La testata digitale dell'OMCeO Messina
 
La rabbia e collera nell’autismo

La rabbia e collera nell’autismo

Views: 1299

di Emidio Tribulato

La rabbia e i comportamenti collerici sono emozioni primitive e universali presenti in tutti gli animali superiori e in tutti gli esseri umani, qualunque sia la loro età. Queste emozioni si attivano ogni volta che il soggetto avverte di essere aggredito, minacciato o in qualche modo disturbato. Sono quindi istintivi meccanismi di difesa che la natura ha messo a disposizione di ogni individuo.

La collera può manifestarsi con parole offensive o con comportamenti battaglieri verso tutte quelle persone che, per qualche motivo, giudichiamo colpevoli di averci minacciati o di averci gravemente disturbati od offesi. Tuttavia, quando si ritiene che non sia conveniente reagire verso chi ha provocato la nostra collera e rabbia, queste emozioni possono essere spostate su sé stessi, mediante atti di autolesionismo, oppure su oggetti, persone e animali assolutamente innocenti, i quali, in questo caso, diventano strumenti atti a scaricare la tensione che si era accumulata nel nostro animo.

La rabbia e i comportamenti collerici hanno la caratteristica di presentarsi in modo improvviso e travolgente ma la loro durata è di solito breve, giacché, il soggetto coinvolto, dopo aver scaricato la tensione interiore che aveva sentito crescere dentro di sé, dopo breve tempo inizia a rasserenarsi.

Il bambino piccolo mostra la sua collera con grida, calci, schiaffi, morsi, parole offensive, rifiutando di mangiare o espellendo le urine e le feci. Ciò può avvenire ad esempio, quando crede di non essere capito, amato o quando avverte il rischio di essere allontanato, abbandonato o che i genitori si separino e quindi vi sia la possibilità di perdere la presenza o l’amore di almeno uno di essi. Rabbia e collera possono scatenarsi anche quando il bambino soffre per delle punizioni, richiami o rimproveri che ritiene ingiusti. Tuttavia, quando l’essere umano cresce e matura, le reazioni rabbiose e le manifestazioni colleriche diventano meno frequenti, sono più contenute e vengono espresse con le parole, piuttosto che con manifestazioni fisiche. Queste emozioni possono essere presenti in tutta la vita dell’individuo ma sono più frequenti nelle persone che hanno molto sofferto.

Rabbia e collera, nei soggetti con disturbi autistici, somigliano a quelle presenti nei bambini piccoli: sono frequenti, sono espresse in modo eclatante, hanno breve durata e, ad un esame superficiale, appaiono, almeno in parte, immotivate.

La dottoressa Grandin, a questo riguardo, riporta alcuni suoi vissuti interiori:

‹‹Quando mi arrabbio, è come un temporale estivo: la rabbia è intensa ma, una volta che la supero, l’emozione svanisce rapidamente››. [1]

E ancora la stessa autrice: ‹‹Avevo scoppi di rabbia anche quando mi stancavo o ero disturbata da un rumore eccessivo, come quello delle trombette alle feste di compleanno. Il mio comportamento era come un interruttore automatico che scattava. Un momento stavo bene ed ero tranquilla, mentre il momento dopo ero per terra che scalciavo e gridavo come un pazzo furioso››.[2] E ancora: ‹‹Ad una conferenza un uomo con autismo mi disse che lui provava solo tre emozioni: paura, tristezza e rabbia. Non provava mai gioia. Disse anche di avere problemi con l’intensità delle sue emozioni, che erano fluttuanti e a volte indistinte, in modo simile a quanto accadde alle percezioni con la confusione sensoriale››.[3]

De Rosa provava rabbia quando giocando sbagliava e perdeva, quando gli altri lo trattavano da stupido e da bambino piccolo ma anche quando non capivano che il suo agitarsi, correre o parlottare dipendeva dalla sua ansia e così concludeva: ‹‹Insomma non è facile essere autistici in un mondo di non autistici››. [4] 

Quando queste emozioni sono rappresentate mediante il disegno, in questo sono evidenti molti elementi appuntiti, come delle frecce da lanciare contro chi ci fa del male o pensiamo ci abbia fatto soffrire.

 Molti elementi appuntiti per esprimere la rabbia

 I motivi della rabbia e della collera sono poco comprensibili se non si riesce a inquadrarli nel contesto di vita dei bambini con sintomi di autismo. Questi bambini si arrabbiano soprattutto quando avvertono che gli altri non hanno la giusta attenzione e rispetto per i loro bisogni, per la loro esasperata eccitabilità e sensibilità, per le loro fobie e paure, per la loro continua e spasmodica ricerca di momenti di serenità e pace. E quindi gridano e si disperano quando le persone alzano la voce o li costringono a rimanere in un ambiente rumoroso e, per loro, pieno di pericoli, che però gli altri non vedono e giudicano come tale. Essi si arrabbiano quando gli altri chiedono di fare o non fare una determinata azione, mentre dentro di loro infuria la tempesta o quando chi li circonda effettua dei cambiamenti nell’ambiente e nei tempi delle occupazioni giornaliere, senza tener conto e rispettare il loro bisogni di stabilità e immutabilità degli oggetti, degli orari e degli avvenimenti che permettono loro un minimo di certezza e serenità. Questi bambini con disturbi autistici si arrabbiano anche quando gli altri limitano i loro interessi, giudicati ristretti e anomali o quando sono rimproverati o richiamati per i loro giochi, le loro stereotipie, le loro abitudini e i loro rituali, apparentemente inutili e senza scopo.

Purtroppo, anche in questi bambini particolari, quando la collera cessa, qualcosa rimane nel loro animo. È il sospetto, la diffidenza, il risentimento, il rancore, l’astio o la disaffezione verso chi, anche senza volerlo, ha fatto li ha fatti soffrire, verso chi non ha tenuto in giusta considerazione i loro bisogni e le loro necessità, oppure, con i propri comportamenti non ha cercato di diminuire i loro malesseri, ma anzi li ha provocati o accentuati. Ciò accentua e peggiora la loro sintomatologia.

Queste esplosioni di collera, invece, diminuiscono notevolmente per poi scomparire del tutto quando mediante la tecnica del Gioco Libero Autogestito gli adulti, e soprattutto i genitori, partecipano alle attività e ai giochi scelti dal minore con un atteggiamento giocoso, affettuoso, accogliente, dialogante, senza mai opporsi alle sue scelte e richieste e senza mai criticare, disapprovare e tanto meno punire i suoi comportamenti, tranne che non comportino un reale e immediato pericolo per sé o per gli altri.


[1] Grandin T. (2006), Pensare in immagini, Trento, Erickson, p. 97.

[2] Grandin T. (2006), Pensare in immagini, Trento, Erickson, p. 50.

[3] Grandin T. (2001 – 2006), Pensare in immagini, Erickson, Trento, p. 100.

[4] De Rosa F. (2014), Quello che non ho mai detto, San Paolo, Cinisello Balsamo, pp. 98-99.