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di Filippo Cavallaro
Caligola, ardito nelle sue stravaganze, alle opere che dovevano manifestare la sua potenza aggiungeva precarietà. Fece realizzare manufatti indescrivibili dove oltre alla magnificenza ed alla meraviglia si mostrava il senso di sfida alla natura. Queste opere erano effimere, precarie tutto il contrario delle grandi mura, i palazzi che ancora oggi ci testimoniano la potenza di Roma nell’antichità.
“Il testimone” è il titolo del libro in cui ci viene presentato anche Caligola, lo ha scritto lo scorso anno Paolo Biondi per Edizioni di Pagina, raccontando di ciò che vide dall’alto del suo punto di osservazione l’obelisco in granito rosso che oggi si staglia al centro di Piazza San Pietro in Vaticano.
L’obelisco è accompagnato da Daniele, stalliere ebreo, nel suo viaggio dall’Egitto a Roma e lì ne vive il ruolo di riferimento topografico, allora come oggi.
Ragionando sulla condizione di precarietà delle realizzazioni di Caligola, mi viene in mente la condizione di “diaschisi”, descritta da Von Monakov già nel 1928, che si presenta in tutti i pazienti che vengono colpiti da un evento patologico cerebrale, succede che per un po’ il sistema nervoso non sa come affrontare la quotidianità, è alterato, disorganizzato, è una condizione effimera, precaria che senza guida andrà verso l’affermarsi della deriva patologica.
Il termine è costruito dal greco DIA’ (a traverso) e SCHIZO (divisione), “divisione tra”. Descrive ciò che avviene in seguito ad una lesione cerebrale, quando una zona del cervello viene danneggiata direttamente, con la morte delle cellule nervose, la cui rigenerazione è purtroppo impossibile, impedendo ad altre zone, confinanti o collegate con la zona lesionata, di funzionare correttamente.
Questa condizione del sistema nervoso centrale che inibisce nelle prime fasi ogni risposta motoria, manifestando una flaccidità, è una specifica strategia biologica di difesa, dettata dalla disfunzione/lesione di una regione neuronale anatomicamente separata ma funzionalmente connessa a tutto il sistema.
Caligola, così noto per le scarpe che usava, fu il terzo imperatore della dinastia Giulio Claudia, organizzava eventi e giochi che venivano molto apprezzati dal popolo perché in tali occasioni si offriva da mangiare e si potevano guadagnare premi, non c’era lo stesso trasporto da parte del senato e della classe dirigente, che si sentiva vessata da nuove tasse, che la colpivano direttamente, mentre a beneficio di tutti venne ridotta la tassa sul commercio. Regnò pochi anni e fu considerato inizialmente saggio e giusto, poi colpito da una malattia, dalla quale si riprese, cambiò stile di vita, caratterizzandolo per comportamento e scelte stravaganti. Paolo Biondi ci fa conoscere Caligola attraverso il racconto di Daniele che arrivato a Roma con l’obelisco continuò nel suo mestiere antico con cavalli e cavalieri che per l’imperatore avevano un valore altissimo.
L’importanza del fenomeno della diaschisi sui tempi biologici del recupero e sugli interventi terapeutici che in fisioterapia e in rieducazione funzionale, devono essere adottati, attraverso esercizi di tipo conoscitivo, è evidente, ma deve essere arricchita anche da altri studi più moderni e ancora più indicativi per i riabilitatori.
Nel 1996 un gruppo di scienziati scoprirono che la regione circostante la lesione, quella che viene definita “zona di penombra ischemica”, risultava vulnerabile ad esperienze comportamentali che portavano ad un sovrautilizzo di queste cellule durante il periodo immediatamente post-lesionale. (Kozlowski, James, Schallert 1996).
In seguito, nel 2004, si è osservato che il recupero comportamentale è compromesso dal completo inutilizzo, ma il grado di tale compromissione dipende dal tipo di stimoli impiegati. Addirittura, se nell’immediato periodo post-lesionale si sottopongono i tessuti in diaschisi ad un eccessivo utilizzo ciò provocherebbe un incremento del danno. (Leasure, Schallert 2004).
Caligola fece costruire: delle navi, inutilizzabili per andare in mare aperto, opere ardite già nel galleggiamento, realizzate solo per ospitarvi delle feste; un ponte sul Tirreno tra Pozzuoli e Baia, lungo 4 km, fatto per mostra il bottino di guerra; sfilate di carrozze trainate da vivaci cervi, per onorare Diana, che oggi sono stati sostituiti dalle più pacate ed addomesticabili renne che tirano la slitta di Babbo Natale. Futili passatempi che Daniele ha il compito di organizzare come persona di fiducia, visto che è lo stalliere di Incitatus, cavallo senatore. Si tratta sempre di opere incredibili, meravigliose, che stupivano, caratterizzate dall’essere effimere, precarie, come la vita che si caratterizza per la sua caducità.
I circuiti neuronali che si liberano per primi dall’effetto della malattia cerebrale sono quelli che per funzionare hanno bisogno di un minor numero di comunicazioni, che hanno quindi un più basso livello di integrazione. Un esempio è la ricomparsa dei riflessi osteotendinei, ovvero reazioni motorie dalle possibilità limitate e stereotipate, alcuni li definiscono movimenti poveri o schemi elementari di movimento. Inizialmente la persona ammalata potrà ricorrere solamente a queste strutture deinibite che per loro natura non possono assicurare altro che prestazioni di qualità non elevata.
Daniele, l’ebreo stalliere a Roma ha modo di convertirsi al cristianesimo, che arrivava lì grazie alla testimonianza forte di Pietro e Paolo, e, per il ruolo nelle scuderie imperiali, conoscerà Claudio e poi Nerone ed i rispettivi educatori e consiglieri. Compare nel romanzo anche Seneca che dopo aver contrastato la tirannia imperiale, e Caligola come “tiranno di quotidiana demenza”, si trova ad essere uno dei precettori di Nerone. L’imperatore mentre dall’erudito veniva educato alla politica e non alla filosofia, il nostro stalliere lo addestrava a condurre la quadriga, nuova spettacolare attrazione del circo, che da festa effimera diventerà sempre più occasione e strumento per la gestione del potere.
L’effimero dell’esperienza post lesionale sta nei tentativi di riorganizzazione del corpo malato, che è anche, sempre, quel corpo titolare di molteplici domini. Governando l’apparato muscoloscheletrico si può lasciare alla deriva patologica la riorganizzazione neuronale, per cui la persona svilupperà il controllo di circuiti paucisinaptici, se non addirittura monosinaptici, per stabilizzarsi. Si può guidare il recupero della persona, indicando con esercitazioni specifiche e proposte di esperienze conoscitive, all’utilizzo plastico dei domini presenti nelle memorie cerebrali, offrendo la possibilità di rigovernare, o apprendere, livelli di motricità più evoluti, utilizzando una rete complessa di circuiti nervosi. L’uno o l’altro a dimostrare la capacità adattativa dell’essere vivente, ma nella seconda modalità a contrastare la deriva patologica per affermare, con ardimento, la capacità dell’uomo a continuare per tutta la vita ad apprendere in maniera complessa ed evoluta.