organizzato dal provider Letscom E3, con il contributo incondizionato di AbbVie e il patrocinio di SIMIT, FeDerSerD, SIPaD e SITD, rientra nell’ambito del progetto ‘HAND – Hepatitis in Addiction Network Delivery’, che mira a creare una rete di diagnosi, presa in carico e cura alla luce dei nuovi farmaci in uso dal 2014 che garantiscono una guarigione dall’epatite C superiore al 95%.
Ma come si può abbreviare il percorso di test and treat del paziente complesso? “A tal proposito il nostro centro ha una buona esperienza di collegamento con i Ser.D. aziendali- ha fatto sapere il dottor Coppola- Noi abbiamo una popolazione di oltre 1 milione di abitanti e quello di Gragnano è l’unico centro di riferimento di cura dell’epatite C: abbiamo curato moltissimi pazienti e li abbiamo ‘consegnati’ all’eradicazione. C’è ancora un residuo di attività da portare avanti e questo si riferisce a persone che fanno uso di sostanze, le quali hanno più difficoltà a recarsi presso il nostro entro per problematiche sociali, familiari o psichiatriche. Ma proprio su questo stiamo lavorando con i colleghi dei Ser.D., per cercare, a partire da settembre, di creare un collegamento e arrivare a portare la terapia direttamente in prossimità delle persone. Per alcuni pazienti particolari potremmo persino immaginare di consegnare il farmaco ai medici del Ser.D., che hanno più capacità di valutare l’aderenza e l’efficacia di alcuni testing”.
Le parole di Coppola sono “pienamente condivisibili” secondo il dottor Antonio Barchetta, dirigente medico presso il Ser.D. Nola – ASL Napoli 3 Sud, che ha fatto sapere: “La fascia di popolazione che fa uso di sostanze rappresenta circa il 60% dei pazienti portatori di virus dell’epatite C, quindi si tratta di un bacino abbastanza rilevante. Per questa popolazione, svantaggiata in tutti i sensi, è davvero problematico raggiungere l’unico centro di cura per l’epatite C che si trova nell’ospedale di Gragnano. Stiamo per questo cercando di portare l’epatologia il più vicino possibile all’altro polo medico, cioè all’Ospedale di Nola, dove è presente la farmacia ospedaliera. Inoltre stiamo cercando di organizzare le visite epatologiche, una o due volte al mese, presso il nostro Servizio e di far accedere i pazienti ai farmaci perché li abbiamo a portata di mano. Speriamo davvero che questa rete a settembre possa trovare l’avvio”.
A partecipare al corso anche il dottor Domenico De Cicco, dirigente medico UOSD Pomigliano D’Arco – ASL Napoli 3 Sud, che ha detto: “Con l’evento di oggi si realizza sicuramente il ‘giro di boa’ per migliorare l’accesso e la compliance alle cure per l’epatite C nella popolazione speciale di consumatori di sostanze. Per realizzare questo progetto e arrivare al tanto sommerso, che è ancora da diagnosticare e trattare- ha sottolineato- c’è bisogno di migliorare il sistema integrato già in atto e che abbiamo definito ‘modello Gragnano’. La dimensione biologica, che riguarda la diagnostica e la terapia con i farmaci DAA, risulta altamente adeguata. Per quanto riguarda quella psicologica motivazionale, invece, bisognerebbe incrementare il rapporto con il terapeuta all’interno dei Servizi ma anche sul territorio. Non è possibile ignorare la condizione sociale di alcuni pazienti che, molte volte, vivono uno stato di evidente marginalità. Dobbiamo allora lavorare per annullare le distanze e creare maggiore prossimità. In questa integrazione non dobbiamo poi dimenticare i medici di base, i quali hanno il compito di evidenziare la popolazione dei contatti in relazione con quella dei consumatori di sostanze. Con un serio lavoro di squadra penso che riusciremo a realizzare gli obiettivi che ci siamo prefissi, l’eradicazione dell’epatite C”.