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Omnicom PR Group Italy ha recentemente presentato i risultati di una ricerca, realizzata da True Global Intelligence in partnership con Vitreous tra 200 CMO, PR Manager, responsabili senior di marketing e comunicazione italiani di grandi aziende appartenenti a sette settori (manifatturiero e automotive, servizi finanziari, energia, beni di largo consumo o FMCG, healthcare e tech), sul loro rapporto con intelligenza artificiale (generativa) e Business Process Automation (BPA) e su come utilizzano tali tecnologie .
- Una conoscenza di base che dev’essere sviluppata, tra benefici concreti e sentimenti contrastanti
Tra le principali evidenze, emerge che pur dichiarando di avere almeno un livello basico di conoscenza di strumenti di AI e BPA (86%) e utilizzandoli (73%) nei propri dipartimenti marcomm, molti auspicano di potersi avvalere di training dedicati, di case study da cui prendere s¬¬punto e lamentano la mancanza – al momento – di policy di utilizzo e guideline interne (72%). Una maggiore conoscenza, infatti, è vista come necessaria anche perché le conversazioni su AI e BPA stanno diventando sempre più frequenti tra i CXO nelle aziende.
La grande maggioranza degli intervistati è convinta che questi strumenti facilitino nuove opportunità e conducano a una comunicazione maggiormente personalizzata, anche se la funzione per cui sono più utilizzati è oggi la semplificazione dei processi (44%), seguita da funzioni di market intelligence (42%) al fine di prevedere il comportamento dei consumatori e dar vita a interazioni dedicate. L’AI generativa è, paradossalmente, però utilizzata quasi unicamente nella fase di ideazione dei contenuti (34%) e assai poco in quella della loro creazione sia visiva (12%) che testuale (3%), forse anche per quel livello di conoscenza ancora insufficiente di cui si è accennato in precedenza.
I rispondenti affermano per la maggior parte (60%) di aver avuto benefici dall’uso di tali tecnologie, che sono certi porteranno a importanti cambiamenti del loro ruolo (75%) e, di conseguenza, prevedono di assumere nuove figure professionali dedicate, come i data scientist, pur se in generale si aspettano di avere a disposizione meno budget e che le proprie aziende possano, potenzialmente, ridurre la forza lavoro.
Tutto ciò porta a una situazione ambivalente di incertezza nei sentimenti verso l’intelligenza artificiale e l’automazione dei processi di business, associandovi al contempo sia aspetti positivi (89%) sia negativi (78%), con la curiosità (55%) come sentimento prevalente, seguita da preoccupazione (40%) ed eccitazione. Convinti che queste tecnologie rivoluzioneranno la cultura aziendale e l’intero ambito di marketing e PR, i manager intervistati temono di usare dati che si rivelano falsi o parziali o protetti, con il rischio di violare copyright, innescare controversie etiche o creare problemi operativi.
Infine, due dati forse inaspettati riguardano, in primo luogo, coloro che sono poco d’accordo con l’affermazione secondo cui le proprie aziende utilizzano in generale tecnologie all’avanguardia per risolvere i problemi di business, i quali al contrario sono maggiormente fiduciosi in relazione all’impatto di AI e BPA su servizi di marketing, PR e comunicazione rispetto a chi ritiene che la propria organizzazione sia attivamente impegnata nella digital transformation (45% contro 25%). Inoltre, l’età non è un fattore che incida sul livello di conoscenza di AI e BPA. - Preoccupazione da parte dei professionisti del settore Healthcare: la usano di più, si fidano di meno
Emblematica la posizione dei professionisti della comunicazione operanti nel settore Healthcare. Sono i maggiori utilizzatori di Intelligenza Artificiale (46%), seguiti dal settore automobilistico (42%), e – allo stesso tempo – quelli che esprimono maggiore preoccupazione (46%).
Le questioni etiche sono state la principale preoccupazione per l’healthcare (43%). Un’emozione che ha probabilmente giocato un ruolo fondamentale nel conferire al settore sanitario un primato importante: quello di aver già adottato linee guida per l’uso dell’intelligenza artificiale o del BPA (39%).
Sebbene il 59% di chi lavora in ambito sanitario ritiene che il proprio ruolo sia stato impattato positivamente dall’AI, questo è anche il settore in cui si registra il dato più alto – pari al 17% del campione – tra coloro che pensano abbia reso il loro ruolo più difficile. Oltre 1 intervistato su 2 si sente “confuso” (54%) e 1 su 4 dichiara di sentirsi “nervoso” (25%), stabilendo così altri due primati per sentiment negativo.
Ma quali sono gli ambiti di maggiore utilizzo? Come per altre industries, anche l’healthcare utilizza maggiormente l’AI per semplificare i flussi di lavoro (42%) e per raccogliere informazioni sui mercati di riferimento (42%). In fondo alla classifica l’utilizzo per la creazione di comunicati stampa o, più in generale, di testi (4%).
Quello che emerge dall’indagine è che i professionisti della comunicazione in ambito salute riconoscono in queste tecnologie un potente strumento di lavoro ma ne vedono anche i potenziali rischi – dichiara Teodoro Lattanzio, Vice President e Health Industry Lead di Omnicom PR Group Italy – Proprio per questo è auspicabile una sempre più ampia regolamentazione necessaria a prevenire – o almeno minimizzare e gestire – i rischi connessi. Si tratta di una grande opportunità per il comparto Salute che potrebbe però essere depotenziata da risposte sbagliate alle sfide etiche che ha aperto e che continuerà a porci”.