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di MARIA CRISTINA VALSECCHI
Per una donna in Italia in media il rischio di sviluppare un tumore al seno nel corso della vita è del 12,5% [1]. Grazie ai test di screening raccomandati e offerti gratuitamente dal Servizio Sanitario Nazionale, oggi è possibile diagnosticare la malattia in fase precoce e intervenire tempestivamente. Come risultato, la mortalità per carcinoma della mammella negli ultimi anni si è ridotta progressivamente: attualmente la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è dell’88%.
A oggi invece non esistono test di screening che permettano di diagnosticare precocemente il tumore ovarico e nel 70-80% dei casi si arriva alla diagnosi con la malattia in forma già avanzata. La sopravvivenza a 5 anni è del 43%. Il tumore ovarico, però, è meno comune di quello al seno: la probabilità di soffrirne nel corso della vita è dell’1,8%.
I dati esposti fin qui si riferiscono alla popolazione generale. Rimuovere il seno o le ovaie a scopo preventivo, affrontare interventi chirurgici demolitivi e rinunciare a organi sani a fronte di un rischio di questa entità non sarebbe vantaggioso.
Dottore, in quali casi è opportuno rimuovere seno e ovaie?
Esistono delle varianti genetiche ereditarie predisponenti che aumentano in modo significativo il rischio individuale di alcune persone di sviluppare nel corso della propria vita un tumore al seno o alle ovaie.
Le varianti più comuni sono quelle a carico di due geni, chiamati BRCA1 e BRCA2, che svolgono la funzione di riparare i danni prodotti accidentalmente al DNA delle cellule da contaminanti ambientali, sostanze contenute nel fumo di sigaretta, radiazioni e diversi altri agenti chimici e fisici. Se uno dei due geni è difettoso e non può svolgere correttamente il suo compito, aumenta la probabilità che un danno casuale al DNA, non corretto, inneschi una degenerazione tumorale.
La portatrice di una variante oncogena di BRCA1 ha una probabilità del 72% di sviluppare un carcinoma mammario nell’arco della vita e una probabilità del 44% di sviluppare un tumore ovarico [2]. Quando il gene mutato è BRCA2, il rischio di tumore al seno è del 69% e quello di tumore ovarico è del 17%. Inoltre le forme tumorali correlate a mutazioni dei geni BRCA di solito sono più aggressive, caratterizzate da un decorso più rapido rispetto a quelle che colpiscono sporadicamente la popolazione generale.
Per abbassare il rischio personale di tumore al seno, queste persone possono intraprendere due possibili condotte. Possono iniziare un percorso di sorveglianza assidua, con esami periodici diversi e più frequenti rispetto a quelli previsti per la popolazione generale, nel tentativo di diagnosticare la malattia in fase precoce: una risonanza magnetica al seno e una mammografia ogni anno, alternate a 6 mesi una dall’altra.
Oppure, possono sottoporsi a una mastectomia preventiva rimuovendo tutto il tessuto ghiandolare potenziale bersaglio del carcinoma mammario, riducendo il rischio di sviluppare un tumore al seno fin quasi ad annullarlo.
Per quanto riguarda il tumore ovarico, poiché non sono disponibili esami per diagnosticarlo precocemente, l’unica condotta possibile per abbassare il rischio è rimuovere le ovaie, intervento che di norma viene proposto dopo i 35-40 anni o nel momento in cui la donna ha spesso già portato a termine i suoi progetti riproduttivi.
Dottore, cosa comporta l’operazione?
Occorre premettere che la scelta spetta ovviamente alla donna direttamente interessata, adeguatamente informata su pro e contro di ciascuna opzione. Sul sito dell’Associazione aBRCAdabra [3], che sostiene i portatori di mutazioni dei geni BRCA e le loro famiglie, sono reperibili informazioni sulle conseguenze degli interventi preventivi.
La rimozione del seno con posizionamento di protesi comporta alcune settimane di convalescenza, dolore post-operatorio, il rischio di emorragie, infezioni, necrosi dei capezzoli o della pelle, la possibile necessità di fare più interventi ricostruttivi per un risultato cosmetico ottimale, insensibilità del capezzolo e possibili ripercussioni psicologiche e sul benessere sessuale. La rimozione delle ovaie comporta la menopausa precoce, a cui si può ovviare con una terapia ormonale sostitutiva, e anche in questo caso possibili ripercussioni sul benessere sessuale.
Una ricerca pubblicata nel 2019, condotta su donne italiane portatrici di mutazioni oncogene dei geni BRCA1 e 2, che si sono sottoposte a interventi di chirurgia preventiva, evidenzia che più del 90% tornerebbe a fare la stessa scelta e la consiglierebbe ad altre [4]. Per quanto riguarda la mastectomia, gli unici aspetti negativi rilevati dalle risposte delle partecipanti sono il risultato estetico non sempre soddisfacente e l’insensibilità dei capezzoli.
Per quanto riguarda la rimozione delle ovaie, due terzi delle donne che hanno affrontato l’intervento hanno segnalato importanti sintomi di menopausa, che nella maggior parte dei casi non sono stati trattati adeguatamente.
Come faccio a sapere se ho una mutazione oncogena di BRCA1 o 2?
Esistono migliaia di varianti di ciascuno dei due geni. Molte sono non patogene, cioè non arrecano alcun danno al loro funzionamento. Altre lo alterano in modo più o meno grave. Esistono poi delle varianti di significato incerto, che sono ancora oggetto di studio. Analizzando un campione di sangue è possibile identificare le varianti di BRCA1 e 2 di cui una persona è portatrice. Le linee guida delle società scientifiche italiane e internazionali [2] prevedono di sottoporre a test BRCA tutte le donne che ricevono una diagnosi di carcinoma mammario o ovarico. Si parla in questo caso di test diagnostico, perché la malattia è già in atto e conoscere l’eventuale mutazione genetica correlata al tumore è utile nella scelta della terapia più efficace: quali farmaci e quale tipo di intervento chirurgico. Esistono anche tumori al seno o alle ovaie che non solo correlati ad alcuna mutazione di BRCA. Sono, anzi, la maggior parte.
Le varianti dei due geni si trasmettono per via ereditaria. La portatrice o il portatore di una determinata variante ha il 50% di probabilità di trasmetterla a ciascuno dei suoi figli e delle sue figlie. Anche nei maschi le mutazioni oncogene di BRCA1 o 2 comportano un aumento del rischio di sviluppare determinate forme di cancro, quello mammario e quello della prostata, benché l’entità del rischio per loro sia inferiore a quella delle portatrici di sesso femminile.
Le famiglie in cui si tramanda una mutazione oncogena, dunque, hanno spesso una storia di tumori al seno e alle ovaie insorti in giovane età e particolarmente aggressivi. Se una donna ammalata risulta portatrice di una variante oncogena, si prospetta la possibilità di cercare la variante già identificata nelle altre persone della famiglia che potrebbero averla ereditata. Si parla in questo caso di test predittivo.
C’è poi l’eventualità di una donna sana che ha una storia familiare sospetta, ma non sono disponibili parenti ammalate da sottoporre al test, perché già decedute o perché non danno il loro consenso. In questo caso i suoi geni BRCA1 e 2 vengono analizzati alla ricerca di qualunque mutazione patogena.
In Italia possono accedere all’esame al costo del ticket donne e uomini sani maggiorenni dopo un colloquio con un medico genetista che abbia valutato la loro anamnesi familiare e li abbia giudicati ad alto rischio di mutazione oncogena. Il test non viene esteso all’intera popolazione, anche a chi ha precedenti familiari o personali, perché sono stati osservati alcuni casi di famiglie in cui si tramandano mutazioni oncogene ma non si registra una ricorrenza di casi di tumore. Si ritiene quindi che la sola presenza di mutazioni patogene non sia sufficiente per aumentare il rischio, che entrino in gioco altri fattori al momento sconosciuti, ambientali o genetici, che interagiscono con le mutazioni oncogene e determinano l’aumento effettivo del rischio. Sottoporre tutta la popolazione a test BRCA vorrebbe dire allarmare molte persone che, pur essendo portatrici, non corrono effettivamente un maggior rischio.
A chi devo rivolgermi se risulto portatrice di una variante oncogena di BRCA1 o 2?
Il Piano Oncologico Nazionale 2022-2027, recentemente approvato [5], prevede che in tutta Italia vengano predisposti dei Percorsi diagnostici terapeutici assistenziali dedicati alle persone portatrici di varianti oncogene dei geni BRCA, ma al momento solo alcune Regioni si sono attrezzate in tal senso. Per avere informazioni sulla situazione nella propria Regione o sull’opportunità di rivolgersi a strutture di altre Regioni, conviene parlare con il proprio medico di famiglia, oppure col medico genetista che ha fornito la consulenza prima dell’esecuzione del test e, per informazioni e sostegno, si può contattare l’Associazione aBRCAdabra [3].
Nelle Regioni che prevedono questa possibilità, gli esami da ripetere frequentemente per la diagnosi precoce del tumore al seno in presenza di mutazioni oncogene sono offerti gratuitamente, come pure gli interventi di rimozione profilattica delle mammelle e delle ovaie.
(Fonte: dottoremaeveroche.it)