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In Italia i medici ci sono, mancano gli specialisti. Ad affermarlo, il Presidente della FNOMCeO, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, Filippo Anelli, intervistato per la trasmissione START di SkyTg24 sulla crisi della sanità pubblica. Sanità che, nonostante i problemi, riscuote ancora la fiducia della maggioranza degli italiani, che la preferiscono a quella privata. In particolare, gli intervistati per uno dei tanti sondaggi presentati nel programma, hanno fiducia nel proprio medico di famiglia.
“In Italia abbiamo quattro medici laureati ogni mille cittadini – ha spiegato Anelli – e siamo quindi al di sopra della media europea. A mancare sono gli specialisti. Da tempo avevamo preannunciato l’arrivo della gobba pensionistica, il picco di pensionamenti che non è stato neutralizzato da un’idonea programmazione. E così ci siamo trovati, in pandemia, con un numero di specialisti minore del fabbisogno e con medici fermi nell’imbuto formativo senza la possibilità di specializzarsi. Ora i vari Governi che si sono succeduti hanno aumentato le borse e dobbiamo aspettare che in tre-quattro anni i medici si formino”.
Ma non basta. “Dobbiamo aumentare l’attrattività del Servizio sanitario nazionale” ha ammonito Anelli. “Secondo un sondaggio, il 35% dei medici in servizio vorrebbe lasciarlo – ha spiegato – e molti medici vanno a fare i gettonisti”.
La soluzione può essere quella di aumentare il numero chiuso a Medicina? No, secondo la FNOMCeO.
“È passata l’idea – ha continuato Anelli – che la carenza sia quella dei medici. Più medici potrebbero servirci ma togliere il numero chiuso potrebbe diventare un problema per la formazione perché bisognerebbe aumentare di pari passo le borse. Più volte abbiamo chiesto al Parlamento una legge che leghi il numero delle lauree in medicina al numero delle borse di specializzazione. Non si può lasciare un medico laureato in balia del tempo, ad aspettare di poter specializzarsi, altrimenti andrà a farlo all’estero. E se le borse aumenteranno, dovremo comunque legarle all’inserimento nel mondo lavorativo”.
“Quella di fare il medico deve essere una scelta consapevole – ha puntualizzato – ed è per questo che insieme con il Ministero dell’Istruzione abbiamo da anni messo in campo il progetto dei licei a curvatura biomedica. Proponiamo, nei programmi degli ultimi anni di liceo, un percorso parallelo nel quale insegniamo le materie che hanno a che fare con la medicina, insieme a una parte pratica. Molti studenti seguono il percorso con entusiasmo e poi superano brillantemente il test. Alcuni rinunciano perché capiscono che fare il medico non è la loro vocazione, e anche questo è un risultato positivo: bisogna mettere i ragazzi in condizione di poter scegliere, e non di giocarsi in un’ora un futuro che si rivela poi magari inadatto a loro”.
Scettico anche, Anelli, sulla Legge che, per sopperire alla carenza, permette alle Regioni di ingaggiare medici extracomunitari in deroga al riconoscimento titoli. “I percorsi formativi di questi colleghi non sono più verificati dal Ministero – ha specificato – quindi non sappiamo se siano o meno sovrapponibili agli standard europei”.
Per alleviare la crisi dei pronto soccorso, infine, Anelli ha una ricetta chiara: rafforzare la medicina territoriale, sostenendo i medici di medicina generale con equipe multiprofessionali e strumenti per la diagnostica di primo livello.
“Spesso l’accesso al pronto soccorso – ha evidenziato – è visto come una scorciatoia per ottenere visite o esami, ma questo mette ulteriormente in crisi un settore dedicato alle urgenze. La situazione risente delle lunghe liste d’attesa, dei ritardi. Se la medicina territoriale fosse dotata di equipe multiprofessionali, di una diagnostica di primo livello l’accesso si ridurrebbe. I cronici sono oggi il 40% della popolazione, milioni di cittadini. Gli ipertesi sono il 65% degli over 80: se ogni iperteso potesse fare l’elettrocardiogramma dal medico di famiglia si alleggerirebbero le liste di attesa. Occorre però uno stanziamento di risorse per il personale”.