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di MARIA FREGA (PENSIERO SCIENTIFICO EDITORE)
La varietà di cosmetici per la cura di corpo e capelli, utilizzati abitualmente da donne e uomini, è sempre più ampia. In media utilizziamo da 5 a 15 cosmetici ogni giorno [1]: sapone, dentifricio, balsamo o gel per capelli, idratante, dopobarba, make-up, crema solare… Si tratta infatti di prodotti di largo consumo, entrati a far parte della routine quotidiana sia per questioni estetiche sia per risolvere lievi disturbi o migliorare l’aspetto e la salute di ogni parte del corpo.
Quando insorge un problema dermatologico più importante, dall’acne all’invecchiamento della pelle del viso, alla caduta dei capelli, si rende necessario ricorrere a prodotti più specifici, acquistabili in farmacia con o senza la prescrizione di un medico. Dal cosmetico si passa allora a un medicinale.
Negli ultimi anni è poi in crescita il mercato di prodotti ibridi, i cosmeceutici. Promettono maggiori effetti rispetto alla cosmesi e si presentano simili ai prodotti farmaceutici. “Influisce profondamente sulla pelle”, “efficacia superiore rispetto ai tradizionali cosmetici”, “benefici simili ai farmaci”: sono solo alcune delle espressioni utilizzate in articoli promozionali e nelle etichette di questi prodotti. Ma la cosmeceutica funziona?
Dottore, cos’è un cosmeceutico?
Non esiste una definizione esatta per questo termine, né una definizione di legge. Cosmeceutico è un neologismo entrato a far parte del linguaggio comune da pochi anni. Lo si legge sulle etichette dei prodotti per l’igiene e la cura del corpo e sempre più spesso nelle pubblicità. Lo scopo di queste espressioni coniate dal marketing è presentare una soluzione alla portata di tutti, senza la mediazione di un medico, ma assicurandone qualità ed efficacia elevate. Ad ammettere la vaghezza del significato è lo stesso inventore del termine: Albert M. Kligman, dermatologo dell’Università della Pennsylvania, autore di studi importanti ma anche controversi. Nel 1984, quando lo coniò, Kligman si riferiva a prodotti dal “beneficio terapeutico farmaceutico” [2].
Con le attuali norme internazionali per la sicurezza dei consumatori, non è più possibile fortunatamente utilizzare parole di questo tipo in modo impreciso. Ciò nonostante, il marketing fa continuo ricorso al termine cosmeceutica, suggerendo che quella crema antirughe o quel trattamento contro la calvizie possano svolgere un’azione farmacologica. Ufficialmente, dunque, la categoria cosmeceutico non esiste. I produttori del settore bellezza e salute possono mettere in commercio cosmetici oppure medicinali.
Come distinguere, allora, un cosmetico da un farmaco?
Chiariamo intanto che i cosmetici non sono dispositivi medici [3]. In Europa la materia è disciplinata da un apposito regolamento che, oltre a vigilare sulla sicurezza, fornisce la definizione di prodotto cosmetico: “Qualsiasi sostanza o miscela destinata ad essere applicata sulle superfici esterne del corpo umano (epidermide, sistema pilifero e capelli, unghie, labbra, organi genitali esterni) oppure sui denti e sulle mucose della bocca allo scopo esclusivamente o prevalentemente di pulirli, profumarli, modificarne l’aspetto, proteggerli, mantenerli in buono stato o correggere gli odori corporei” [4].
Ulteriori regolamenti nazionali, come la Legge 713/81, stabiliscono che questi prodotti “non hanno finalità terapeutiche né possono vantare attività terapeutiche” [5]. È così nella maggioranza dei Paesi del mondo. Negli Stati Uniti, per esempio, la Food and Drug Administration (FDA), che regola il settore alimentare e farmaceutico, non riconosce il termine “cosmeceutico” per ragioni analoghe a quelle europee. Per questo, tali prodotti non sono sottoposti ai test di sicurezza e di efficacia [6]. In Corea e in Giappone, invece, è prevista anche la categoria di cosmetici funzionali, denominati “quasi-farmaci”. Le produzioni che arrivano da questi due Paesi, molto diffuse in tutto il mondo, sul mercato italiano devono comunque rispettare la normativa; l’etichetta di quasi-farmaco, quindi, non è ammessa [7].
Dottore, i cosmetici in vendita in Italia sono sicuri?
Il regolamento europeo stabilisce le norme per la produzione, la distribuzione, la valutazione di ogni prodotto cosmetico sul mercato italiano, e prevede anche il controllo di eventuali effetti avversi. In questo modo ogni volta che acquistiamo una crema, un trucco o uno shampoo sappiamo che la filiera è controllata e che non sono nocivi o tossici per la salute.
Gli effetti indesiderati si possono tuttavia verificare [8]. E per questo, a garanzia della salute dei cittadini, esiste la cosmetovigilanza, che funziona come la più nota farmacovigilanza. Il Ministero della Salute è incaricato di raccogliere e gestire ogni segnalazione di effetti avversi, anche nel caso dell’utilizzo di cosmetici, e provvedere a sanzioni o ritiri della merce non adeguata alla normativa [9].
Dottore, ho notato che i principi attivi di alcuni farmaci sono presenti anche nei cosmetici…
È vero, può succedere. Ma esistono differenze importanti che distinguono le due categorie, come la concentrazione del principio attivo e quindi la sua capacità di agire contro determinati problemi. Secondo la normativa italiana, in sintesi, se un prodotto vanta proprietà terapeutiche o di prevenzione non può essere classificato come cosmetico. E viceversa: ogni cosmetico immesso nel mercato come tale, non può vantare le funzioni di un medicinale. Né i cosmetici né i cosmeceutici possono curare malattie della pelle, dei capelli delle unghie o delle mucose sui quali sono applicati [10].
Allora come posso orientarmi?
Sarebbe bene diffidare degli slogan a effetto che pubblicizzano i cosmeceutici e i cosmetici, soprattutto se si appropriano del linguaggio medico. Consultarsi con il medico di medicina generale – e se necessario con uno specialista – è sempre raccomandabile prima di scegliere un trattamento contro l’acne o la cute irritata o la caduta di capelli.
Riassumendo: i cosmetici, cosmeceutici inclusi, non sostituiscono i farmaci. Non hanno, insomma, effetti terapeutici, nonostante nella loro formulazione siano inclusi principi attivi presenti anche nei medicinali. E bisogna stare attenti a ogni minimo effetto avverso [2,9].
(Fonte: dottoremaeveroche.it)