Views: 58
di Sara Mohammad (Pensiero Scientifico Editore)
In città, al mare o in montagna, per molti bambini le vacanze estive sono sinonimo di bagni in piscina, socialità e divertimento. Bisogna, però, fare attenzione che si rispettino alcuni fondamentali principi di sicurezza. Come ricorda l’Istituto Superiore di Sanità, ogni anno in Italia si registrano circa 400 annegamenti e, considerati anche gli incidenti non fatali, una delle fasce di età più colpite risulta quella dei bambini fra 0 e 10 anni [1,2].
Le lezioni di nuoto proteggono i bambini dal rischio di annegare?
Questa è una delle credenze più diffuse fra i genitori, nonostante esperti e ricercatori abbiano più volte evidenziato il contrario. Il semplice fatto di aver seguito un corso di nuoto e saper nuotare non azzera il rischio di annegamento di un bambino. Come spiegato dall’Accademia americana di pediatria nelle linee guida sulla prevenzione dell’annegamento, per esempio, imparare a nuotare è solo un aspetto della competenza in acqua, cioè dell’abilità di anticipare, evitare e sopravvivere a situazioni di annegamento [3].
Se un bambino sa nuotare, sarà più preparato rispetto a un suo coetaneo che non ha mai seguito una lezione di nuoto, ma questo non significa che sia “a prova di annegamento”. Specialmente se abbiamo a che fare con un bimbo molto piccolo, non possiamo dare per scontato che sia in grado di sollevare la testa fuori dall’acqua per respirare [4].
La parola d’ordine, in questo caso, è sorveglianza attiva, anche se il piccolo sta facendo il bagno nella vasca di casa. Dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità rivelano infatti che, in tutto il mondo, il tasso più alto di annegamenti si verifica nella fascia di età fra 0 e 4 anni e che la maggior parte di questi incidenti avviene all’interno delle mura domestiche o nelle immediate vicinanze [5].
Dottore, può spiegare meglio il significato di sorveglianza attiva?
Certamente. Immaginiamo un bambino che nuota in piscina e il genitore che, rimasto a bordo vasca, lo sorveglia. Seguire un bambino con lo sguardo e incoraggiarlo rimanendo fuori dall’acqua non corrisponde al livello massimo di sorveglianza attiva, anche se è facile pensare che lo sia. Infatti, nel caso in cui il bambino si trovasse in difficoltà, occorrerebbero comunque una decina di secondi prima di intervenire.
La vera forma di prevenzione, soprattutto con bimbi di età inferiore a 5 anni, consiste nel partecipare in acqua insieme a loro alle attività ricreative [6]. Per i bambini più grandi, bisogna almeno assicurarsi che nuotino sempre in coppia.
Cosa devo fare se ho urgenza di allontanarmi?
Se abbiamo la necessità di distrarci o di allontanarci e il bambino è ancora in acqua, dobbiamo chiedere a un adulto fidato (non a un altro bambino!) di mantenere il contatto visivo.
Ricordiamo che anche una rapida occhiata al telefonino può essere decisiva, perché quelli che a noi sembrano solo istanti in realtà possono essere minuti, e per un bambino sono sufficienti dai 3 ai 6 minuti per annegare [7].
Dottore, scusi se insisto, ma un bambino che sta annegando si sente anche da lontano…
È sbagliato pensare che un bambino che si trova in difficoltà in acqua riesca ad attirare l’attenzione su di sé. Tralasciando il fatto che le piscine possono essere luoghi affollati e pieni di distrazioni, la maggior parte degli annegamenti sono eventi rapidi e silenziosi: chi sta annegando non riesce a gridare o a chiedere aiuto perché è troppo impegnato a restare in superficie [8].
Non dovrebbe essere il bagnino la persona responsabile dei nuotatori?
No, il bagnino è incaricato del rispetto delle regole, del salvataggio e della rianimazione dei bagnanti in difficoltà. La responsabilità di vigilare su un bambino in acqua è sempre del genitore o dell’adulto di riferimento, anche se la figura del bagnino può indurre un falso senso di sicurezza nei confronti dei bambini, spingendo gli adulti a sottovalutare la necessità di una sorveglianza attiva [9].
Gli incidenti in acqua, seppure più rari, avvengono anche in presenza del bagnino, la cui attività può essere influenzata da numerosi fattori, come l’esperienza, il livello di preparazione, le condizioni dell’acqua e il numero di nuotatori [10].
Devo sorvegliare mio figlio anche se si trova fuori dall’acqua?
Assolutamente sì. Se pensiamo che nelle vicinanze ci siano specchi d’acqua, anche di piccole dimensioni, o se non conosciamo il territorio circostante, è bene non lasciare i bambini mai soli. Alcuni annegamenti in età infantile avvengono perché i piccoli esplorano l’ambiente circostante, spingendosi oltre i confini di un ambiente familiare, senza che gli adulti responsabili ne siano a conoscenza.
Recintare le piscine lungo tutto il perimetro o isolarle con un cancello auto-chiudente è una strategia utile a prevenire questo tipo di incidenti [11]. Gli esperti raccomandano inoltre di coprire le piscine, quando non utilizzate, con appositi teli, svuotare sempre le vasche da bagno e le piscine gonfiabili dopo averle usate e rimuovere tutti i giocattoli per evitare che il bambino cerchi di recuperarli, far indossare la cuffia se i capelli sono lunghi per evitare che restino impigliati nei bocchettoni di aspirazione (anche se dovrebbero essere protetti da una grata) e iscrivere i bambini con più di sei anni a un corso di nuoto [12].
(Fonte: dottoremaeveroche.it)