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I rutti ed i peti delle mucche potrebbero così essere tassati in Nuova Zelanda (https://environment.govt.nz/publications/pricing-agricultural-emissions-report-under-section-215-of-the-climate-change-response-act-2002/?itid=lk_inline_enhanced-template). Le mucche, infatti, rilasciano metano, un potente gas serra, e la Nuova Zelanda ha l’obiettivo di raggiungere emissioni nette zero entro la metà del secolo. Per il raggiungimento di questo obiettivo si cerca quindi di “raschiare il fondo del barile” trovando strategie in grado a raggiungere l’obiettivo di emissioni nette zero, necessarie perché il mondo blocchi l’irrefrenabile progressione dei cambiamenti climatici.
È ormai evidente che le attività umane hanno causato il progressivo cambiamento climatico attraverso il continuo rilascio di anidride carbonica nell’atmosfera fin da quando, con la rivoluzione industriale del 1800 hanno iniziato a bruciare combustibili fossili. I gas accumulati stanno ora intrappolando molto più calore di quello che viene rilasciato nello spazio lo sbilancio di questo accumulo porta al riscaldamento globale.
Il metano rappresenta il secondo gas serra più importante, dopo l’anidride carbonica (che persiste nell’atosfera per centinaia o migliaia di anni), che rimane nell’atmosfera solo per un decennio circa prima di essere trasformato in anidride carbonica.
Il metano, però, pur persistendo di meno in atmosfera, prima di essere trasformato in anidride carbonica, è molto più potente a riscaldare il clima.
Bisogna fare però un distinguo sulla provenienza del metano. Va preso in considerazione il fatto che il metano biogenico che proviene da tutti i tipi di bestiame – bovini, ovini, caprini, cervi e persino bufali – ha una vita circolare. La sua origine, come anidride carbonica atmosferica, viene assorbita dall’erba e dalle piante durante la fotosintesi. Queste piante vengono mangiate dagli animali e quindi il metano viene espulso durante la digestione con i rutti, o rilasciato come flatulenza o ancora attraverso il letame in decomposizione. Per circa un decennio il metano così rilasciato rimane nell’atmosfera per poi trasformarsi in anidride carbonica ed essere assorbito nuovamente dalle piante.
L’aumento della domanda di proteine animali da parte della popolazione è in continua crescita con un progressivo incremento del bestiame nelle fattorie.
Al contrario i combustibili fossili, invece, percorrono un ciclo di milioni di anni.
Il bestiame è quindi responsabile di circa un terzo delle emissioni antropogeniche di metano. Questo fa capire come il computo del metano biogenico debba tenere conto della natura circolare del suo ciclo e che quindi vada considerato separatamente dal metano fossile nella ricerca del conseguimento degli obiettivi per il raggiungimento dello zero netto entro il 2050.
Così facendo si corre il rischio che le decisioni politiche che i governi intraprendono oggi con il pretesto di zero emissioni nette rischiano di trasferire i danni del cambiamento climatico alle generazioni future piuttosto che risolvere alla base il problema.
Ridurre la produzione di anidride carbonica indipendentemente dalla fonte, invece di concentrarsi sulla riduzione dell’uso di combustibili fossili, ne è un chiaro esempio.
Compensare in modo sostenibile le emissioni derivanti dalla combustione di carbone, petrolio o gas naturale si può attuare solo rimuovendo l’anidride carbonica prodotta dai combustibili fossili parallelamente all’incentivazione del rimboschimento e del potenziamento delle colture cercando di contenere, per quanto possibile, lo sviluppo degli allevamenti.