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L’Ageismo

L’Ageismo

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di Antonino Arcoraci

    L’ageismo, forma di pregiudizio e svalorizzazione ai danni di un individuo in ragione della sua età, in particolare verso i grandi anziani, è un’insidia invisibile ma esistente, che scoraggia i promotori del cambiamento. Una visione miope, abbastanza diffusa e radicata, che vede le persone avanti negli anni, impossibilitate o incapaci di cambiamento, stabili nella loro fragilità, restii ad ogni tentativo di recupero.

       James Hillman ritiene la longevità una condizione naturale e necessaria….capace di incarnare il ruolo archetipico dell’avo, custode oculato della memoria e difensore non bigotto della tradizione. Immaginediametralmente opposta a quella di Stefano Mistura che vede l’età anziana raramente correlata al cambiamento in termini proattivi e propositivi, perché le profonde modificazioni che interessano l’ultima fase della vita – sia a livello individuale che collettivo – sono pressoché irreversibili. Con Alberto Spagnoli, aggiunge: le abitudini e i pregiudizi non sono da meno.

       E’ vero: cambiare le abitudini quotidiane modificabili non è facile, ma quando ciò avviene, sono un buon passo nella direzione dell’aumento del benessere e della salute fisica e mentale che aiutano all’ottimismo.

       I pregiudizi e gli stereotipi espressi non solo dagli anziani “alla mia età non posso fare niente per cambiare”, “non vale più la pena” o dai familiari “ha sempre fatto così”, “alla sua età, ormai…”, sono, purtroppo, supportati anche da alcuni degli stessi operatori nel settore. E questo è sbagliato!

       Già dagli inizi degli anni ’80, Prochaska e Di Clemente propongono un percorso di recupero articolato in fasi. Un processo graduale, continuo e dinamico che risponde a regole generali, che è variabile in modo significativo da persona a persona, ma che incoraggia la disponibilità dell’anziano e la fiducia negli operatori.        Partono dalla consapevolezza della persona, dal suo modo di pensare, di sentire e di agire e, attraverso i vari modelli applicativi correlati alle eventuali malattie esistenti, avviano il processo di mutazione dello stile di vita con un’alimentazione equilibrata e personalizzata, l’abolizione del fumo, dell’alcol e l’allontanamento dalla sedentarietà. Gli autori considerano assolutamente importante il coinvolgimento della famiglia. Lo vogliono “favorevole e supportivo” e confidano in un sistema sanitario promotore e professionale fortemente collaborativo.

       William R. Miller e Stephen Rollnick con il loro colloquio motivazionale, sin dal ’90, aiutano le persone a cambiare. Scrivono: La speranza è la convinzione che il cambiamento sia possibile e aggiungono: se tutte le figure professionali che intervengono a vario titolo, sono responsabili e acculturate.

       Infatti, il desiderio prima, poi la voglia di cambiare, devono essere collettive, partecipate, soprattutto sostenute, perché il cambiare a una certa età è una immersione nell’ignoto, un impegno che procura ansia, che smuove le abitudini radicate.

       Il careviger, la nuova figura professionale è di grande aiuto: ha una posizione intermedia tra il medico e il malato, vive a lungo con il malato, conosce le sue fragilità, aiuta i pazienti nella decisione di cambiare le abitudini, soprattutto li supporta nei momenti di sfiducia o di incapacità a superare da soli le tante difficolta che incontrano nel percorso di recupero che è fatto di cambiamento e mantenimento degli equilibri raggiunti.

       L’Istituto superiore di Sanità nel suo dossier Guadagnare salute del 2015, ha elaborato un modello tecnico, ha stabilito le competenze e le strategie a partire dalla precontemplazione che è fatta di lunga riflessione che non è solo dell’interessato, ma anche dell’equipe di sostegno, seguita dalla contemplazione, dalla determinazione e quindi dall’azione, fino ad arrivare al mantenimento che, incoraggiato anche da modesti risultati, dà carica, dà fiducia, aiuta a proseguire.

       Sono preferite le proposte di attività in gruppo ma, esistono altre forme esperienziali e culturali. Tutte, nell’età anziana, rafforzano la motivazione al cambiamento, sostengono durante il percorso, aiutano a mantenere nel tempo i risultati, danno vita al proverbio africano che recita: “Se vuoi andare veloce vai da solo, se vuoi andare lontano vai in gruppo.”

       L’età anziana da sempre considerata ultima stagione della vita, mostra le sue potenzialità e le sue sfumature del vivere dal sapore differente. Consente non solo di allungare la vita, ma anche e, con piccoli sacrifici, di viverla in serenità e benessere psicofisico.

       Il sociologo Alvin Toffler ha affermato che:“Il cambiamento… processo col quale il futuro invade le nostre vite” è possibile anche stando avanti negli anni. Basta solo volere!

       Iride Ghezzi, Fabrizio Pregliasco, Gianluca Giardini, Stefano Daverio, Daniele Turchi e Mattia Marchesi, parlando di lunga vita, la associano all’incremento delle disabilità,….al Disturbo Intellettivo Relazionale (DIR), ma considerano l’attività fisica adattata (APA) una possibile strada efficace nel recupero.

       Lo aveva anticipato l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2020 e si era auspicata per questo tipo di malati, nuove sfide assistenziali e riabilitative capaci di garantire una migliore qualità della vita. Gli stessi Pregliasco et al., nel 2006; Giardini et al., nel 2008; Ghezzi et al., nel 2020 e nel 2023 e Selanon nel 2023 le individuano nel movimento – meglio se fatto in gruppo – se è Attività Fisica Adattata secondo le indicazioni guidelines on physical activity and sedentary behaviour della stessa OMS: 150 minuti complessivi settimanali di attività moderata. In alternativa, almeno 75 minuti complessivi settimanali di attività intensa, suddivisa in sessioni continue di almeno 10 minuti ciascuna, o una combinazione equivalente di attività moderata e intensa. Le persone possono incrementare l’attività fisica settimanale moderata fino a 300 minuti o quella intensa fino a 150 minuti. La metanalisi sulla rivista Lancet fatta da Martin Ginis KA et al., nel 2021, pur considerando opportuno continuare gli studi sull’argomento, conferma l’efficacia dell’attività fisica in soggetti anziani con diverse tipologie di disabilità….anche se, a bassi livelli di attività.

            Passi d’Argento dell’Istituto Superiore di Sanità – sistema di sorveglianza dedicato alla popolazione anziana di 65 anni e più, che raccoglie informazioni sulla popolazione generale residente in Italia e su salute e fattori di rischio comportamentali connessi all’insorgenza o alle complicanze delle malattie croniche non trasmissibili – ha proposto altri modelli di cambiamento: alcuni poggiano sulle conoscenze, sulle credenze, sui valori; altri enfatizzano il ruolo dell’ambiente, del rapporto fra contesto e comportamento.

       La Fondazione Sacra Famiglia, realtà socio-sanitaria fondata nell’hinterland milanese, ha fatto propria già dal 2002, l’Attività Fisica Adattata. La svolge con un servizio chiamato “Salute in Movimento” (SIM), che comprende al suo interno tre articolazioni APA: l’APA-territoriale, l’APA-residenziale e semiresidenziale, l’APA-sport-GioCare) e applica lo stesso metodo di base: l’APA-Modulare.

       Il metodo “APA – Modulare” affonda le sue radici nella seconda metà del Novecento: Clermont Simard ha intuito che per migliorare la vita degli anziani era utile abituarli a praticare un’attività fisica adattata. La Fondazione Sacra Famiglia ha preso lo spunto e lo ha applicato seguendo tre moduli: il modulo fisico: per indagare gli aspetti funzionali che presiedono alle attività di base (Activities Daily Living-ADL) della vita quotidiana; il modulo mentale: per valutare gli aspetti che guidano il soggetto all’utilizzo delle risorse cognitive, emotive, motivazionali e comportamentali; il modulo sociale: per analizzare le modalità comunicative nelle relazioni con gli altri, le interazioni con l’ambiente, il gradimento all’attività, la qualità di vita. Queste tre dimensioni sono sviluppate in sequenza operativa e sono suddivise in sei fasi distinte. Prevedono tempi e modalità diverse in base all’utenza. Partono dalla reception (accoglienza) che favorisce l’adherence, seguita dallo Start (avviamento motorio) con l’attivazione dei distretti muscolari e delle piccole e grandi articolazioni, e poi dall’Work load (lavoro specifico mirato all’obiettivo funzionale) con l’esecuzione di esercizi, a corpo libero o con attrezzi adattati alle singole potenzialità, dal Recover (defaticamento muscolare) con la progressiva sequenza di esercizi di mobilizzazione e allungamento muscolare, dal Relax (rilassamento) il graduale recupero dell’attenzione degli utenti verso la riduzione del lavoro fisico mediante esercizi respiratori guidati, e arrivano al Greeting (congedo dalla seduta).

       Tutte le fasi sonocondivise dai componenti del gruppoe gestite da unconduttore della seduta che mantiene una “conversazione guidata” per valorizzare le competenze cognitive degli ospiti coinvolti e per agevolare e ottimizzare l’apprendimento motorio nei diversi ambiti coordinativi del movimento. Consente agli ospiti di partecipare attivamente alle attività proposte e inizia con un setting ambientale adattato alla disabilità; passa poi all’approccio comunicativo mirato a garantire una tipologia di relazione che favorisce l’apprendimento e l’adherens della persona, finisce con l’apprendimento efficace, la consapevolezza corporea attraverso il movimento e i canali percettivi che amplificano il senso dell’aiuto, migliorano l’autostima.

       Segue una peculiare modalità didattica (didattica adattata) e operativa conunatask analysis, che porta alla frammentazione dei gesti.

       Caracciolo et al., già dal 1997 l’hanno chiamato facilitazione di aiuto (prompt/fading), di imitazione (modeling), di rinforzo comportamentale (shaping) e concatenamento (chaining).

       I risultati: 75 minuti, una volta alla settimana in gruppo, sono incoraggianti al punto che ad alcuni viene proposta l’attività sportiva all’aperto o in palestra con un setting specifico per ogni sport che porta l’interessato all’autoconsapevolezza, a rafforzare la fiducia nelle proprie capacità, a crescere la sua autonomia.

       Oggi, il vivere di più in maniera decaduta e nella sofferenza può essere superato. L’approccio riabilitativo multidisciplinare nel paziente anziano con patologie cronico-degenerative e cognitive, consente la rivitalizzazione della persona. Allontana lo scetticismo e dà applicazione pratica allo slogan coniato dalla Comunità europea alla proclamazione del 2012 Anno Europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà intergenerazionale; consente di dare “più vita agli anni” anche nei casi in cui la speranza sembrava perduta.