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di Giulia Annovi
Leucemie, linfomi e mielomi sono forme tumorali del sangue. Oggi sono disponibili terapie sempre più mirate per combattere le diverse forme di tumore. Grazie all’analisi genetica, siamo in grado di riconoscere le mutazioni che provocano un certo tipo di tumore o che rendono riconoscibili le cellule tumorali da quelle sane [1,2]. È un’opportunità per colpire in modo specifico le cellule alterate e bloccarne la proliferazione.
Dottore ma che differenza c’è tra leucemie, linfomi e mielomi?
Con il termine leucemia si fa riferimento a una serie di tumori causati da alcune anomalie a livello dei globuli bianchi, le cellule del sangue coinvolte nella risposta immunitaria. Le leucemie possono essere classificate in acute e croniche, in base alla loro aggressività.
Le leucemie croniche hanno un decorso più lento e controllabile con farmaci appropriati. Inoltre, si differenziano in leucemie mieloidi o linfatiche, a seconda del tipo di cellula colpita dalle alterazioni che portano alla malattia. Infine, sono malattie che possono insorgere in età diverse: ad esempio, mentre la leucemia mieloide acuta è la più comune tra gli anziani, la leucemia linfoblastica acuta colpisce nell’80% dei casi i bambini al di sotto dei 15 anni.
I linfomi, invece, sono tumori che interessano il sistema linfatico e, più precisamente, i linfociti, le cellule preposte alle difese nei confronti delle infezioni. I linfociti si trovano nei linfonodi, nella milza, nel timo e nel midollo osseo. Questi tumori si dividono in linfomi di Hodgkin e in linfomi non Hodgkin. I linfomi di Hodgkin sono le forme tumorali più frequenti fra i 20 e i 30 anni di età, mentre i linfomi non Hodgkin rappresentano un gruppo eterogeneo di tumori (circa 60) del sistema immunitario e colpiscono soprattutto persone adulte di età medio-alta [3].
Il mieloma multiplo, infine, è il secondo tumore del sangue più comune. È un tumore originato dalla moltiplicazione incontrollata delle plasmacellule, le cellule del sistema immunitario che hanno il compito di produrre gli anticorpi.
Dottore, quali terapie sono a disposizione per il trattamento?
Le terapie consolidate per la cura di leucemie, linfomi e mielomi consistono spesso nell’utilizzo della combinazione di farmaci chemioterapici. Alle chemioterapie sono spesso accostate terapie radioterapiche.
Nel caso in cui un paziente si dimostri resistente a tali tipi di trattamento, si può arrivare al trapianto o all’autotrapianto di midollo osseo, nel tentativo di sostituire il tessuto malato del paziente con un tessuto sano [4,5,6]. Il trapianto va accompagnato da una terapia immunosoppressiva.
Come funzionano chemioterapia e radioterapia
La chemioterapia consiste nella somministrazione di una o più sostanze capaci di aggredire le cellule che si moltiplicano più rapidamente, quindi in particolare quelle cancerose.
La radioterapia, invece, è una terapia in grado di provocare la morte delle cellule del tumore attraverso l’utilizzo di radiazioni.
Dottore, oggi esistono terapie avanzate in grado di combattere meglio queste forme di tumore?
Una migliore conoscenza dei tumori a livello genetico ha consentito di sviluppare terapie bersaglio. Si tratta di farmaci capaci di bloccare la proliferazione o di indurre la morte solo nelle cellule maligne, cioè in quelle che presentano una specifica alterazione.
Ad esempio, nel caso della leucemia mieloide cronica, uno dei farmaci utilizzati con tale meccanismo di azione è l’inibitore di tirosin-kinasi. Si tratta di una terapia in grado di bloccare la proliferazione delle cellule leucemiche. In altre circostanze si preferisce colpire bersagli non genetici, che riguardano l’ambiente in cui il tumore si sviluppa: ad esempio, agenti cellulari che controllano il ciclo di crescita e moltiplicazione delle cellule o la morte delle cellule tumorali [7,8].
Dottore, ho sentito parlare anche delle CAR-T…
Oggi sono a disposizione anche terapie che consentono di “allenare” il sistema immunitario del paziente in modo che riconosca e colpisca le cellule tumorali. Si tratta di terapie cellulari che prevedono di prelevare i linfociti T (un tipo di globuli bianchi) dal paziente e di modificarli in modo che esprimano un recettore specifico mediante tecniche di ingegneria genetica. I linfociti artificiali si chiamano CAR-T e sono in grado di riconoscere e colpire le cellule tumorali del paziente.
La terapia CAR-T al momento è disponibile per il trattamento dei pazienti con leucemia linfoblastica acuta a cellule B, per alcune forme molto aggressive di linfomi non-Hodgkin che colpiscono le cellule B e per il mieloma multiplo. Ci sono diverse terapie in fase di approvazione da parte delle agenzie regolatorie e quindi assisteremo a un ampliamento delle possibilità di cura. Inoltre, l’attenzione della ricerca clinica si sta rivolgendo anche all’ambiente e al metabolismo che favorisce la proliferazione tumorale, elementi da non sottovalutare per permettere un’azione più efficace delle CAR -T [9,10].
Il funzionamento normale del sistema immunitario è sfruttato anche in una seconda terapia che utilizza anticorpi creati in laboratorio e poi somministrati al paziente. Anche in tal caso, gli anticorpi sono in grado di distinguere le cellule tumorali da quelle sane.
Esistono, infine, farmaci immunomodulatori che utilizzano il sistema immunitario del corpo per combattere il cancro. Agiscono interferendo con la capacità delle cellule tumorali di produrre proteine che consentono loro di nascondersi dal sistema immunitario [5,7].
Dunque, dottore, oggi si può sopravvivere dopo una diagnosi di tumore del sangue?
La sopravvivenza dei malati a cinque anni dalla diagnosi è migliorata rispetto al passato. In Italia, il 50,3% degli uomini e il 46,9% delle donne sopravvive a cinque anni dalla diagnosi di leucemia. Questo dato, tuttavia, è influenzato dall’elevata mortalità che caratterizza le leucemie acute. Per quanto riguarda il mieloma, sopravvivono il 52,1% degli uomini e il 53,6% delle donne. Per i linfomi occorre distinguere: nel caso dei linfomi di Hodgkin la sopravvivenza riguarda l’85,3% degli uomini e l’87,3% delle donne; quelli non-Hodgkin permettono la sopravvivenza al 67,1% degli uomini e al 70,1% delle donne [3].
C’è grande speranza nelle nuove terapie che stanno emergendo. Data la loro specificità si spera di poter aumentare le guarigioni, riducendo al contempo la tossicità dei trattamenti.
(Fonte: dottoremaeveroche.it)