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di Antonino Arcoraci
Lo studio scientifico ‘Epigenetics clocks and age related disease’, ha portato alla formulazione di un test che indaga, lavora all’interno del DNA e “riporta indietro le lancette del tempo” con la possibilità di rallentare il processo involutivo dell’invecchiamento. Consente, come nelle condizioni normali, a qualsiasi cellula, dopo avere subìto un danno, di auto-ripararsi senza problemi.
L’epigenoma – l’insieme di tutte le molecole che rendono possibili i cambiamenti epigenetici presenti nell’organismo – è un sistema che cambia nel corso della vita del singolo individuo e reagisce a varie influenze esterne all’organismo stesso, compreso l’ambiente.
Si conosceva da sempre che l’avere genitori longevi, portava a una vita lunga e si sapeva anche che alcune persone invecchiano più lentamente e diventano grandi anziani mantenendosi in buona salute, mentre altre, invecchiano più rapidamente e hanno un’insorgenza precoce delle malattie cronico-degenerative e vascolari; che i nostri sistemi organici, i nostri tessuti, invecchiano con modalità e velocità differenziate. Ma è dagli anni ’60 del novecento che si incomincia a capire che la longevità è connessa allo stato di metilazione del DNA, che i suoi algoritmi risentono delle varianti ambientali, che, lavorando sui biomarcatori genomici dell’invecchiamento si è in grado di prevedere la capacità funzionale di tessuti, degli organi e persino dell’intero individuo al punto di vagliare l’età biologica, fornire informazioni utili per la valutazione del tasso di invecchiamento di un individuo, il suo rischio di malattie legate all’età.
Nel 2013, Steven Horvath, genetista e biostatistico dell’UCLA, ha pubblicato il suo primo “orologio” dell’invecchiamento epigenetico basato su questi cambiamenti, sul fatto che la metilazione non è stabile, che i suoi algoritmi risentono delle varianti ambientali.
Oggi facciamo netta differenza tra età anagrafica che guarda al calendario e età biologica che guarda alle condizioni delle nostre cellule e dei nostri tessuti. Anna Reale scrive: “I due numeri possono coincidere in gioventù, ma con il passare del tempo, l’età biologica può distaccarsi notevolmente, da quella anagrafica; l’età epigenetica non solo stima l’età biologica, ma può anche prevedere il rischio di malattie croniche e la mortalità”. Ritiene “l’età epigenetica, una delle metriche più accurate dell’età biologica”; considera l’età biologica, “la nostra storia personale, la documentazione di tutto ciò che ci è successo nel tempo e nello spazio, di ciò che ha agito su di noi e ha lasciato traccia visibile”. Emily Mullin aggiunge: l’età biologica è “un modo per cercare di riassumere le differenze tra le persone”.
Il genoma, secondo Francesco Suman, è un “libro intonso”, l’epigenoma è “l’insieme di appunti, etichette e sottolineature che servono a ricordare i punti salienti da andare a recuperare”. L’orologio epigenetico, “il test predittivo che testando i campioni biologici, i tessuti umani e i tipi di cellule, misura il grado di metilazione del DNA e lo associa all’invecchiamento, alle malattie. Utilizza uno specifico algoritmo e individua l’età biologica della persona”.
Oggi si conoscono diversi orologi epigenici capaci di tradurre il profilo di metilazione genomica, in una “età epigenetica”.
L’epigenomica influenzabile dall’ambiente, risente e varia già nel periodo fetale (Heim e Binder, 2012, Guintivano e Kaminsky, 2016). Il tasso di progressione dell’orologio epigenetico è stabilito prima dell’età adulta. (Kananen et al., 2016, Li et al., 2020). La Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro sostiene che in fase uterina, ciò che mangia la mamma in gravidanza e ciò che assume il bambino nei primi anni di vita, contribuiscono a determinare il profilo epigenetico. Anche il cibo che ha consumato il papà ha un suo ruolo visto che le modifiche epigenetiche possono essere trasmesse sia dalla madre come dal padre. Ciò è significativo: giustifica le alterazioni riscontrabili in età successiva e li correla alle metilazioni precoci.
Ancora Anna Reale nel suo studio longitudinale fatto su un’ampia coorte di anziani, descrive l’associazione tra età di metilazione del DNA e molti fenotipi (inclusi i fenotipi del sangue, fisici, cognitivi); li “considera correlabili all’abilità cognitiva generale misurata all’età di 11 anni e al numero di anni di istruzione” e, per quanto riguarda l’età biologica, scrive che su di essa incidono e molto, la genia, l’alimentazione, lo stile di vita”. Francesco Suman nel 2016, nello studio pubblicato su Science, aggiunge l’ambiente.
I dati, confermati dalle ricerche di Fiorito del 2017, Austin e Hughes del 2018, Gomez-Verjan del 2021, danno priorità allo stile di vita – all’attività fisica in particolare – al fumo, al BMI, all’alcol.
Harvard e i suoi coll. si soffermano sull’importanza anche dell’ereditarietà: descrivono le sequenze dei geni metilati, ne dimostrano l’età stimata, predicono l’aspettativa di vita, la possibilità di associazione di malattie degenerative, del declino cognitivo, del Morbo di Parkinson, della Malattia di Huntington. Attraverso i marcatori genetici (SNP), le associazioni significative all’interno del genoma con i tassi di invecchiamento epigenetico nel sangue, il gene della trascrittasi inversa della telomerasi (TERT) che, in ragione della lunghezza dei telomeri dei leucociti nel gene TERT conferisce la maggiore accelerazione epigenetica dell’età, risalgono all’età stimata. La chiamano età di metilazione del DNA che – vicina allo zero nelle cellule staminali pluripotenti embrionali – nel tempo, si correla sempre di più al numero di passaggi cellulari e alla metilazione del DNA (DNAm) e trascrive quanto l’ambiente, l’alimentazione, lo stile di vita e altri fattori, hanno inciso sul genoma. Gli stessi autori, analizzano i cambiamenti chimici nel materiale genetico, il processo metilazione del DNA capace di modificare gli istoni agendo sull’RNA non codificato e scoprono che, aggiungendo il gruppo chimico (metile, formula -CH3) nei punti specifici del DNA, è possibile demetilare e rimodulare fino a bloccare l’espressione del gene, a inattivarlo con apposite proteine, addirittura a rimuovere il gruppo metile e arrivare alla riattivazione del gene.
Giorlandino, con i suoi studi conferma e, riportando le osservazioni di associazione genome-wide (GWAS) sull’accelerazione dell’età epigenetica in campioni di cervello post-mortem, parla di identificazione di diversi polimorfismi correlati con le funzioni cerebrali che possono essere metilate o demetilate inibendone o permettendone, il funzionamento.
Le ricerche di Harvard e Giorlandino sono sostenute dal Centro di Ricerche Scientifiche Altamedica il quale insiste sull’importanza dell’integrità del metiloma anche durante la fase dell’invecchiamento naturale perché, tanto più è integro il metiloma, tanto meno sono i rischi delle malattie che incidono sull’aumento dell’età epigenetica.
Stevenson et al., nel 2019 aggiungono: è bene fare gli aggiustamenti sin dall’inizio della completa capacità cognitiva della persona. Già dall’età di 11 anni per avere una migliore ripresa.
Anna Reale nel 2022, avanza alcune ipotesi non solo per allontanare il processo di degrado, ma anche per rinnovare: indica la PARABIOSI ETEROCRONICA (la infusione di sangue giovane in organismi vecchi), la RESTRIZIONE CALORICA intesa come restrizione dietetica per abbassare i livelli dei biomarcatori sistemici dell’invecchiamento, la RIPROGRAMMAZIONE CELLULARE (il trasferimento nucleare di cellule somatiche SCNT), la creazione di cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC), i FATTORI AMBIENTALI che nella variazione dell’orologio epigenetico sembrano prevalere sui fattori genetici. Riportandosi alle ricerche di Jylhävä et al. del 2017, scrive: “Nonostante si sia in una fase iniziale, la ricerca sugli orologi epigenetici si preannuncia un successo. La loro capacità di stimare l’età biologica nei diversi tessuti, suggerisce che siamo già in grado di catturare gli effetti di un meccanismo pervasivo che agisce e che, riparando il danno della cellula, porta facilmente al ripristino della capacità di auto-ripararsi.
Ciò che prima era fantasia, si sta prospettando futuro. In attesa che quanto è ancora in fase sperimentale, diventi realtà applicata, è meglio attenersi a quanto l’OMS consiglia ed è alla portata di tutti coloro che vogliono migliorarsi: seguire uno stile di vita sano che tiene in grande considerazioni l’alimentazione mediterranea patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO e seguire uno stile di vita che accanto al movimento suggerisce l’allontanamento dello stress con la meditazione, il mantenimento delle relazioni sociali, diventare ottimisti, concedersi momenti di relax, coltivare interessi, dormire un numero adeguato di ore. Soprattutto limitare il consumo di alcolici, eliminare il fumo, allenare la mente tramite l’apprendimento, la lettura e i giochi di logica a cui oggi si aggiunge, il trascorrere senza esagerare, qualche ora al sole per fare il pieno di vitamina D.
Sono tutti fattori provati che, prevenendo i danni della metilazione, se supportati dal miglioramento delle condizioni ambientali di cui tutti parlano ma pochi vogliono, possono continuare a svolgere il loro ruolo.
Yale Morgan Levine e Altos Labs esperti dell’orologio avanzato PhenoAge, descrivendo il Systems Age, si soffermano su tipi diversi di invecchiamento: due persone hanno la stessa età cronologica ma possono differenziarsi perché hanno una diversa età biologica misurata con i moderni orologi di metilazione. Addirittura sugli elementi subcellulari, sulle cellule, sui tessuti, gli organi, i sistemi che invecchiano in maniera non uguale. Parlano di sottotipi di invecchiamento e avanzano l’idea che Systems Age funziona su questi livelli inferiori: catturano le differenze personali. “Due individui possono avere diversi profili di metilazione del DNA che producono la stessa, identica età epigenetica calcolata dagli orologi epigenetici basati sul sangue”; due individui possono “deteriorarsi fisiologicamente in sistemi completamente diversi”.
Questo ci aiuta a pensare che nel tempo, sia possibile avere anche trattamenti diversificati e personalizzati.
Oggi la vecchiaia è un fenomeno di massa. Non fa più notizia. Gli italiani ultrasessantacinquenni che nel 1960 erano il 9% della popolazione, oggi sono il 23%. Oggi, diventare vecchi è costo sociale che, però, può fortemente giovarsi della già seconda generazione di orologi epigenetici; dell’incorporazione negli algoritmi delle varianti ambientali che permettono di leggere con maggior precisione cosa è scritto nelle sequenze di geni metilati nel nostro organismo e portare all’arresto della involuzione senile. Addirittura al ritorno in termini di vitalità e sopravvivenza.
L’allungamento della vita media non sarà più “aggiungere anni alla vita, ma dare vita agli anni”. I nuovi e più sofisticati algoritmi, saranno in grado di associare all’età cronologica, i fattori che la influenzano permettendo di correggere l’andamento epigenetico.
I risultati ottenuti aprono nuovi scenari alla medicina rigenerativa. La rivista Life dal Babraham Institute, in Gran Bretagna ha scritto: “grazie alla riprogrammazione genetica parziale, è possibile ringiovanire le cellule della pelle, riportare indietro le lancette dell’orologio di 30 anni”. Ripristinare la funzionalità delle cellule della pelle – i fibroplasti – che porta alla medicina rigenerativa, al ringiovanimento cellulare che contrasta l’invecchiamento.
La epigenetica può essere manipolata e, sulla costituzione della genetica individuale, può migliorarne le performances. Lavorando sul DNA, non sull’individuo e dall’esterno, può consentire alla medicina di passare da una medicina “riparatrice” a una medicina “ricostruttrice”.
E’ iniziata ed è già avanti, una nuova era!
Lidia Ravera che nel suo libro “Age Pride” riporta tutte queste esperienze. Soffermandosi sull’orologio di Horvath,
a pag. 16 scrive “Nel giro di una generazione, con i progressi della scienza, con l’entusiasmo e con i miliardi che Mr Google, Larry Page, stanno investendo per rendere loro stessi e, quindi anche molti di noi, immortali, nel giro di una generazione, due al massimo, restare per sempre giovani sarà un progetto realizzabile, non più un sogno. La morte non verrà abolita, ma sarà possibile procrastinarla, pagando quel che è giusto”.