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di Emidio Tribulato
Tutte le esperienze negative, vissute dagli esseri umani, come gli stress, i traumi e le deprivazioni, soprattutto affettive ma anche materiali, provocano, a livello psicologico, delle alterazioni e delle disfunzioni, che stimolano intensi sentimenti e comportamenti di ribellione e acredine, nei confronti sia delle singole persone, che in qualche modo si ritiene siano state o siano causa della loro sofferenza, sia nei riguardi della vita e del mondo in generale. Questo è soprattutto vero nel caso dei bambini piccoli, i quali vivono in una realtà molto limitata e ristretta. Quando questi piccoli subiscono delle sofferenze, proiettano la loro aggressività non solo sui genitori e familiari ma anche sul mondo intero.
Pertanto una delle più frequenti cause di aggressività, presente nei bambini normali e nei soggetti che presentano disturbi psicologici, è provocata dalla sofferenza da loro subita, per svariate cause ambientali: eccessive limitazioni o frustrazioni dei loro desideri e bisogni, ingiustizie subite, scarsa presenza dei genitori e loro allontanamento fisico e/o affettivo, inserimento fuori dal nido familiare ad un’età precoce o in assenza di una buona maturità psicologica e affettiva, mancanza di sollecitudine ai loro richiami e infine, ma non ultima, la presenza di traumi e sensi di colpa causati dalla presenza di conflitti nell’ambito familiare.
In questi, e in tanti altri casi nei quali l’ambiente di vita del bambino non è consono ai suoi bisogni, le manifestazioni aggressive segnalano la situazione di disagio e sofferenza nella quale si trova il soggetto, ma anche la necessità che questi prova nel cercare di ottenere, mediante i suoi comportamenti, una rivalsa e una vendetta per quanto ha subìto.
Nelle reazioni aggressive è importante l’elemento soggettivo. Perciò la stessa azione può essere vissuta diversamente in base alle caratteristiche di personalità e ai vissuti del momento.
Nei bambini con disturbi dello spettro autistico, l’aggressività nasce dalla grave sofferenza presente nel loro animo a causa delle ansie, fobie, inquietudini e timori ai quali sono stati costantemente sottoposti, fin da quando si sono chiusi in se stessi. In quella condizione di estrema difesa, ogni sollecitazione proveniente dal mondo esterno ma anche da quello interno, è stata frequentemente avvertita come una grave minaccia alla propria incolumità o alla propria vita.[1]
E poiché le più frequenti sollecitazioni provengono proprio dagli esseri umani che chiedono, pretendono e stimolano a fare o a non fare determinate azioni o comportamenti, mettendoli in tal modo in grave difficoltà, poiché questi comportamenti accentuano le loro ansie e le loro paure, l’aggressività maggiore che essi provano è nei confronti di questi ma può esprimersi verso tutto e tutti. Non sempre quest’aggressività esplode e si manifesta. Essa è come contenuta e congelata nei bambini che presentano un più alto grado di autismo e quindi di chiusura. È come se, in questa particolare condizione, anche questa fondamentale pulsione difensiva fosse sterilizzata, pur di evitare lo scatenarsi di azioni distruttive e di annientamento da parte del mondo circostante. Anzi, in alcuni casi, pur di proteggersi, il bambino assume un comportamento apparente conciliante e sorridente. Come dice la Williams: ‹‹Mi dipingevo un sorriso sulla faccia e cercavo di impersonare la mia versione della felicità››.[2]
Al contrario l’aggressività si manifesta più frequentemente nei bambini con autismo lieve, poiché questi mantengono ancora un certo collegamento con il mondo esterno, oppure è evidente nei bambini che presentavano una grave forma di autismo, nel momento in cui la loro condizione migliora. In quest’ultimo caso, quando le loro emozioni cominciano a sgelarsi possono finalmente manifestare all’esterno la rabbia che covavano dentro.[3] In pratica il rinascere alla vita del bambino autistico comincia proprio con lo sbloccarsi dell’aggressività.[4]
Le manifestazioni aggressive si rivolgono verso gli oggetti che sono sbattuti alle pareti o a terra nel tentativo di distruggerli o sui vestiti che vengono strappati. Tuttavia, si può manifestare anche nei confronti dei genitori, familiari, operatori e insegnanti, nel momento in cui questi dovessero insistere in qualche richiesta, che essi temono possa peggiorare la loro sofferenza interiore, oppure verso tutte le persone che, con il loro comportamento ansioso, colpevolizzante, irritante, provocano la loro esasperazione.
Anche semplicemente l’essere avvicinati fisicamente può scatenare l’aggressività di questi bambini.[5] La Williams spiega molto bene una delle cause che stimolava la sua reazione aggressiva: “Era gente che per egoismo mi rubava il senso di pace e di sicurezza che, a differenza di loro, non riuscivo a trovare nella loro versione di “vita quotidiana”››.[6]
Quando il bambino rivolge l’aggressività verso se stesso: autoaggressività, egli si morde le mani, le braccia o la lingua, sbatte la testa al muro, si dà pugni e schiaffi sul viso o sulle gambe, si graffia le braccia.
Queste manifestazioni di autolesionismo che turbano profondamente che vi assiste, possono avere varie cause.
- Sfogando su se stessi le frustrazioni subite,[7]questi bambini possono far venir fuori almeno una parte dell’aggressività, senza tuttavia incorrere in punizioni.
- L’autoaggressività può manifestare il bisogno e la ricerca di una stimolazione sensoriale.[8]
- Potrebbe infine configurarsi come un’espiazione, legata al senso di colpa verso una persona buona verso la quale il soggetto ha presentato un comportamento poco idoneo.[9]
Alcune indicazioni
Poiché l’auto o l’etero aggressività presente nell’animo dei bambini con sintomi di autismo non la si può cancellare, è necessario gestirla nel modo più opportuno con vari accorgimenti, in modo tale che gradualmente venga eliminata dal loro animo.
- Nel momento in cui queste manifestazioni aggressive si rivolgano agli oggetti, è bene non solo lasciarlo fare, senza affatto manifestare stupore, sconcerto o disapprovazione, ma anzi è opportuno aiutarlo a liberarsi dell’aggressività a lungo repressa, che soffoca il suo sviluppo psicologico, offrendogli altri oggetti su cui sfogare le sue emozioni negative e distruttive.
- Se invece il suo, bisogno di sfogare l’aggressività è rivolto a qualche persona adulta, di solito si tratta della madre, della nonna o di un’insegnante, più raramente del padre, anche in questo caso queste manifestazioni non vanno represse ma trasformate in un gioco piacevole al quale partecipare insieme. Un gioco nel quale l’adulto e il bambino si divertono a fare la lotta, mediante strumenti innocui, come possono essere dei soffici cuscini. In tal modo questa emozione negativa potrà essere espressa pienamente senza che nasca nel bambino alcun senso di colpa o frustrazione.
- Per quanto riguarda l’autoaggressività, questa tenderà a scomparire rapidamente nel momento in cui il bambino inizierà ad aver piena fiducia nei genitori, nei familiari e negli adulti in genere che si impegnano ad attuare giornalmente insieme al bambino, il Gioco Libero Autogestito[10]. L’unico gioco amato e desiderato da questi bambini, perché privo di ogni consiglio, indicazione o peggio di imposizioni o costrizioni. È bene pertanto non intervenire in maniera violenta o castrante, bloccando le braccia o le mani del bambino.
- I comportamenti autolesionistici vanno invece prevenuti evitando di far nascere nel bambino le crisi di collera causati da qualche nostra richiesta o comportamento incongruo. Se, nonostante tutti i nostri sforzi, essa dovesse lo stesso manifestarsi, utilizzeremo la forza della nostra vicinanza affettuosa, serena e tenera per far regredire i comportamenti autolesionistici.
[1] Franciosi F. (2017), La regolazione emotiva nei disturbi dello spettro autistico, Pisa, Edizioni ETS, p.17.
[2] Williams D. (2013), Nessuno in nessun luogo, Roma, Armando Editore, p. 39.
[3] Bettelheim B. (2001), La fortezza vuota, Garzanti, Milano, p. 78-79.
[4] Bettelheim B. (2001), La fortezza vuota, Garzanti, Milano, p. 42.
[5] Williams D. (2013), Nessuno in nessun luogo, Roma, Armando Editore, p. 60.
[6] Williams D. (2013), Nessuno in nessun luogo, Roma, Armando Editore, p. 75.
[7] Williams D. (2013), Nessuno in nessun luogo, Roma, Armando Editore, p.
[8] Williams D. (2013), Nessuno in nessun luogo, Roma, Armando Editore, p. 54.
[9] Williams D. (2013), Nessuno in nessun luogo, Roma, Armando Editore, p. 40.
[10] Tribulato E, (2013), Autismo e gioco libero autogestito, Milano, Franco Angeli