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di Roberta Villa
Negli Stati Uniti e in molti altri Paesi del mondo sta aumentando di anno in anno il tasso di nuove diagnosi di tumori del colon-retto sotto i 50 anni di età, per cui molti propongono di anticipare a 45 anni l’età in cui iniziare i programmi di screening. Il fenomeno sta destando preoccupazione, per cui se ne parla molto anche sui media rivolti al pubblico, ma sulla base dei dati disponibili non sembra per ora riguardare l’Italia, almeno a livello nazionale [1-4].
Oltreoceano l’allarme è stato lanciato qualche mese fa da un rapporto dell’American Cancer Society secondo cui attualmente, negli Stati Uniti, un caso su cinque di tumore al colon-retto si verifica in persone sotto i 55 anni, una quota che corrisponde a circa il doppio di quel che si registrava nel 1955.
Va detto che nel corso di questi decenni è crollato il numero di diagnosi totali negli ultracinquantenni: dal picco del 1985, in cui la malattia è stata diagnosticata a più di 66 americani ogni 100.000, si è arrivati nel 2019 a scoprirne meno di 36 ogni 100.000 abitanti. Questa drastica riduzione è attribuita dagli esperti all’abbandono del fumo da parte di molti cittadini e alla diffusione dei programmi di screening che consentono di individuare e rimuovere polipi ancora benigni, ma potenzialmente pericolosi [5].
Poiché questi programmi di diagnosi precoce hanno riguardato fino a poco tempo fa solo le persone dai 50 anni in su, in cui si verifica il 90% di questi tumori, è comprensibile che al calo tra i più anziani corrisponda un aumento percentuale tra i più giovani.
Non tutto però si può spiegare così. Le caratteristiche della malattia in età giovanile sembrano infatti essere diverse e con un andamento più aggressivo, anche perché spesso i sintomi sono sottovalutati e la loro causa riconosciuta più tardi. In questa fascia di età, infatti, anche la quota di tumori avanzati sul totale è passata in meno di vent’anni dal 52% al 60% [6,7].
Va detto comunque che, in valori assoluti, il cancro al colon resta raro tra i giovani, anche statunitensi: tra il 1998 e il 2019 sono meno di 15 ogni 100.000 gli adulti tra i 20 e i 49 anni che hanno ricevuto questa diagnosi, pari al 7% dei tumori scoperti ogni anno tra gli uomini sotto i 50 anni e al 4% tra le donne in questa stessa fascia di età.
Dottore, ma da che cosa è provocato il cancro al colon?
Si parla qui di adenocarcinoma del colon-retto, il più comune tra i tumori che possono svilupparsi nell’intestino. Considerando tutte le fasce di età, in entrambi i sessi e nelle donne è il secondo per frequenza in Italia, dopo quello al seno, mentre è il terzo negli uomini, dopo quelli di prostata e polmone. Nel nostro Paese rappresenta circa il 14% dei tumori diagnosticati ogni anno [8].
La sua insorgenza dipende in parte da una predisposizione familiare alla malattia, ma è fortemente influenzata dagli stili di vita. Importanti fattori di rischio sono fumo e alcol. Fondamentale è l’alimentazione, soprattutto se ricca di carni lavorate e insaccati. Se sbilanciata ed eccessiva può portare, insieme alla scarsa attività fisica, all’obesità, che raddoppia il rischio di malattia sotto i 50 anni. Viceversa, una dieta ricca di fibre, frutta e verdura può risultare protettiva. Sempre maggiore attenzione viene inoltre attribuita al nostro microbiota, le cui alterazioni dovute al tipo di alimentazione, al consumo di antibiotici nei primi anni di vita e a molti altri fattori potrebbero influire sul rischio di tumore al colon [9-11].
Differenze significative in queste abitudini nelle popolazioni di diversi Paesi e i loro cambiamenti nel tempo possono quindi riflettersi su variazioni dell’incidenza della malattia.
Dottore, ma in Italia quindi la situazione è diversa che negli Stati Uniti?
Un ampio studio sull’argomento, pubblicato nel 2019 sulla rivista Gut, mostrava tra il 2008 e il 2012 grandi differenze tra l’andamento dei tumori del colon-retto nei giovani adulti di 36 Paesi in quattro continenti: sotto i 50 anni si registrava un aumento dell’incidenza in 19 Paesi, valori sostanzialmente stabili in 14 e, sorprendentemente, un fenomeno in controtendenza in Italia, Austria e Lituania, dove i nuovi casi rispetto alla popolazione stavano scendendo nelle fasce di età considerate [12].
L’eccezione italiana è stata confermata in altre ricerche che hanno preso in considerazione diversi Paesi e da indagini condotte sui Registri tumori, che hanno mostrato dall’inizio del nuovo millennio un calo annuale superiore all’1%. Il miglioramento si è verificato soprattutto al Nord e al Centro, dove nel 2003 si avevano tassi di incidenza di tumore al colon-retto sotto i 50 anni molto superiori a quelli registrati al Sud e nelle isole. Grazie a questo calo, nel 2014 le precedenti grandi differenze tra macroaeree del Paese si erano già quasi annullate [13].
Dottore, ma come si spiega l’aumento dei casi di tumore al colon tra i giovani?
Al momento non disponiamo di prove solide che spieghino l’aumento dei casi di tumore al colon tra i giovani in molti Paesi, né il fatto che ciò non sembra si stia verificando in Italia.
Come si è detto, con ogni probabilità sono da chiamare in causa fumo, alcol e soprattutto le abitudini alimentari, che da noi, per quanto ci si sia ormai allontanati dalla dieta mediterranea, restano più sane che negli Stati Uniti o altri Paesi dove l’incidenza di obesità, anche tra i giovani adulti, è molto più marcata.
In gioco devono però certamente entrare anche altri fattori, dal momento che uno studio condotto nel comune di Milano ha mostrato un andamento contrario a quello del resto del Paese. Nel capoluogo lombardo, infatti, dal 1999 al 2015, il tasso di incidenza di tumori al colon sopra i 50 anni è calato in modo significativo, come abbiamo visto è accaduto quasi ovunque. Nello stesso periodo, però, tra i milanesi sotto i 50 sono diminuiti solo i casi localizzati al retto, mentre sono aumentati del 2,6% l’anno, in relazione al numero di abitanti e alla loro età, quelli di tumore al colon [14].
Questo dato non ha ancora trovato spiegazioni, ma è possibile che lo stile di vita delle nuove generazioni nella metropoli anticipi in qualche modo quello che si sta osservando in altri Paesi avanzati. Occorreranno quindi ulteriori indagini per capire quali fattori, in particolare, sono responsabili di questa diversa tendenza, per poter intervenire in maniera adeguata.
(Fonte: dottoremaeveroche.it)