Views: 158
COMUNICATO STAMPA
Salvare il soldato Servizio Sanitario pubblico e nazionale. È questa la parola d’ordine con la quale la FNOMCeO e le organizzazioni sindacali dei medici dipendenti e convenzionati, dei veterinari, dei dirigenti sanitari, dei medici in formazione annunciano alla Conferenza delle Regioni e delle province autonome ed al Governo e al Ministro che verrà, l’avvio di una mobilitazione in difesa della sanità pubblica, del loro ruolo e delle condizioni del loro lavoro.
Il ridimensionamento dell’intervento pubblico, la china avviata verso la privatizzazione, la carenza strutturale di personale, dipendente e convenzionato, il peggioramento delle condizioni di lavoro con le fughe conseguenti, il trionfo della burocrazia e della “medicina di carta”, mettono a rischio la sopravvivenza stessa del servizio sanitario. Eppure, anche in questa campagna elettorale nessun partito ne ha fatto un tema centrale della propria proposta politica, limitandosi ad interventi frammentari e promesse fantasiose. Il fatto è che della sanità la politica poco sa e poco si cura di sapere, preferendo ignorare la realtà critica delle cose.
La tempesta della pandemia Covid-19 è stata perfetta e, se il personale ha evitato una caporetto sanitaria, il virus ha agito evidenziando, e accelerando, le contraddizioni strutturali del nostro sistema sanitario, cambiando radicalmente e, forse, definitivamente, lo scenario in cui ci muoviamo. Sono rimaste sul tappeto l’emergenza degli ospedali e delle cure primarie territoriali, Pronto soccorso allo stremo, medicina convenzionata burocratizzata e in molti dei punti del paese assente per errata programmazione, prevenzione primaria e secondaria mai o poco nell’agenda dei processi assistenziali, riducendo l’accesso alle cure di primo livello e creando di conseguenza liste d’attesa che i fondi del PNRR rischiano di non riuscire a risolvere in assenza di un necessario coordinamento che realizzi in un unicum la risposta di cure, superi la frammentazione fra medicina ospedaliera e territoriale e non releghi la continuità assistenziale a miraggio.
Emergenze che stentano, però, a comparire tra gli interventi prioritari promessi dai partiti politici nella campagna elettorale in corso, mentre si acuisce la crisi del carattere unitario del servizio sanitario, la cui disarticolazione comporta una perdita complessiva di coesione sociale affidando la qualità e la sicurezza delle cure al codice di avviamento postale.
La ricostruzione economica e sociale non deve fare slittare in basso nell’agenda delle priorità, tra inflazione, crisi energetica e guerra in Europa, la sanità pubblica, solidale e universalistica, che produce e non consuma ricchezza, considerandola un oneroso capitolo di spesa.
Ma parlare di sanità significa parlare anche di lavoro in sanità e quindi di capitale umano. È innegabile l’attuale crisi della professione medica, stretta tra cambiamento demografico e legittime necessità di genere, restrizione di risorse economiche, ossessione del controllo da parte del management sanitario, trasformazione del “paziente” in “cliente”. Una mortificazione del ruolo professionale correlata a un carico di incombenze burocratiche che sottrae spazio alla clinica, pretendendo di sostituire il cronometro allo stetoscopio, e a una crisi di identità che fa da sfondo, con-causa ed effetto, alla crisi della sanità pubblica che non troverà soluzione se non insieme ad essa.
Salute e capitale umano sono due capisaldi da difendere e da rendere più solidi con risorse adeguate e progetti coerenti. Per questo il rilancio della sanità pubblica deve coniugarsi con la valorizzazione dei nostri ruoli e delle nostre funzioni, per poter contare nei processi decisionali ed essere rispettati nelle nostre competenze. Non numeri chiamati a produrre altri numeri, ma professionisti garanti della esigibilità di un diritto costituzionale.
Al centro delle nostre iniziative sono, infatti, il diritto alla salute dei cittadini, il valore del nostro lavoro, che del SSN è un valore fondante, e la richiesta alla Conferenza delle regioni che c’è e al prossimo Governo di risposte, a partire dalla legge di bilancio, in merito a:
- perdurante latitanza di contratti e convenzioni (con l’incoerenza di avere già un Atto di indirizzo per la Convenzione 2019-2021 per la specialistica ambulatoriale e non ancora per la medicina generale e la pediatria di libera scelta e come manca anche l’Atto di indirizzo del CCNL 2019-2021 per la dipendenza), con gravi danni organizzativi, economici e previdenziali;
- livelli retributivi non coerenti con la gravosità e rischiosità del lavoro;
- assunzioni necessarie a far fronte all’esodo in corso, e a migliorare le condizioni di lavoro nelle strutture sanitarie, ospedaliere e territoriali;
- recupero di ruolo sociale e professionale;
- impegno a evitare lo smantellamento del SSN, in atto da oltre 10 anni, le diseguaglianze conseguenti, la privatizzazione della più grande infrastruttura civile e sociale costruita dal nostro Paese.
Dopo avere evidenziato a più riprese allarme e preoccupazione, riteniamo giunto il momento, in assenza di risposte politiche efficaci, dell’assunzione diretta di responsabilità individuali e collettive attraverso civili e forti azioni, da parte di tutte le forze che hanno a cuore il patrimonio e la sorte del SSN.
Non si salva il sistema delle cure senza o contro chi quelle cure è chiamato a garantire. Anzi, la valorizzazione dei professionisti del Servizio Sanitario Nazionale, dell’area della dipendenza e della medicina convenzionata, è condizione imprescindibile per salvaguardare la salute dei cittadini. Il “capitale dei poveri”. Quella che, dicono, viene prima di tutto. È tempo, insomma, di “curare la sanità perché questa possa curare la salute degli italiani” (Cassese).